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Superiamo le rivalità, favoriamo la collaborazione

Rav Luciano Meir Caro, rabbino capo a Ferrara, indica nella collaborazione e nella maggiore autonomia la possibile soluzione per rivitalizzare l’ebraismo italiano

Gentile Rav Caro, incominciamo dalla presentazione!

L’ingresso del tempio di Ferrara

Ho iniziato la mia carriera rabbinica a Torino, poi sono stato a Firenze, a Trieste  e ora sono a Ferrara da 32 anni e sono il rabbino di riferimento per la Comunità di Pisa (e sezioni).

Ci parla della sua comunità?

La Comunità di Ferrara è molto piccola, circa 90 iscritti di cui solo due hanno meno di 15 anni e che, oltretutto, vivono fuori città!  Quindi un’età media molto alta che rende la vita comunitaria piuttosto difficile. Riusciamo ancora ad aprire il Tempio per le feste e il venerdì /sabato ma senza avere sempre assicurato il minian.

Fino ad una diecina di anni fa potevamo ancora contare sulla presenza degli studenti israeliani ma ormai, probabilmente per motivi economici, in città non ne risultano più presenti.

In generale, in Italia scontiamo tutti alcune difficoltà, come il calo delle nascite e l’allontanamento dei giovani dalle comunità.  A suo avviso chi e come dovrebbe cercare di invertire questo trend?

A Ferrara è ambientato “Il giardino dei Finzi-Contini”, di Giorgio Bassani

A Ferrara, come dicevo prima, non ci sono praticamente più giovani da tenere vicini. Fin dal dopo-guerra, quando a Ferrara si contavano ancora circa 600 iscritti, l’establishment non ha saputo analizzare e cercare soluzioni per contrastare il trend della decrescita delle molte realtà ebraiche che già davano segni di sofferenza. Non ha saputo trovare delle strategie per rallentare il fenomeno che oggi troviamo così esplicito. Faccio un esempio: alcuni di coloro che con leggi razziali si erano convertiti per mal riposta speranza di opportunità, finita la guerra hanno chiesto di rientrare in seno all’ebraismo. Non aver accettato questi rientri è uno dei molteplici motivi che storicamente possiamo imputare alla più veloce decrescita. Avere quindi per tempo, una visione sul futuro che va analizzato per trovare strategie che possano rallentare e allontanare il più possibile fenomeni che nonostante tutto prima o poi potranno avverarsi. Io credo che le Comunità e l’Unione debbano e possano ragionare, ad esempio, su quali possano essere motivi attrattivi per giovani e famiglie, dall’Italia o dall’estero, per spostarsi e aiutare a far sopravvivere le comunità più piccole.

I ghiurim possono rappresentare una risorsa per rallentare questa tendenza?

il tempio di Ferrara

Ovviamente sì ma si tratta di un fenomeno non facilmente quantificabile: spesso i percorsi durano obiettivamente troppo a lungo e sono resi difficili da una serie di vincoli che vengono posti a prescindere dalla normativa halakhica. C’è una percezione generale che i tribunali rabbinici siano o troppo facilitanti o troppo richiedenti. In realtà, all’interno della cornice della halakhà, ogni caso rappresenta un unicum che deve essere valutato sulla base delle condizioni soggettive del candidato. Ad esempio, se questo vive in una località minore senza tutti i servizi ebraici questo non deve rappresentare un ostacolo insormontabile escludendo ogni altra valutazione fatta, in primis, dal Rabbino di riferimento.

Secondo lei il rabbinato e l’Ucei che possibilità hanno di intervenire sul tema delle difficoltà delle piccole comunità?

Credo che si debba continuare a ragionare insieme sulle possibili occasioni di collaborazione fra le Comunità di una medesima zona ad esempio favorendo la creazione di una sorta di confederazione (ad es.  Bologna, Parma, Mantova …) che potrebbe portare ad una maggiore condivisione delle problematiche comuni e una ricerca più locale di possibili soluzioni.

Facilitare, ad esempio, l’osservanza delle casherut. Anni addietro ero riuscito a trovare un distributore di carne che, a prezzi di mercato, avrebbe garantito il rifornimento anche in quelle aree geografiche che non avevano uno shochet in proprio. Localismi e piccole rivalità hanno fatto naufragare la proposta. Oggi per mangiare carne casher a Ferrara bisogna organizzarsi individualmente e questo non ne favorisce il consumo.

Faccio un secondo esempio: in epoca pre-Covid, sulla riviera adriatica si riversavano numerosi turisti, specialmente da oltre oceano. Gli alberghi si erano attrezzati per avere a disposizione carne casher per i propri ospiti. L’ebraismo italiano non si è dotato di una politica dei prezzi per favorire questo turismo e relative opportunità di crescita che avrebbe senz’altro potuto rappresentare anche un fattore positivo per le piccole Comunità più vicine ad esempio per garantire con maggiore continuità i servizi religiosi.

A proposito di flussi turistici, a Ferrara è stato aperto il MEIS: quanto questa realtà rappresenta un’attrattiva e quanto le sue attività possono favorire una vita ebraica più piena?

Il Meis ha sede a Ferrara

Innanzi tutto voglio ricordare che il Museo è un’entità pubblica e non ebraica e quindi deve rispondere in primo luogo agli organismi politici. Seconda cosa, il turista che viene a Ferrara ha una permanenza media di un giorno. Il MEIS quindi deve portare avanti il duplice compito di attrarre il turista di passaggio e, allo stesso tempo, essere propositivo verso le diverse fasce e categorie presenti in città. Allo stesso tempo, deve essere in sintonia con la Comunità ma ha finalità diverse da questa. I diversi progetti che proficuamente porta avanti, ad esempio sul contributo ebraico alla città e sulla Memoria, sono temi importanti che vanno proposti quotidianamente con intenti educativi – specialmente per le scuole – ma che sono meno direttamente attrattivi per iscritti.

Questa è la dodicesima tappa del nostro viaggio nel rabbinato italiano.

Per leggere le altre tappe del viaggio: Rav Arbib, rav Della Rocca, rav Momigliano (qui e qui), Rav Spagnoletto, Rav Dayan (qui e qui), Rav Di Porto, Rav Piperno, Rav Sermoneta, Rav Somekh, Rav Hazan e Rav Punturello

2 risposte

  1. Interessante
    Un grande peccato il depauperamento di storiche famiglie e Comunità che nei secoli passati sono state vivaci propositive e hanno dato importanti contributi all’Italia ….e al costruendo Stato d’Israele …

  2. Il sommario del titolo di questo bell’articolo parla della rivitalizzazione dell’Ebraismo italiano: è un tema importante, anzi fondamentale, profondo, suggestivo, coinvolgente. Penso che l’Ebraismo sia vivo e vitale ex se, per la dimensione enorme dei suoi pregevoli pricípi ispiratori e dei suoi valori che ogni Ebreo deve – non può, deve! – conoscere, diffondere, affermare ed attuare nella propria vita di ogni giorno. Ad ogni Rabbino e ad ogni Ebreo di ogni Comunità spetta la migliore esecuzione di tale essenziale adempimento.

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