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L’Italia è stato terreno di scontro tra fazioni terroriste

Dallo studio di due storici emerge lo scontro tra Abu  Nidal e Arafat, che determinò la scelta di colpire il Tempio Maggiore il 9 ottobre 1982

L’attentato alla sinagoga di Roma del 9 ottobre 1982 fu preceduto non solo da un clima ostile agli ebrei. Lo Stato di Israele come era percepito dall’opinione pubblica internazionale a partire dalla metà degli anni Settanta?

Arturo Marzano è professore associato di Storia e Istituzioni dell’Asia all’università di Pisa

Arturo Marzano: Sostanzialmente, dal 1967 in poi cambia in Italia e in Europa occidentale la lettura di Israele. Fino al 1967 era visto come un paese socialista, in cui gli ebrei avevano trovato rifugio dopo la Shoà, e riceveva appoggio e solidarietà dall’opinione pubblica internazionale. Dopo il 1967 la lettura cambia, soprattutto per come l’OLP si presenta a livello globale (lo storico Paul Chamberlain ha evidenziato come OLP, grazie all’URSS e ai partiti comunisti europei, si presenta come movimento di liberazione, come i Viet Kong in Vietnam, e Israele viene visto come un lacchè degli Usa). In Italia, in particolare, si fa una lettura resistenziale del confitto. I palestinesi resistono agli occupanti, gli ebrei, come dei nuovi partigiani. Tutto ciò circola per anni e diventa più marcato nel 1982, con la guerra in Libano, che suscita tensioni e contrarietà anche in Israele. Dal quel momento nella stampa si diffondono due letture: il parallelo tra sionisti e nazisti, e i pregiudizi antigiudaici di matrice cristiana. Questi due letture si intrecciando, creando un clima pesante non solo in Italia, ma anche in Belgio, Spagna, Gran Bretagna, Francia. Le comunità ebraiche osservano con sempre maggiore timore questo clima.

Guri Schwarz è professore associato di storia contemporanea all’università di Genova

Guri Schwarz: La domanda è complessa. Il concetto stesso di ‘opinione pubblica internazionale’ è assai problematico. Indubbiamente nei paesi del blocco sovietico dopo il 1967 cresce un’ostilità verso uno stato percepito chiaramente come collegato agli interessi geopolitici dell’avversario. Tale visione si propaga anche al di fuori di quel contesto, trovando naturale eco nei partiti comunisti d’occidente. Parallelamente nei governi dell’Europa occidentale è evidente il disagio rispetto al nuovo assetto geopolitico della regione per i rischi di instabilità che questo comporta. Una peculiare ostilità verso Israele si diffonde non solo nei partiti comunisti d’Occidente ma anche – in varie forme e con toni assai differenziati – all’interno dei movimenti della ‘new left’. Dopo l’estensione dei suoi confini e l’avvio dell’occupazione, Israele è vieppiù identificato come l’incarnazione di un Occidente rapace e colonialista, come una delle facce dell’imperialismo. Questo atteggiamento è legato alle forme e ai modi in cui si riarticola il discorso antifascista, che dagli anni Sessanta si struttura vieppiù tramite analogie tra la lotta contro i fascismi degli anni Trenta e Quaranta e lo scontro antiimperialista del presente. In quello scenario, per esempio, gli americani sono i ‘nuovi fascisti’ e i vietcong i ‘nuovi partigiani’. Lo stesso schema retorico-simbolico è applicato al contesto mediorientale, dove i movimenti di liberazione palestinesi si autorappresentano e sono rappresentati come capaci di raccogliere la fiaccola della resistenza antimperialista dai vietcong. Quella struttura simbolica conosce una ulteriore evoluzione dalla seconda metà degli anni Settanta in avanti, quando i palestinesi vengono rappresentati sempre più spesso come i ‘nuovi ebrei’ e, di conseguenza, gli israeliani come i ‘nuovi nazisti’.

L’attentato del 9 ottobre lascia ancora molti misteri irrisolti. Su un punto però gli storici sembrano convenire: l’esistenza del cosiddetto “Lodo Moro”. Di che si trattava? E perché nel vostro libro sostenete che un accordo simile era stato raggiunto anche con le autorità israeliane?

Aldo Moro (1917-1978) è stato più volte ministro e capo del governo

GS: Nelle ricostruzioni del passato ci sono sempre passaggi di incerta lettura, tuttavia in questo caso l’evento e il suo contesto sono abbastanza chiari. Eviterei di parlare di “Lodo Moro” poiché l’espressione è tecnicamente imprecisa, in ogni caso è chiaro che dai primissimi anni Settanta autorità italiane a vari livelli scelgono una linea di compromesso con la variegata galassia dell’attivismo palestinese, non diversamente da quanto fanno anche altri governi europei. Per evitare attentati sul suolo nazionale si stringe un accordo che consente ai movimenti palestinesi di far transitare armi e di creare depositi e basi logistiche nella penisola. Questo ovviamente provoca una reazione da parte israeliana e, benché siano necessari ulteriori approfondimenti, la scelta delle autorità italiane, o almeno di una parte di esse (il sistema dei servizi era segnato da complesse divisioni interne) portò a chiudere un occhio verso le attività dell’intelligence israeliana nella penisola, incluse quelle che prendevano di mira i gruppi palestinesi. Così, per proteggere il paese da attentati, di fatto si acconsentì alla trasformazione dell’Italia in campo di battaglia tra israeliani e palestinesi, favorendo tra l’altro la circolazione di ingenti quantitativi di armi da guerra e l’incontro tra movimenti eversivi nazionali e le forze che si scontravano sullo scacchiere mediorientale.

il magistrato Rosario Priore con il presidente Cossiga

AM: Nel nostro libro abbiamo attinto alla letteratura abbondante sul punto. Per Rosario Priore [magistrato titolare dell’inchiesta su Ustica e su molte altre per fatti di terrorismo, n.d.r.], è dopo l’attentato di Fiumicino del 1973 che l’accordo prende vita. Il problema della datazione è controverso, che un accordo ci sia stato invece no, come emerge anche dalle carte scritte da Moro durante il suo sequestro, in particolare in una lettera Flaminio Piccoli. Circa il cerchiobottismo, o equidistanza, dell’Italia tra Israele e OLP, in termini pratici questa linea evidenzia la volontà del governo italiano perché anche il Mossad potesse avere mano libera in Italia.

L’attentato ha causato la morte di un bambino, Stefano Gaj Taché, e il ferimento di 39 persone (tra cui altri 3 bambini). Cosa ha accertato il processo?

(continua a pag. 2)

2 risposte

  1. Niente di nuovo sotto il sole.
    Peccato che tanti anni sono passati, ne passeranno altri, ma l’odio verso Ebrei e poi Israele non cambia niente.
    Molto importante pero riportare fatti e documentazione che attestano. Che stiamo informati e mai cadere nelle loro mani mai più.
    Grazie

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