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Cultura, inclusione, Halakhà senza eccessivo rigore: ecco l’identità dell’ebraismo italiano

Ariel Dello Strologo, a guida della comunità di Genova, spiega le difficoltà di una piccola comunità, e indica le priorità di cui la nuova Ucei dovrà farsi carico

Avvocato Dello Strologo, da quanto tempo presiede la comunità di Genova?

Sono quasi cinque anni. A breve, all’inizio del 2022, andremo al rinnovo del Consiglio.

Ci può descrivere la comunità genovese?

la città di Genova

La comunità di Genova copre un territorio che va da Ventimiglia a La Spezia compresi (quest’ultima ne è una sua sezione), con una presenza preponderante ovviamente a Genova, mentre nella riviera di ponente ci sono alcune famiglie tra Savona e Sanremo. Parliamo di circa 330 persone (in calo rispetto alle oltre 500 di pochi decenni fa), un numero influenzato negativamente da decessi e trasferimenti fuori Regione, principalmente per motivi di lavoro. Inoltre abbiamo degli iscritti che vivono fuori regione, come per esempio molti giovani.

Qual è, in breve, la storia della comunità ebraica di Genova?

Direi che il dato caratteristico della nostra comunità è quello di seguire l’andamento della vita della città, suo specchio fedele. Voglio dire che quando la città è in espansione, lo è anche la comunità. E viceversa.

Può descriverci meglio questo fenomeno?

Genova è stata a lungo un’importante repubblica marinara

Fino al 1600 agli ebrei era vietato di costituire una comunità, per evitare la loro concorrenza. Poi, dopo la peste di cui parla anche Manzoni, la popolazione ebraica viene chiamata dalla Repubblica di Genova, specie da Livorno, offrendogli di esercitare banchi lasciati vuoti (un anno dopo chiederanno che venga loro consentito di tornare a Livorno perché trattati malissimo e insultati). All’inizio dell’Ottocento Genova era città anonima sotto i Savoia, e gli ebrei erano circa 200; poi, dopo l’unità e all’inizio del Novecento, col porto e la nascita dell’area industriale, Genova diventa città importante, qui si concentrano le attività della nuova nazione industriale: banche, assicurazioni, uffici consolari e diplomatici per un porto che traffica con le colonie europee. All’interno del processo di urbanizzazione arrivano molte famiglie ebraiche, provenienti soprattutto da Piemonte, Emilia, Lombardia ma anche Germania e Est Europa. Le occasioni di lavoro, grazie anche all’emancipazione, sono molte, dalle professioni, al commercio, al mondo bancario e assicurativo, alla carriera universitaria. Insomma, Genova diventa attrattiva, e nel giro di 80 anni si arriva a 2500 iscritti, che fanno della comunità genovese una tra le più importanti italiane. Il trend continua fino agli anni Trenta, alimentato dall’arrivo degli ebrei in fuga dai territori nazisti, e fino alle leggi razziali. Si arriva a circa 3000 ebrei. Poi le leggi razziali e la guerra spezzano questo andamento.

E dopo la guerra?

La Shoà porta via da Genova circa 200 persone, poi segue l’Alyà che dura per più di una generazione, e tutto ciò incide sui nostri numeri. Ma l’elemento negativo principale degli ultimi decenni è la grave crisi economica, con la chiusura delle società a partecipazione statale e il rallentamento del porto. Ormai da 2 generazioni i genovesi vanno a lavorare fuori e non c’è ricambio.

In questa storia, quali sono i nomi degli ebrei genovesi più illustri?

Emanuele Luzzati (1921-2007)

Emanuele Luzzati ha vissuto quasi sempre a Genova, a parte la parentesi di Losanna per via delle leggi razziali. Ha sempre provato grande affetto per la comunità, di cui il padre era stato presidente. È stato un uomo laico, ma con rapporto identitario molto forte. Ha dato tantissimo alla comunità, anche in termini di opere. C’è poi Aldo Trionfo, regista teatrale d’avanguardia della generazione di Luzzati. E poi Alessandro Fersen, anche lui regista, e poi i professori universitari: Roberto Lopez, figlio di Sabatino, studioso medievale; Ugo Lombroso, figlio di cesare Lombroso, oftalmologo. Più indietro, voglio ricordare Josef Ha-Coen, che scrive una storia degli ebrei (Emek habacha) nel XVI secolo, e che ha vissuto tra Genova e Voltaggio. Inoltre in città soggiornò Albert Einstein per quasi due anni, prima di andare a Zurigo. E poi a Genova- Nervi soggiornarono anche molti ebrei russi, tra i quali vari uomini di cultura come Scholem Aleichem.

Che caratteristiche ha l’ebreo genovese?

Genova vista con gli occhi di Luzzati

Non è possibile trovare un suo carattere unitario, per quello che le ho detto. A Genova manca una presenza consolidata storica, che vada indietro di molte generazioni. Questa veloce crescita e altrettanto veloce calo della popolazione, infatti, hanno fatto sì che le famiglie più antiche risalgano al massimo alla fine dell’Ottocento, come ricordo di una comunità ipertrofica e poi di colpo in declino. Insomma, manca una radice comune.

Qual è il rapporto con la città?

È ottimo, dovuto al fatto che da almeno 30 anni c’è grande collaborazione e sostegno con le istituzioni, merito degli amministratori di entrambe le parti. Specie dagli anni 90, quando si è cominciato a esaminare il tema della memoria e della responsabilità della persecuzione. Ci sono stati poi ebrei con ruoli pubblici e istituzionali – io stesso, avvocato, ho presieduto la società che gestisce la fiera, o il porto antico –  e poi certe associazioni culturali di ambito ebraico, come il centro culturale Primo levi, o l’associazione Italia-Israele APAI, che hanno fatto un lavoro importante di costruzione di dialogo con la città.

Che significa oggi vivere in una piccola comunità come quella genovese?

il tempio di Genova

Al nostro interno certo c’è un legame che ci unisce, che però viene da ultimo a indebolirsi, e ne siamo preoccupati sia io che il consiglio e il rav [Momigliano. N.d.r.].

Che significa?

Salvo momenti di grande solidarietà per fatti eccezionali – come l’antisemitismo o la difesa di Israele – c’è la tendenza a non vivere la comunità come luogo di riferimento; i nostri iscritti non mettono certo in dubbio la loro identità, ma sono lontani dalla comunità. Certo il calo demografico e l’anzianità non aiutano. Viviamo due difficoltà intrecciate tra loro. Da un lato c’è il calo demografico, perché siamo sbilanciati verso l’età di cura, e fatichiamo a diventare luogo di aggregazione sociale, cui si aggiunge una bassissima permanenza, perché Genova è ancora una città poco attrattiva. Dall’altro, c’è una scarsità di risorse economiche: dove mancano le famiglie che lavorano, mancano anche le risorse da dare alla comunità.

Che effetto ha questo sul vostro bilancio?

Il bilancio ha una perdita costante, frutto della offerta di servizi comunitari non controbilanciata dalle entrate: il tempio è sempre aperto, il cimitero è in ordine, si fanno iniziative culturali. C’è dunque una lenta erosione del patrimonio, fondamentale per restare una comunità funzionante. La speranza è che cambiamenti in atto facciano scoprire Genova come città dove sviluppare il lavoro. Lo smart working, per esempio ha fatto sì che nei luoghi in cui si vive bene, come a Genova, si può pensare di venire a vivere.

L’Ucei si è appena rinnovata. Che priorità dovrà darsi?

una riunione del consiglio Ucei

Occorre trovare l’equilibrio tra piccole e medie e grandi comunità, perché le piccole vedono a rischio la loro sopravvivenza. E poi occorre rafforzare l’identità ebraica italiana.

Come?

Dobbiamo riflettere sulla situazione attuale dell’ebraismo italiano. Dobbiamo evitare di farci schiacciare dal modello americano (vicino al mondo riformato), ma anche da quello israeliano. Dobbiamo invece mantenere un percorso identitario proprio, come fatto in passato. Dovremo essere capaci di salvaguardare le specificità dell’ebraismo italiano, che era riuscito a coniugare il rispetto dell’Halakà e il rifiuto dell’eccessivo rigore, con un approccio culturale molto profondo. E poi ci vuole attenzione e un approccio inclusivo, perché, soprattutto noi delle medie e piccole comunità, non possiamo permetterci l’esclusione di nessuno.

Questa è la quattordicesima tappa del viaggio nelle comunità ebraiche italiane.

In precedenza siamo stati a Torino, Venezia, Casale Monferrato, Trieste, Napoli (qui e qui), Firenze, Livorno, Verona, Padova, Modena, Bologna, Parma e Merano

leggi anche: intervista a rav Momigliano (qui e qui)

 

Una risposta

  1. Una persona di rilievo l’avv. Dello astrologo…ha fatto una puntuale descrizione della sua realtà, della tradizione degli ebrei italiani e tra i temi che coinvolgono la Comunità di Genova… senza dimenticare il trend del calo demografico …
    Argomento che per altro questo che riguarda tutte le Comunità ebraiche italiane.

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