Il viaggio del ’71 fu meno movimentato ma fondamentale. Si trattava di un ulpan di ebraico intensivo di circa un mese all’Università di Bar Ilan (5-6 ore al giorno). Una delle prime parole che imparai, rimastami impressa, fu “merkavà” (carro, carrozza): sarà stata in qualche raccontino (non credo proprio fosse riguardo al Ma’asè Merkavà, la mistica ebraica). Quasi ogni giorno, soprattutto nella seconda metà del mese, cambiavano gli insegnanti. Alla prima ora facevano l’appello e chiedevano a ognuno il nome e cognome, che poi trascrivevano nel registro in lettere ebraiche. Ma non era facile capire e trascrivere i nomi italiani (a iniziare dal mio). Alla fine c’eravamo stufati di questa storia. Per semplificare la procedura, io mi inventai un nome israeliano, prendendolo a prestito da uno dei dirigenti del B.A. che avevamo conosciuto all’inizio del corso. Il morè dell’ulpan rimase un po’ perplesso a sentire quel nome tipicamente ebraico e lì per lì non disse niente. Poi però la cosa si riseppe e fui convocato dal mio “omonimo”, ma era più divertito che infuriato. Gli consigliai di usare un registro con i nomi già scritti, comune per tutti gli insegnanti. Quel corso fu fondamentale per me perché, grazie a esso, guadagnai poi un anno all’Università di Gerusalemme. Sapendo già l’ebraico a un discreto livello, riuscii a saltare la mekhinà (l’anno preparatorio). E inoltre quel mese a Bar Ilan fu la prima esperienza di vita in un campus universitario (un campus all’americana, con ampi spazi e prati, non come quelli che – almeno a quei tempi – c’erano in Italia). Credo che in quell’agosto del 1971 germinò in me la decisione di studiare all’università in Israele.
Prima di arrivare all’università, dicci qualcosa del liceo. Frequentasti il liceo ebraico?
Mica c’era allora. Lo iniziai nel ’67-’68. Ma anche se ci fosse stato, non credo ci sarei andato, avendo un Liceo classico statale nella strada che vedevo dalle finestre di casa mia. E così fecero mio fratello e mia sorella. Tanto più che il pomeriggio andavo al Collegio rabbinico a Lungotevere Sanzio: fare avanti indietro due volte sarebbe stato troppo. I primi anni andavo a scuola anche il sabato, ovviamente senza scrivere né portare i libri. In prima liceo, una volta la prof di lettere mi interrogò di sabato: sapendo che non avevo il libro, mi propose di tenerlo lei durante l’interrogazione (era molto preparata nella sua materia ma evidentemente non nei dettagli della legge ebraica…). Quello di filosofia invece sapeva persino un po’ d’ebraico e una volta scrisse il mio nome con l’alfabeto ebraico (cosa non proprio facile, come ho detto). Con un prof di storia facevo a volte lunghe camminate a discutere di Israele: era ovviamente anti-sionista, molto critico dell’Israele post-Guerra dei Sei giorni. Non credo lo convinsi delle nostre ragioni, ma almeno ci provavo. In seconda e terza liceo smisi del tutto di andare a scuola il sabato. La prof di lettere (che al classico è quella principale) era andata via e c’era una supplente, e quindi ognuno si riteneva in diritto di fare quello che gli pareva; il sabato, poi, per lo più si tenevano assemblee studentesche; e soprattutto, ormai nessuno portava più le giustificazioni per le assenze. Anarchia completa.
Dopo il Liceo che cosa hai fatto ? Hai detto prima che sei andato in yeshivà.
Sì, alla Yeshivà di Strasburgo, e poi c’è stata l’Università di Gerusalemme (laurea in biologia – paradossalmente il periodo in Israele è stato il meno fecondo dal punto di vista degli studi ebraici), il ritorno a Roma, i Campeggi della FGEI, gli studi al Collegio prima fase e seconda fase e, in mezzo, due anni negli Stati Uniti, a Seattle, durante il dottorato in Genetica medica: troppa roba per parlarne ora, rimandiamo a un’altra volta.
Bene, allora alla prossima! E grazie per il tempo che ci hai dedicato.
Grazie a voi!
Questa è la venticinquesima tappa del nostro viaggio nel rabbinato italiano.
Per leggere le altre tappe del viaggio:
Rav Alfonso Arbib, Rav Della Rocca, Rav Momigliano (qui e qui), Rav Spagnoletto, Rav Dayan (qui e qui), Rav Di Porto, Rav G. Piperno, Rav Sermoneta, Rav Somekh, Rav Hazan, Rav Punturello, Rav Caro, Rav U. Piperno, Rav Lazar, Rav Finzi, Rav Canarutto, Rav Ascoli , Rav Di Martino, Rav Pino Arbib, Rav Locci, Rav Touitou e (ancora) Rav Momigliano, Rav Moshe Hacmun
Una risposta
Molto interessante, rav Gianfranco Di Segni è una colonna portante della nostra comunità