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Un talled insanguinato sulla cancellata del tempio (copyright: Stefano Montesi)

GS: Il processo ha portato alla condanna in contumacia di Osama Abdel al-Zomar, giovane palestinese, studente di Lingue all’università di Bari, che aveva svolto la funzione di basista. Costui era stato arrestato dalle autorità greche nel 1983, quando fu fermato a un posto di confine e nella sua auto furono trovati 60kg di tritolo. Nonostante reiterate richieste ne fu negata l’estradizione in Italia, nel 1987 lasciò la Grecia e trovò riparo in Libia. Il processo ha inoltre messo in luce che le armi degli attentatori erano compatibili con quelle utilizzate in altri attentati compiuti contro obiettivi ebraici o israeliani sul territorio europeo (Londra, Parigi, Vienna), ma anche con l’omicidio di una figura moderata dell’OLP quale era Issam Sartawi, ucciso in Portogallo nel 1983.  Sono tutti attentati riconducibili al gruppo terroristico di Abu Nidal. Un gruppo che era in conflitto con l’OLP di Arafat e che aveva tra i suoi obiettivi politici quello di frenare aperture al dialogo nonché di impedire forme di riconoscimento dell’Olp da parte dei governi europei.

il libro di Marzano e Schwarz sull’attentato del 9 ottobre e il terrorismo palestinese (Viella editore)

AM: Le carte processuali sono molto interessanti da studiare. La magistratura italiana ha fatto un bellissimo lavoro di ricostruzione, perché con l’arresto di Osama Abdel al-Zomar, sul confine turco, si sono potuti ricostruire i suoi spostamenti a Roma nei giorni dell’attentato, e anche la sua ex fidanzata confermò il suo coinvolgimento. La magistratura rintracciò anche i bossoli e le armi utilizzate, le stesse di attentati precedenti a Vienna e Parigi, e soprattutto dell’anno dopo a Lisbona, quando viene ucciso Issam Sartawi, appartenente alla cerchia di Arafat, l’esponente più disposto al dialogo con Shimon Peres, che lavorava per un’intesa tra OLP e Israele. Il suo assassinio, realizzato dalle stesse armi usate a Roma, mi conferma nella mia ipotesi: l’attentato del 9 ottobre fu deciso dal gruppo di Abu Nidal.

Per quali motivi sarebbe stato voluto da Abu Nidal?

il terrorista palestinese Abu Nidal

AM: Una possibile ricostruzione è che si volesse screditare l’Arafat – che certo in passato aveva commesso o progettato atti di terrorismo, come a Monaco nel 1972 – che era fortemente sostenuto in Italia.

GS: Sappiamo che c’è la mano della fazione di Abu Nidal dietro vari attentati terroristici (Parigi: Sinagoga di Rue Coperinc 1980; Parigi: ristorante di Joe Goldberg 1982; Roma: Sinagoga 1982; Roma e Vienna: Aeroporti 1985). Il fine era mostrare la propria forza, ma anche di danneggiare la fazione capeggiata da Arafat. Tra gli effetti politici più evidenti di questi atti c’è il rallentamento del percorso verso il riconoscimento ufficiale dell’OLP  da parte dei governi dei paesi colpiti. Sarebbe un grave errore pensare ai movimenti palestinesi come qualcosa di compatto, coeso e coordinato. Era, ed è, un mondo assai variegato e segnato da lacerazioni profonde.

Quali sono i punti oscuri che né le indagini né il processo hanno chiarito?

Tullia Zevi

AM: Non sappiamo quanti furono i soggetti davvero coinvolti, né perché si scelga la sinagoga di Roma e il 9 ottobre. È importante anche evidenziare che mancasse il servizio di polizia. Nelle carte d’archivio c’è la richiesta di Tullia Zevi di avere la protezione delle forze di polizia, Rino Formica [politico del PSI, più volte ministro, n.d.r.] dice che non era stata avanzata alcuna richiesta, ma è un falso. Non sappiamo perché non c’era, noi non pensiamo che ci fosse stata una scelta, probabilmente si trattò di un errore di valutazione, ma il fatto rimane.

GS: Il principale punto oscuro riguarda l’assenza delle forze dell’ordine italiane presso la Sinagoga il giorno dell’attentato. Nelle carte dell’Archivio Centrale dello Stato si trova copia della richiesta inoltrata dall’Unione delle Comunità Israelitiche Italiane (UCII) per la protezione nei giorni delle principali ricorrenze religiose. Oltre alle richieste dell’UCII, il 23 settembre la Comunità di Milano aveva comunicato con grande risalto alla stampa che si erano moltiplicate le minacce di attentati e aveva chiesto garanzie e protezione. La denuncia fu raccolta prontamente e ci fu un’immediata mobilitazione del mondo politico e giornalistico, nonché di quello sindacale; erano tutti orientati a pensare solo alle minacce interne e reagirono sottolineando come la critica delle azioni militari di Israele non doveva condurre ad atteggiamenti antisemiti. Ciononostante quel 9 ottobre il luogo simbolo dell’ebraismo romano era privo di protezione da parte dello Stato. Il fatto è grave, ma sospendo il giudizio. Sarebbe storicamente un azzardo formulare ipotesi in materia in assenza di elementi e non ritengo utile affidarsi alle confuse dichiarazioni rilasciate molti decenni dopo dall’ex Presidente Cossiga, che peraltro in quella fase non aveva responsabilità in materia.

Un ruolo nell’alimentare la tensione lo ebbero anche i giornali. I mezzi di comunicazione in Italia ancora oggi risentono di un certo pregiudizio negativo verso Israele (come, ad esempio, nella narrazione dei conflitti periodici con Hamas)?

una scritta antisemita degli anni Ottanta

GS: Chi studi i resoconti giornalistici del 1982 e li paragoni a quelli degli ultimi anni non potrà far a meno di registrare quanto i toni e il linguaggio siano cambiati. Un dato su tutti: nei primi anni Ottanta la stampa mainstream – non solo i fogli della sinistra extraparlamentare –  faceva ampio ricorso alla metafora dei ‘nazi-sionisti’. I carri armati israeliani erano chiamati “panzer” su “la Repubblica”, l’inviato de “la Stampa” quando descriveva i campi profughi palestinesi parlava di “ghetti” ed evocava “la stella gialla”, sul “Corriere della Sera” si paragonò più volte l’assedio di Beirut alla liquidazione del Ghetto di Varsavia. Oggi retoriche di questo genere desterebbero scandalo e sono confinate in ambienti del tutto minoritari. Inoltre dobbiamo registrare quanto è cambiato lo scenario politico: la Repubblica Italiana è più filo-Israeliana oggi di quanto non lo sia mai stata nella sua storia. Se si confrontano le posizioni, pur diverse e al loro interno articolate, assunte dal PCI e dalla DC nel lungo dopoguerra, con quelle dei principali partiti attivi negli ultimi decenni, non si può non notare quanto il quadro sia radicalmente mutato.

AM: Certo ci sono genealogie sempre presenti, lo slogan “Palestina libera Palestina rossa” si sente anche oggi come allora, è presente in frange della sinistra extraparlamentare e della cooperazione. Diciamo in generale che dopo gli anni di Berlusconi al governo l’Italia ha cambiato politica estera, e se negli anni Ottanta non c’era una stampa filoisraeliana – a parte la Voce repubblicana, priva però di reale capacità mediatica – poi le cose sono cambiate. Come le guerre di Gaza del 2008–09, 2012, 2021 hanno mostrato, oggi ci sono media divisi tra filo israeliani e filo palestinesi, questi ultimi comunque molti meno rispetto a 40 anni fa.

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2 risposte

  1. Niente di nuovo sotto il sole.
    Peccato che tanti anni sono passati, ne passeranno altri, ma l’odio verso Ebrei e poi Israele non cambia niente.
    Molto importante pero riportare fatti e documentazione che attestano. Che stiamo informati e mai cadere nelle loro mani mai più.
    Grazie

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