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Come è nato il Premio Stefano Gaj Tachè

Aldo Astrologo spiega Riflessi la nascita del premio dedicato al piccolo Stefano, tra molte gioie e qualche amarezza

8 ottobre 1982, venerdì.

Mio suocero, Marco Pavoncello, mi telefona: «Aldo devi portare domani mattina tuo figlio al Tempio Maggiore, c’è la benedizione dei bambini. Dopo quello che abbiamo passato per la milà, una benedizione ci vuole proprio».

«Papà devo lavorare, non puoi accompagnarlo tu?».

«No, anche io sono occupato. Allora sarà per un’altra volta».

9 ottobre 1982: Attentato alla Sinagoga. Un morto e 40 feriti.

Seguirono giorni di rabbia e di contestazione. La Comunità ebraica romana si rifiutò di ricevere i

Alcune immagini della giornata di assegnazione del Premio Stefano Gaj Taché

rappresentanti politici. Alla fine solo Pannella e Spadolini, e in seguito il Presidente Pertini, su mediazione di rav Toaff, furono accettati. Lo scenario sullo sfondo dell’attentato era la guerra in Libano e la sua invasione da parte dell’esercito israeliano, per cui tutti gli ebrei del mondo erano sotto accusa.

Passano gli anni e gli avvenimenti. Vent’anni dopo ci sono stati Camp David, gli Accordi di Oslo e la seconda Intifada, ma la pace è ancora un’utopia.

Come tanti conoscevo da anni Daniela Gaj, poi ci si perde di vista, ma quell’avvenimento ha segnato la vita degli ebrei romani.

Stranamente, forse per andare avanti, gli echi del 9 ottobre 1982 sono proseguiti attenuati nella dirigenza comunitaria.

Sta di fatto che il sottoscritto, con Raffaele Pace ed un amico, nel novembre 2001 istituiscono il sito “Ebraismo e dintorni” per parlare di vari argomenti ebraici. Nel 2002 – 20 anni dopo l’attentato – constatiamo che in Italia, e a Roma in particolare, quel bambino, Stefano Gaj Taché, non viene ricordato adeguatamente. Bisogna fare qualche cosa in sua memoria. È il momento di svegliare le coscienze, ma vogliamo farlo in maniera costruttiva.

Vogliamo organizzare un evento che rimanga negli anni per ricordare Stefano: nello stesso momento questo non deve essere un evento divisivo, non contro, ma insieme, per fare in modo che un episodio triste e tragico diventi condiviso positivamente. Decidiamo che dobbiamo rivolgerci specialmente alle nuove generazioni, perché sono il futuro.

Per farlo, decidiamo però sovvertire l’ordine: di solito sono i grandi che decidono per i piccoli, questa volta saranno i piccoli a decidere per i grandi. I ragazzi si sentiranno responsabilizzati e valorizzati.

Come? Diamo vita con il Comune di Roma e la CER al progetto premio “Stefano Gaj Tachè. L’amico dei bambini”. Si prevede che ogni anno, a turno, i ragazzi di 7-8 scuole della quarta e quinta elementare delle scuole di Roma, più la scuola ebraica, saranno invitati dagli insegnanti a considerare la storia di Stefano e avranno ogni anno un tema diverso su cui votare.

Un anno saranno dei libri scelti da una commissione, un altro dei documentari. Un altro anno un nuovo argomento e così via. Ogni bambino voterà per il libro che gli è piaciuto; come conclusione, una mattina, tutti presenti alla protomoteca del Comune di Roma, l’autore vincitore riceverà un diploma e i bambini presenti un attestato di partecipazione.

Vi assicuro che vedere i ragazzi ricevere l’attestato fa bene al cuore, perché constatare come centinaia di bambini tutti insieme riescono a comunicare, a capirsi ricordando Stefano, è commovente. Anche perché vengono esposti i disegni, i pensieri e le opere che questi ragazzi hanno dedicato all’avvenimento. I primi anni il Comune di Roma aveva un certo budget e siamo riusciti a chiedere di convogliare ciò che ne rimaneva verso il Keren Kaiemet LeIsrael perché a Veltroni era piaciuto lo slogan “Un albero per la vita”.

Senza dilungarmi eccessivamente, ricordo che quando il Presidente Napolitano venne al Tempio, tra i vari oratori ci fu una ragazza che testimoniò di ricordare nettamente e positivamente il giorno che, anni prima, aveva partecipato al premio. È stato il riconoscimento più sentito per me.

Allora tutto bene? Non proprio.

Nella foto: Carla Di Veroli, zl”, durante l’assegnazione del premio

Da parte comunitaria all’inizio siamo stati considerati degli scocciatori. I vari Presidenti della CER sono sempre venuti il giorno fissato, gli insegnanti hanno sempre fatto un ottimo lavoro, dei genitori sono venuti e la sicurezza c’è sempre stata. Quello che è mancato in tutti gli anni è stata la partecipazione dei consiglieri o di altri rappresentanti comunitari. Questo è successo perché ognuno aveva impegni lavorativi? Scarsa comunicazione per indicare l’evento? Non so.

In questi 15 anni ho chiesto anche a “Sorgente di vita” di venire una volta. Mi è stato risposto che dell’attentato ne avevano già parlato e quindi non valeva la pena riparlarne. Il fatto era che dovevano documentare un’altra cosa, il premio, e questo non l’hanno capito.

Era, in un certo senso, il superamento di quella triste vicenda. Vedere vari bambini stare insieme in cordialità è veramente emozionante.

Vorrei in particolare ricordare che la famiglia Gaj Taché è sempre stata presente ad ogni edizione e Gadi si è molto impegnato anche andando nelle scuole per incontrare i ragazzi.

È però rimasto dell’amaro in bocca a coloro che sono stati feriti quel tragico 9 ottobre 1982.  Questo si può vedere anche a distanza di anni, nel discorrere con i colpiti dalle bombe, anche a seguito della mancanza di attenzione nei loro confronti. Forse, grazie anche ad altri, abbiamo dato un piccolo contributo, quando con il Presidente Mattarella è stato dato a Stefano il riconoscimento di “vittima del terrorismo”.

Ps: il Premio, istutito con una dleibera comunale, è attualmente sospeso a causa dela pandemia, Speriamo possa presto essere riassegnato.

Le ragioni di questo viaggio (Livia Ottolenghi)

9 ottobre: intrico di Stato? (Miguel Gotor)

Gli anni sospesi della memoria (Eliana Pavoncello)

Il mio senso di precarietà (Rav Benedetto Carucci Viterbi)

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