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Giovanissima, mi presentai a una “Corrida” di Corrado, e cantai “Freedom”, che avevo imparato nell’interpretazione di Joan Baez, dedicandola agli Ebrei di Tripoli. Vinsi, suonarono le campane e nella piccola intervista che ne seguì, parlai ancora di Tripoli e dei suoi ebrei, ai quali dedicai la vittoria. Si aprirono varie possibilità di proseguire cantando. Ma volevo finire di studiare, andare all’ Università e a quei tempi vedevo il successo commerciale come una perdita di sé, un’alienazione. Così, rifiutai tutte le offerte conseguenti a questa vittoria: a Castrocaro partecipai e arrivai in finale ma non volli firmare il contratto capestro previsto per la finalissima, che avrebbe aperto le porte del Festival di San Remo. In seguito rifiutai tutte le offerte che continuavano ad arrivare in automatico. Continuavo a studiare e tenevo concerti in ambito ebraico e al Folk Club, Folk Studio e simili. Poi fui invitata a tenere un concerto a Venezia, il primo dopo molti anni che avesse luogo in Campo di Ghetto Nuovo, alla fine di un Kippur. L´accoglienza fu meravigliosa. Il Campo era gremito, pubblico alle finestre e nei vicoli. Da quel momento seguirono negli anni altri concerti, in Italia e nel mondo: New York, Buenos Aires, Brasile, Canada, e ancora Aqaba, Grecia, Turchia, Israele, India, Europa. Durante il periodo dell’analisi passavo ore intere ad ascoltare questi canti, non avevo una vera educazione al canto liturgico, ma un’abitudine all’ascolto. E non conoscevo davvero l’ebraico. Ascoltando, inseguivo e ritrovavo la voce dei miei avi che non avevo mai conosciuto, di mio padre che nel frattempo era scomparso. Ho collaborato e /o composto musiche per film di registi di cinema e/o teatro, tra cui Pasquale Scimeca, Wim Wenders, Giorgio Pressburger, Francesco Maselli, Silvano Agosti, Alessandro Fersen, Giancarlo Nanni, Gianni De Luigi, Ruggero Gabbai e David Meghnagi.

il festival di Castrocaro

E ho tenuto molti concerti in ambito inter-religioso, e per la pace nel Mediterraneo, spesso in occasioni rilevanti a livello politico, per esempio alla presenza di Papa Giovanni Paolo II; tenni un concerto per i Presidenti dei Parlamenti del Mediterraneo e il presidente del Parlamento Europeo; ho tenuto un concerto per Yitzhak Rabin a Roma; ho scritto una pièce teatrale dedicata alle vittime della Shoah: “e sceglierai la vita, voci dal silenzio”. Con mio fratello David ho realizzato un programma televisivo di cultura ebraica ospitato da TeleRoma56, su incarico di Raffaello Fellah (Z’L’) e Bruno Zevi (Z’L’). Lo abbiamo chiamato “Se non ora, quando”, trattava un argomento diverso: recensione libri, interviste a scrittori e poeti, personalità della cultura e del giornalismo su temi di attualità, arte e musica ebraica, con spesso reportage in diretta. Fu un’esperienza bellissima. Ho tenuto programmi radiofonici sulla musica ebraica, a radio 3, radio 2, e radio svizzera…non molti conoscevano il canto in ladino o in bajitto insieme a quello arabo e in jiddish, non molti avevano idea di chi fossero i Sefarditi e l’Inquisizione, gli ebrei dei paesi arabi e il loro esodo silenzioso…e chi mai aveva avuto la possibilità di ascoltare i canti di Terezin e tutte le tradizioni musicali ebraiche, insieme in un unico concerto…

Cosa c’è nel tuo repertorio?

Miriam Meghnagi con Wim Wenders

Gospel, Spiritual, Blues, il canto popolare e d’autore, ma non solo. Esploravo la connessione del canto ebraico con il gospel. E cantavo la differenza. Presento le varie declinazioni del popolo ebraico, e canto in tutte le sue lingue, le sue molteplici tradizioni musicali. Presento le varie declinazioni di uno stesso canto in stili e lingue diverse.  Vengo da un paese arabo e canto anche in yiddish, e ladino, judezmo, bajitto, italiano (compresi alcuni dialetti) arabo, e altri idiomi. Ho portato il canto ebraico sulle scene della musica colta. Per esempio i canti di Purim in varie lingue e stili alla Fenice di Venezia, nell’ambito delle iniziative del Carnevale.

C’è spiritualità nel tuo modo di cantare?

Credo molto nel canto come strumento di trascendenza, congiungimento con la sfera spirituale, ponte tra cielo e terra. E quando canto ho la sensazione che il pubblico viaggi con me, riceva e restituisca questa spiritualità.  Il canto certo può anche essere intrattenimento, per me non lo è mai, pur avendo io un carattere allegro. Il canto è espressione di sentimenti e di “nebulose umane”, strumento di comunicazione profonda, dentro di me, e con chi mi ascolta.  Per me il canto era ed è per eccellenza un luogo di pace, luogo dell´altrove, ponte invisibile tra culture, etnie, religioni, che attraversa confini e non conosce geografie, saluta i migranti, accompagna le partenze, gli attracchi, i naufragi. È un sogno condiviso. Ogni canto è suono, eco di una storia. Ho un grande rispetto e provo emozione per chi mi dedica il suo tempo, e così per me, ogni concerto è un’esperienza da vivere insieme qui e ora, e da cui è possibile apprendere.

Ti sei mai posta il problema, dal punto di vista religioso, che una donna ebrea canti melodie spirituali in pubblico?

Per me non è un problema. Credo di non offendere nessuno. Penso sia lecito esprimere la propria preghiera in canto. Cerco di essere rispettosa, e tengo sempre i miei concerti con calendario ebraico alla mano, anche se il mio pubblico, come puoi immaginare, non è esclusivamente ebraico. Anzi! Canto la vita, e la “parola” che mi aiuta e che può essere un mezzo di elevazione. I Salmi sono una meraviglia in quanto a ricchezza di significato. Qualcuno ha pensato di introdurre il mio “Itkaddash” nelle sinagoghe riformate. Quel Kaddish che ho composto durante l’attacco alle Torri Gemelle, dedicato alle vittime, a coloro che vedevo gettarsi nel vuoto per sfuggire al fuoco. Certo, so che la tradizione religiosa ebraica ortodossa, non prevede che la donna canti piyutim o che canti in sinagoga, e certo non il Kaddish, che tuttavia sentivo recitare da mia madre, e so anche che il mio canto non è un’arma che uccide, semmai un fiore, un tentativo di stringere la mano dell’altro.

Come vedi l’ebraismo italiano?

Penso che sia in forte espansione culturale. Ci dovrebbe essere spazio per tutte le sue componenti. Certo, c’è un generale calo demografico, ma viviamo il fenomeno italiano, dove inoltre ci sono fenomeni politici che spaventano. Come per esempio la confusione tra libertà e dovere, la banalizzazione del male, l’antisemitismo e il razzismo che riacutizzano la paura della sparizione. L’identità non deve essere una gabbia, non deve cristallizzarsi. In generale non ho molta fiducia nel mondo, se ci penso sono molto triste, mi sembra a volte che tutto vada troppo veloce, addirittura verso l’autodistruzione. Senza dare il tempo all’ascolto, alla riflessione, al pensiero. Come se l’esperienza del passato non abbia insegnato niente.  Mi rincuorano però, e vedo con piacere, tante iniziative dei giovani in genere in tanti settori della cultura e per la difesa dell’ambiente. Vedo quello che scrivete voi di Riflessi, trovo interessante JoyMag e leggo anche gli altri giornali ebraici e i notiziari online. Vedo la pubblicazione di molti libri che riguardano l’ebraismo e la storia, la rinascita e resilienza dell’editoria ebraica, l’attività dei centri culturali ebraici e la vitalità delle piccole e grandi comunità. La cultura è molto importante, finché ci sono libri e persone che studiano, leggono e scrivono c’è una speranza. Però occorre sempre rimboccarsi le maniche. Stare all’erta. Insegniamo la gentilezza, il rispetto reciproco, l’arte, la filosofia, ai bambini, oltre alla tecnica. Aiutiamoli ad apprendere dalla tradizione e dall’esperienza e a riconoscere la bellezza e a farla propria. Che imparino altre lingue e la musica. Sapranno così fare meglio qualsiasi cosa vorranno fare nel futuro.

Hai progetti futuri?

Emanuele Luzzati (1921-2007)

Di recente sono stata invitata da” Festivalieve” in occasione dell’inaugurazione della Mostra “Luzzati – Calvino e il concetto di levità” ad Asti, per un dibattito e un concerto dedicati a Luzzati. Fu lui a fare il mio nome per la sigla del programma televisivo di cultura ebraica “Sorgente di vita”. Ne scrissi il testo e lo cantai sulla musica scritta da Gianni dell’Orso. Sono stata onorata e grata di potermi ricollegare a questa parte della mia vita, dopo tanti anni. Vado avanti, molte idee e vedremo che succede.

Per la serie “Donne del mondo ebraico”, leggi anche:

Edith Bruck

Evelina Meghnagi

Miriam Camerini

Simonetta Della Seta

Celeste Piperno Pavoncello

Nathania Zevi

Rotem Fadlon

Laura Raccah

Myriam Silvera

Silvia Nacamulli

Clotilde Piperno Pontecorvo

Daniela Abravanel

Linda Laura Sabbadini

Lia Levi

Anna Foa

Fiona Diwan

Micaela Procaccia 

Angelica Calo Livne

Adachiara Zevi

Elèna Mortara

12 risposte

  1. Miriam É una mia carissima amica. L’ho invitata spesso a cantare in occasione di convegni e manifestazioni. Una grandissima cantante e con suo fratello David grande conoscitrice delle musiche sefardite

  2. Parole bellissime di speranza, grazie Miriam per il tuo intenso attaccamento alla vita, il tuo sorriso, il tuo colto e intelligente equilibrio tra tradizione e cultura anticonformista.

  3. Guido Guastalla ha interpretato il mio pensiero. Da oggi è il mio portavoce, anche se lui ancora non lo sa.

  4. Bei riccordi d’infanza, sarebbe stato meglio andare via un po’ prima; la mia famiglia viene dall’Egitto, avevamo la cittadinanza italiana, avevo 15 anni. Nel dic. 1963.
    Mio fratello ha sposato Lizzi Labi tripolina. Grazie del tuo racconto. Anche a Milano ci sono ebrei sia dall’Egitto che dalla Libia. Non si può tornare indietro. Shalom

  5. Cara amica Miriam è stato emozionante leggere il bagaglio di vita che ti sei portata dalla Libia al nostro paese con tutti i profumi,le tradizioni degli affetti familiari e anche ricordi di momenti dolorosi di quel contesto storico. Tra queste immagini di vissuto familiare riecheggiano i libri sacri nella vostra casa e la vostra considerazione dei i libri come il bene più prezioso, quando non di rado si accantonano in una libreria. Bello vedere come il canto di tuo padre e di tua madre e l’amore per la musica dei tuoi fratelli abbiano contribuito a radicare ancora di più in te la tua passione per il canto e che tu veda questo come uno strumento di trascendenza, congiungimento con la sfera spirituale, un ponte tra cielo e terra.

  6. Ricordo il Folk studio con il.buon Cesaroni, il canto meraviglioso di Miriam. Da lì siamo andati avanti, permettetemi con un pizzico di nostalgia.

  7. Che bella storia, cara Miriam! Mi ha impressionato la tua famiglia, il sentirsi protetta dalle paure. Come una buona terra che avrai sempre sotto i piedi. Il tuo canto coraggioso, che fa vedere l’armonia nelle differenze, mi sembra l’espressione della tua vita. La tua storia è anche quella di tutti noi. Grazie!

  8. Miriam: Che voce!.Mi ricordo che una volta Miriam cantava da sola senza accompagnamento dj strumenti musicali. Mi ha fatto accapponare per l’ emozione. Era l’ addio a nostra madre. Indimenticabile!

  9. Sono contento e mi ritengo fortunato di aver preso parte, anche se come postero, di questo mondo descritto da Miriam.
    Un abbraccio!

  10. Carissima Miriam, è bello leggerti, conoscere tante realtà dell’ebraismo nei Paesi arabi con le loro realtà, usanze, profumi, storie, tante storie e musiche; me la ricordo quella ‘guerra dei sei giorni del 1967’ ero in prima elementare e la televisione in b/n trasmetteva quei bombardamenti atroci che nuovamente colpirono i Palestinesi. Morirono tanti civili e cercavo di capire cosa fosse la guerra, che mio padre e i miei nonni, non molti anni prima, erano nei Lager insieme ad una moltitudine di genti e di ebrei, ma che non potevano ancora spiegarmi. Conoscevo una giovane ragazza, si chiamava Miriam come te, un nome dolcissimo; potenze mondiali erano alla base di quella guerra; ho vissuto la guerra della ex-Jugoslavia, le tribolazioni dei miei studenti che venivano dalle montagne e dovevano lasciare 500.000 mila lire di cauzione in frontiera per studiare qui, li portavo a mangiare la pizza. Anni dopo la fine della guerra, mio padre ebbe la gioia di ricevere la visita di un suo collega ebreo, al quale dava i suoi tozzi di pane, perché si faceva spedire dalla famiglia sapone e sigarette che andava a vendere allo spaccio per comperare qualcosa, ma quel qualcosa da mettere sotto i denti mancava e con destrezza riusciva a comperare dei pugni di riso che faceva bollire nella baracca per ore affinché triplicasse e nella sua gamella lo portava nel campo di Mauthausen per darlo di nascosto agli amici ebrei che lavoravano a tanti lavori coatti, come lui. Ora scongiuro che i folli non facciano una guerra in Ucraina, dove sono stata varie volte e tanti giovani sono stati martoriati dai Russi nella guerra contro l’Afghanistan e hanno vissuto la pazzia mentale tra i bombardamenti che non capivano e di cui noi non eravamo a conoscenza. Le tue bellissime trasmissioni non le trovo più… La Lega si è presa la Rete Due. Carissima e dolce Miriam, ho letto tutti i libri pubblicati da Giuntina, Il diario di David Rubinowicz, Primo Levi e tanti altri che conosciamo, e i tuoi scritti. Ti abbraccio in questa ora della notte, quando sui trucioli dormivano in due testa/piedi e non pensavamo mai di vedere il sole, ma solo ghiaccio e neve e quei camini dall’odore acre. Una vita a brandelli, tante vite a brandelli e il ladrocinio dei vostri beni, costruiti dalle vostre famiglie. Ti abbraccio forte, forte, carissima Miriam <3 la memoria non cancella e per 365 giorni l'anno, ogni giorno è la Giornata della Memoria, per chi è ancora vivo e per i figli di quelle atrocità, con grande affetto, stima e riconoscenza, Maria

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