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Rafforziamo la coesione e l’unità dell’ebraismo italiano

Federico Steinhaus, per molti anni presidente della comunità di Merano (oggi guidata da Elisheva Borestein), racconta a Riflessi la sua comunità

Dottor Steinhaus, in che anni ha guidato la comunità di Merano?

Sono stato presidente della Comunità di Merano dal 1969 al 2006. Nello stesso periodo sono stato delegato dell’Unione al Congresso Mondiale Ebraico ed ho fatto parte della commissione europea contro l’antisemitismo. Ho guidato inoltre la delegazione italiana a diversi eventi organizzati dal Congresso Mondiale Ebraico e dall’OCSE.

Merano dall’alto

Può darci qualche notizia storica sulla comunità?

La Comunità di Merano esiste dalla metà dell’Ottocento come sezione della Comunità di Hohenems, nel Vorarlberg austriaco; è divenuta indipendente dopo la conquista del Tirolo meridionale da parte dell’Italia nella prima guerra mondiale, grazie agli accordi di pace del 1919. Dalla presa del potere dei nazisti (1933) fino alle leggi antisemite fasciste del 1938, l’Alto Adige è stato un rifugio prediletto dagli ebrei dell’Europa centrale, oltre che un luogo di villeggiatura e di cura; molte Comunità ed associazioni benefiche europee sostenevano le spese per far curare gratuitamente ammalati di tubercolosi nel sanatorio della Comunità.

E poi, che è successo?

Quella degli ebrei di Merano è stata la prima deportazione di ebrei dall’Italia, solamente una settimana dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. A Bolzano inoltre i nazisti avevano istituito un campo di concentramento nel quale sono stati torturati e barbaramente uccisi 16 ebrei, alcuni dei quali sono sepolti nel cimitero ebraico di Bolzano Nell’immediato dopoguerra qui era molto attiva la Brichà, che ha contribuito a far passare da Merano circa 15.000 sopravvissuti alla Shoah sulla via verso la Palestina.

Che problemi ci sono a vivere in una piccola comunità come Merano?

Matrimonio ebraico a Merano negli anni Venti (foto: archivio del museo ebraico di Merano)

Subito dopo la guerra erano ancora vivi sentimenti filonazisti ed antiebraici, che ora, alla terza generazione, non esistono più. Oggi abbiamo un museo nell’edificio della sinagoga, l’unica funzionante della Regione, edificata nel 1901, che ogni anno è visitato da molti studenti.

Essere una terra di confine, con doppia lingua, incide anche sulla comunità ebraica?

In parte. Fino ad una decina di anni fa, quando qui vivevano diversi ebrei parlanti tedesco come prima lingua, o venivano turisti di cultura tedesca per le festività.

Come è visto l’ebraismo italiano da Merano?

La Comunità di Merano non è soltanto periferica, ma è anche una delle sole due Comunità italiane ashkenazite (assieme a Trieste, n.d.r.). Ovviamente i contatti con tutto l’ebraismo italiano, comunitario ed associativo, sono costanti ed eccellenti, ma vengono coltivati rapporti anche con le Comunità al nord del Brennero.

Il tempio di Merano, sede anche del museo

Sulla base della sua lunga esperienza, sia all’Ucei che nella sua comunità, quali sono secondo lei le priorità dell’ebraismo italiano, oggi?

Credo che la priorità che l’ebraismo italiano deve affrontare, e non da oggi, sia la coesione interna, che costituisce la premessa per un rafforzamento del senso di appartenenza. Ognuno di noi ha una responsabilità nei confronti delle istituzioni ebraiche e della loro capacità di farsi ascoltare all’esterno.

Sulla storia degli ebrei di Merano, puoi leggere qui

Questa è la tredicesima tappa del viaggio nelle comunità ebraiche italiane.

In precedenza siamo stati a Torino, Venezia, Casale Monferrato, Trieste, Napoli (qui e qui), Firenze, Livorno, Verona, Padova, Modena, Bologna e Parma

 

Una risposta

  1. Anche verona e casale Monferrato sono askenazite
    ..oltre alle sinagoghe askenazite a Roma, Milano e Venezia
    Rav Umberto Piperno

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