Enzo Sereni (1905-1944): ebreo, sionista, intellettuale moderno

A 80 anni dalla morte, si tiene oggi a Roma un convegno su Enzo Sereni. A idearlo e organizzarlo, Simonetta Della Seta

Simonetta, chi è stato Enzo Sereni?

Enzo Sereni

Enzo Sereni è il figlio e il protagonista di un’epoca molto tribolata, che per certi versi assomiglia ai tempi che stiamo attraversando. Nasce nel 1905 in una famiglia della borghesia ebraica romana, molto aperta, e fortemente emancipata rispetto al tempo dei ghetti: un ambiente culturalmente molto stimolante. È un ragazzo certamente dotato che non smette mai di studiare cose nuove e raccoglie stimoli intellettuali da numerose e diverse fonti: ebraiche, cristiane, umaniste, socialiste. Ciò che lo caratterizza, e che merita di essere ricordato, a 80 anni dal suo assassinio a Dachau per mano nazista, è di essere un giovane intellettuale che invece di cercare soluzioni ai problemi del suo tempo tra i mondi già conosciuti, le cerca nell’azione in realtà del tutto nuove. Sono convinta che il profilo di Enzo Sereni sia particolarmente interessante per i nostri tempi. Sereni non sceglie la risposta ai problemi dei suoi giorni nello studio, o nell’adesione al fascismo, né nell’antifascismo, né nell’ebraismo militante. Sceglie una vita di azione in un luogo allora sconosciuto ai più: la Palestina mandataria, Terra di Israele per gli ebrei, Terra promessa da far rivivere con le idee rivoluzionarie del sionismo moderno di Theodor Herzl e dei sionisti socialisti. Nel 1927 emigra in Palestina assieme alla giovane moglie Ada Ascarelli, e lì comincia una vita dedita a costruire o ricostruire un Paese per gli ebrei.

Qual è stata l’importanza di Sereni nella costruzione del futuro Stato di Israele?

Simonetta Della Seta

Sereni ha dato un contributo molto significativo alla costruzione di Israele, ma anche alla resistenza in Italia, e in generale all’umanità della sua epoca, e ai valori universali dell’Uomo moderno. Ha 22 anni quando arriva a Rechovot, a raccogliere arance negli agrumeti non lontani dal mare, e poco dopo fonda lì vicino il kibbutz Givat Brenner assieme a un gruppo di giovani pionieri giunti da altre parti d’Europa.  Si spoglia di tutto, ma non dei libri e della voglia di fare. Il suo contributo per Israele – del quale ha molto parlato anche David Ben Gurion, rammaricandosi di non avergli impedito l’ultima azione rischiosa nella quale ha pagato con la vita – è molto articolato, ma chiaro. Sereni diventa subito un esempio vivente di lavoro ed ispirazione per chi gli sta vicino.

Enzo sereni con Ada Ascarelli e i figli, poco prima di partire per l’Italia, nel 1944

È lui il leader, colui che tratta l’acquisto della terra, che mette insieme il gruppo, che propone e aiuta a far rispettare le regole organizzative. In poco tempo diventa l’economo e la guida sociale, politica e spirituale della sua comunità agricola. Da lì, il passo è breve, viene riconosciuto come uno dei capi del movimento sionista socialista. Sereni è tra i primi ad affrontare il tema di ciò che sta accadendo in Europa con l’ascesa del nazismo. Per questo parte per Europa: si ferma a Londra, a Parigi, ad Amsterdam, a Roma e perfino, a lungo, a Berlino, dove incontra gli ebrei perseguitati e i capi della resistenza. Poi viaggia negli Stati Uniti. Diventa un emissario dell’ebraismo libero, uno shaliach. È instancabile. Da un lato contribuisce a costruire le basi sociali del futuro stato ebraico: le comunità, l’economia, le strutture politiche e sanitarie, il sindacato. Dall’altra diventa una delle figure ponte tra l’ebraismo della Palestina e l’ebraismo europeo, quest’ultimo sempre più in sofferenza per l’azione nazista, l’antisemitismo e le crescenti persecuzioni. Sereni apre gli occhi a molti altri; scrive, pubblica, ma soprattutto comunica nei suoi molteplici incontri. È attivissimo, arriva fino in Egitto, cerca alleanze, anche nel mondo arabo; fa intelligence, cerca di minare nazismo e fascismo da dentro.

il kibbutz Givat Brenner visto dall’alto oggi. Vi risiedono circa 2.500 abitanti, ed è il più grande kibbutz di Israele

Con questo ruolo poliedrico ed instancabile, consegna all’ebraismo – di ieri come di oggi – un messaggio cruciale: nei momenti difficili bisogna agire, non basta più parlare, convincere, ma creare reti di azione e solidarietà. Nell’archivio di Givat Brenner sono conservate migliaia di lettere da lui scritte per ottenere fogli di via, documenti falsi e soluzioni di salvataggio per gli ebrei europei. Così ha fatto fino alla sua ultima azione: farsi paracadutare nell’autunno del 1943 sulle linee nemiche al confine tra Toscana ed Emilia. Aveva 39 anni e tre figli, ma per quanto gli fosse stato sconsigliato, ha voluto lui stesso dare un esempio di coraggio. In tempi di pericolo, ci insegna, occorre agire e difendersi, mai farsi paralizzare dalla paura.  Sereni è un uomo che ha sempre agito dentro i valori ebraici, ed è rimasto credente nonostante il suo kibbutz fosse in maggioranza laico; è stato raccontato che nel suo ultimo viaggio in macchina da Bari, verso l’aereo dal quale si sarebbe paracadutato, discusse vivacemente sull’esistenza di Dio con la giovane Hanna Szenes, giovane ebrea di origini ungheresi che si sarebbe paracadutata sull’Ungheria (e che su anch’essa catturata ed uccisa).

Che influenza ha avuto, a tuo giudizio, il suo esempio sull’ebraismo italiano del Novecento?

il congresso sionista di Livorno del 1924 (dall’archivio CDEC)

Si ricorda spesso il congresso giovanile ebraico di Livorno nel 1924, in cui diversi ragazzi si espressero in modo nuovo, vivace e incisivo. Tra questi, Nello Rosselli, che scelse la strada dell’antifascismo militante; Alfonso Pacifici, che scelse un ebraismo integrale con ritorno alla Terra, alla Torà e al popolo ebraico; Enzo Sereni, il quale parlò della scelta di azione pionieristica in Palestina, dove occorreva aiutare gli ebrei dell’Europa che soffrivano l’antisemitismo a ricrearvi una patria per gli ebrei. Mi sembra significativo ricordare che le sue idee si sviluppano negli anni Venti, immediatamente dopo la diffusione della cosiddetta dichiarazione Balfour (2 novembre 1917) a favore di un “focolare nazionale ebraico” in quella Terra, sulla scia delle prime immigrazioni ebraiche verso la Palestina, nonché in reazione alla forte crescita e alla affermazione sempre più totalitaria del movimento fascista in Italia. In Sereni è viva una reazione intellettuale al fascismo, che si concretizza non in una militanza antifascista locale ma in un’adesione a un modo di vivere l’ebraismo riaffermando tramite esso anche i valori di libertà giustizia e convivenza.

Enzo Sereni ha avuto un legame fortissimo con suo fratello Emilio, poi diventato alto dirigente del partito comunista. Sul futuro Stato d’Israele si è tra loro consumata una frattura di idee che non si è più risanata, a causa della morte di Enzo a Dachau nel 1944. Il rapporto tra i due fratelli Sereni ci può aiutare anche a comprendere oggi quello tra la sinistra italiana e Israele?

Emilio Sereni

I fratelli Sereni sono quattro. Il maggiore, Enrico, ha combattuto nella prima guerra mondiale, e i suoi racconti e le sue delusioni influenzano molto Enzo. Sempre Enrico (morto prematuramente in un incidente) ha portato a casa le idee sioniste dopo aver partecipato a un congresso sionista a Carlsbad. Poi c’è Lea, poi Enzo e poi Emilio, detto Mimmo, di poco più giovane di Enzo. Enzo ed Emilio vivono insieme lo sviluppo dell’ideale sionista socialista, anche a seguito di vari incontri a Roma con ebrei “palestinesi”. Per questo Enzo, che parte nel 1927, aspetta fiducioso l’arrivo del fratello piccolo in Palestina. Ma Emilio comincia ad elaborare una decisione sempre più convinta di combattere il fascismo in Italia. Si lega agli antifascisti e diventa comunista, fino a diventare dopo la guerra un dirigente del PCI. Per Enzo questo fu un grande dispiacere, come ha raccontato più volte la moglie Ada. Questa separazione ha creato un gelo tra loro. Oggi, che è stato pubblicato il carteggio tra i fratelli, e che i cugini sono tra loro in contatto, è sicuramente possibile comprendere entrambe le figure inquadrandole all’interno della loro epoca. Entrambi hanno cercato risposte in tempi di complessi cambiamenti e di grandi domande.

Sei la promotrice della giornata che oggi si tiene in onore di Enzo Sereni presso l’istituto Treccani, a Roma. Assieme a te, interverranno nelle relazioni introduttive David Bidussa e Liliana Picciotto. Quali sono i temi di approfondimento sulla figura di Sereni?

David Bidussa

Con gli storici David Bidussa e Liliana Picciotto abbiamo voluto organizzare questa mattinata di studio, voluta sia dal Presidente Sergio Matterella che dal Presidente d’Israele Yitzhak Herzog. A 80 anni esatti dalla sua uccisione a Dachau per mano nazista, ricordiamo Enzo Sereni con un taglio storico, culturale ed umano. Bidussa parla delle scelte Enzo dal punto di vista intellettuale, descrivendo la sua reazione culturale ed ideologica a quello che accadeva in Europa. Liliana si rapporta a Sereni come resistente, partigiano, ma anche grande umanista. Io mi concentro sulla sua azione nella Terra di Israele: cosa significa arrivare nella Palestina mandataria nel 1927? Cosa trova e cosa riesce a fare? Parla di lui anche il nipote Chaim Confino, tracciandone un profilo più famigliare. Le conclusioni sono affidate a Noemi di Segni e Giorgio Sacerdoti, moderati da Mirella Serri, che ha dedicato a Sereni diverse pagine del suo ultimo libro, “Gli irriducibili”.

Qual è l’eredità storica e politica oggi di Enzo Sereni?

Enzo Sereni ci trasmette l’esempio di un giovane che si muove, che non resta a casa e non segue automaticamente la tradizione di famiglia, o dei suoi maestri, ma che sceglie di vivere e di agire sulla base della sua coscienza, della sua preparazione intellettuale e del suo concetto di giustizia ed umanità. Per tutta la sua vita Sereni ha aiutato gli altri. È stato inoltre un intellettuale aperto al mondo fino alla fine, anche a costo della vita. Se dovessi descriverlo in un’unica frase, direi che è stato un uomo fuori da ogni categoria, un intellettuale ed un umanista, e il suo carattere lo ha aiutato, perché era un uomo senza paure ed un grandissimo comunicatore.

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