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In una certa misura sì. Diciamo che il Nobel degli ultimi anni, a parte alcune eccezioni, ha seguito strade imperscrutabili, e che si è preferito fare la scelta di non andare al “centro” della letteratura. Però non posso non pormi la domanda del perché né Oz né Yehoshua abbiano meritato il Nobel, così come, per motivi diversi, nemmeno Philip Roth.

A proposito della difficoltà di traduzione, sembra esserci una certa difficoltà a tradurre la poetessa Amanda Gorman, diventata una figura pubblica dopo aver letto una sua poesia all’insediamento di Joe Biden. Le obiezioni mosse ad alcuni traduttori è che, essendo bianchi e maschi, non potevano tradurre una giovane poetessa afroamericana. Lei che ne pensa?

Io penso esattamente il contrario. La traduzione è per definizione confronto con l’altro, è il corpo a corpo con tutto quello che non sei tu. Il traduttore avverte sempre il fascino per questo dialogo con l’alterità. Io perciò contesto chi dice che il traduttore è un secondo autore. Il procedimento di lettura sicuramente è diverso da quello di traduzione, il traduttore ha il privilegio di stare su un piano diverso. Per me la traduzione è fisicamente mettersi nell’ombra, in modo che sia il libro a parlare al lettore. È un esercizio di emigrazione, tu sei uno strumento di trasmissione, e lo trovo meraviglioso. Non mi è mai capitato di tradurre senza imparare qualcosa di novo sull’italiano e sull’ebraico. Dopo tanti anni di traduzioni mi sento di dire questo: la lingua di destinazione è diversa dalla lingua di origine, che è la lingua “altra”, con cui ogni traduttore si confronta. Tradurre è una conoscenza in primis di me.

E per gli autori israeliani? Un traduttore che conosca l’ebraico, ma che non fosse ebreo, potrebbe calarsi al meglio nella scrittura dell’autore da tradurre?

Io penso di sì, che si possa; tradurre è anche questione di competenze, che si possono avere o acquisire.. Conoscere il mondo ebraico – non è sempre però indispensabile, quando si parla di letteratura israeliana, cioè nazionale d’Israele: per Keter non seve – è importante, ogni traduttore deve avere la propria strumentazione culturale. La traduzione ti costringe ad aggiornarti. Per il libro di Meir Shalev, “Il ragazzo e la colomba”, in cui si parlava di un allevamento di piccioni viaggiatori, mi feci una cultura sull’allevamento di questi animali, e sono contenta perché ho ampliato la mia cultura. La traduzione è anche una continua acculturazione, che porta a nuove esplorazioni.

Eskhol Nevo

Come lavora? Ha un suo metodo? È vero che i traduttori hanno sempre accanto uno o più vocabolari?

Traduco in solitudine, certamente. Ho una collezione di dizionari importanti, che comprendono sia il thesaurus di Eliezer ben Yehudà sia il Battaglia in 20 volumi; in Israele passavo ore nelle librerie a cercare nuove edizioni di ebraico. Da un po’ di tempo però ammetto che la rete è molto utile, specie per le traduzioni di nomi di luoghi e di persone. Google maps aiuta.

Oltre che traduttrice, lei è scrittrice e direttrice della fondazione Circolo dei lettori. Cominciano dal primo punto: nasce prima la scrittrice o la traduttrice?

Da circa due anni e mezzo sono la direttrice del Circolo dei lettori di Torino, per cui traduco e scrivo quando non ho altri impegni. Direi che la scrittura e la traduzione sono decisamente separate, e che per me è fondamentale alternare. Traduco per 6 mesi, e poi ho bisogno di scrivere. Sono 2 attività non comunicanti, due cose completamente diverse. Mi piacciono entrambe e mi appassionano e le amo entrambe. Naturalmente, quando scrivo, sono sicura di avere un debito grandissimo con gli autori che ho tradotto, è innegabile che mi hanno insegnato tanto; così come l’esperienza di scrivere mi dà facilità nella traduzione, perché quando comprendo il senso di una frase in ebraico, non ho più dubbi come volgerla in italiano. Non rinuncerei mai a nessuna delle due esperienze.

Lei ha scritto per lo più romanzi; però è anche editorialista della Stampa, e come saggista qualche anno fa alimentò una discussione sull’opportunità del Giorno della memoria. Ci può ricordare perché si espresse contro? E oggi, le sue perplessità sono le stesse?

Quel libro aveva un titolo provocatorio. Ricordo che Furio Colombo mi chiamò stupito, perché avevamo lavorato insieme sui principi della legge che poi lui presentò in Parlamento. Io ero perplessa dalla ritualità, dal fatto che il 27 gennaio fosse interpretato come un atto di omaggio agli ebrei, quando credo che la Shoah riguardi tutta l’Europa, meno che gli ebrei. Il giorno della memoria dovrebbe rinsaldare il senso di responsabilità storica degli europei, non scaraventare la memoria sugli ebrei. Io avvertivo il disagio che mi prendeva quando ero invitata a parlare di ebrei a chi in fondo non ne sapeva nulla. Mi fa piacere che da allora il dibattito si sia avviato, e che i rischi della ritualità si colgano, tanto più che oggi si moltiplicano gli atti di antisemitismo. È necessaria una riflessione.

Elena Loewenthal è, oltre che traduttrice, anche scrittrice di romanzi e saggi, nonchè editorialista su “La Stampa”

Dal suo punto di osservazione privilegiato, come va lo stato di salute dell’editoria italiana?

Non ho le competenze per fare un bilancio, però i dati degli ultimi due anni sono abbastanza confortanti. Forse ci sono troppi libri e si continua al leggere poco, però in fondo fa parte della nostra tradizione, non sarei però molto pessimista, perché abbiamo dimostrato di superare la crisi della pandemia.

Un’ultima domanda. A cosa si sta dedicando ora, nella sua attività di traduttrice e scrittrice?

Compatibilmente con il tempo che mi prende il Circolo, sto lavorando su un saggio e ho un’idea di romanzo ancora da mettere a fuoco. Invece, come le ho detto, ho davanti una vera impresa traduttiva, l’opera di Agnon in 2 volumi, per i Meridiani. Credo che per me sarà un bel sublimare questo mezzo secolo di traduzioni. Insomma, scrivere e tradurre continuano ancora a divertimi molto.

l’ultimo saggio della Loewenthal

 

Per la serie “Donne del mondo ebraico”, leggi anche:

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Miriam Camerini

Simonetta Della Seta

Celeste Piperno Pavoncello

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Rotem Fadlon

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