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Partecipazione ed entusiasmo per l’ebraismo italiano

Sara Cividalli è impegnata per favorire il coinvolgimento delle comunità alle iniziative Ucei, favorendo l’incontro e la comunicazione

Sara, attualmente, quale consigliera Ucei, sei assessora con delega ai rapporti tra l’Unione le comunità ebraiche; prima di descrivere di questo ruolo, mi piacerebbe però che mi parlassi un po’ di te. Cominciamo, se vuoi, dalla tua famiglia.

Sara Cividalli, attualmente assessore Ucei

Volentieri. Sono nata in una grande famiglia un po’ complessa e bella, con parenti sparsi per il mondo (mio zio e mia zia paterni con le loro famiglie sono andati in Israele nel ’38, ad esempio; la mia cugina grande, Paola z’l’, ha vissuto a Parigi e la sua casa parigina, come quella in Provenza, è stata per me un luogo di crescita e il suo esserci nella vita un esempio).  Una vicinanza grande esiste anche con persone con cui sulla carta non avrei legami di parentela; ho sempre avuto amiche ed amici importanti, ho una figlia ed un nipote di 6 anni con cui ho il privilegio di condividere tempo, esperienze, racconti e sogni. E che dire dei viaggi? Un tempo si diceva che i viaggi educano la gioventù, per me il viaggiare è un modo che mi appassiona.

E quanto al lavoro?

Di professione, fino alla pensione, sono stata pediatra. Lo dico con gioia perché penso di aver esercitato la professione più bella del mondo, che m’ha sempre dato una gioia immensa, perché a me piace stare con le persone. Fare la pediatra è stata una continua opportunità per parlare con chi avevo di fronte, intessere relazioni con i bambini e le bambine, i genitori, le nonne e i nonni. A Milano, dove a un certo punto mi sono trasferita, ho scelto di lavorare in consultorio, e anche lì, come a Firenze, ho ricreato questi rapporti con le famiglie e gli altri medici e professionisti. A Milano, inoltre, sono stata insegnante di educazione sessuale alla scuola ebraica. È stata una esperienza molto formativa, la prova è che poi ho continuato ad avere relazioni con studenti e studentesse, soprattutto con le ragazze, che mi chiamavano per avere consigli.

Questa tua attività mi incuriosisce. Sto pensando alla mia comunità, qui a Roma, dove ci sono state alcune polemiche di cui Riflessi ha cercato di dare conto, su degli episodi di omofobia a scuola. Si tratta certo di un tema delicato, innanzitutto dal punto di vista halakico. Tu che ne pensi?

La sede delle scuole ebraiche a Roma

È una domanda a cui è molto difficile rispondere. In generale, credo che bisognerebbe partire sul valore che ha ogni differenza. Credo cioè che la differenza sia un valore. Per secoli noi ebrei abbiamo vissuto una discriminazione perché “diversi”, oppure pensa alla discriminazione subita dalle donne. Io credo invece che essere donna – come essere ebreo, o ebrea – sia un valore. Allo stesso modo, l’omosessualità non deve essere di per sé discriminata. Naturalmente mi rendo conto bene che il fatto che si sia in una scuola ebraica ovviamente pone un problema halakico, ma in passato ricordo un problema simile a Milano riguardo i rapporti prematrimoniali, altro tema delicato. Io credo che si debba parlare ai ragazzi e alle ragazze con parole semplici, senza dare pagelle di ciò che è giusto o sbagliato. Sono convinta che se si procede così poi si troverà lo spazio anche per una soluzione halakica. Vedi, a Milano io insegnavo in una classe con una morà molto osservante, eppure non ci sono mai stati scontri tra noi, anzi è stato molto piacevole perché ogni volta che si poneva la domanda: si può o non si può, io mi limitavo a raccontare la mia esperienza di vita, anche come medico; se poi c’è un desiderio di conoscere la regola halachika, sarà ovviamente il rav a intervenite, non spetta certo a me farlo. Se vuoi ti faccio un esempio.

Prego.

Ho imparato da mia figlia a parlare ai più giovani. Da piccola mi chiese una volta spiegazioni sul ciclo mestruale. Vista l’età, le parlai in termini figurati.  Io credo che quando si parla ai bambini e alle bambine si debbano usare parole adatte alla loro domanda e a quello che possono capire senza mai dire cose false che poi verranno contraddette; poi, col tempo, si potranno aggiungere altri particolari. Un poco alla volta devono capire che il mondo contiene molte diversità. Abituare alla diversità è la migliore prevenzione contro la omofobia. E poi credo che questo metodo possa essere utilizzato anche altrove.

Per esempio?

un viaggio della memoria di studenti romani

Pensa a come trattare un tema come quello della Shoah. A me piace utilizzare questo metodo dei piccoli passi, cioè usare parole adatte per parlare a bambini e bambine. Non c’è bisogno di parlare con parole terribili, non subito; deve essere un percorso graduale, ad esempio evidenziando la grande stupidità delle leggi razziali.

Mi sembra che in questo metodo ci sia in generale il tuo approccio ad affrontare i problemi.

Sì, è così. In tutta la mia vita il filo conduttore è stato sempre creare un rapporto con le persone. L’ho fatto da pediatra, da presidente della comunità di Firenze, e cerco di farlo ora in Ucei. Fondamentale in questo è stato l’incontro con Gianna Mazzini e Giovanna Galletti, fondatrici di Labodif, che voglio ricordare. Per me ha significato fare un percorso di formazione importante ed ora sono nel comitato di redazione cercando di contribuire. Oggi mi piace mantenere questi legami, ad esempio con i nipoti dei miei primi pazienti. Lo stesso faccio con “I racconti di Sara” che realizzo per la tv dell’Ucei.

il Labodif è un istituto di ricerca e formazione specializzato sullo studio dell differenze

Hai fatto cenno alla tua presidenza a Firenze. Me ne puoi parlare?

Sono stata presidente della comunità ebraica dal 2012 al 2016. Se ci ripenso, l’immagine che mi rappresenta di più era quella di me impegnata nella prima edizione del Balagan caffè. Ero lì che saltellavo da tutte le parti! Ero sempre presente, sul palco e fuori, e intessevo relazioni. Abbiamo riaperto il giardino della nostra comunità alla città, raggiungendo numeri di partecipazione fantastici, incredibili, perché c’era un grande entusiasmo, quello per le cose nuove. Vedi, questo mio entusiasmo l’ho sempre trasmesso e credo che questo sia l’impegno che mi caratterizza in ogni cosa che faccio. Sono stati per me anni formativi, importanti a momenti anche molto difficili, parte di un percorso.

Prima mi hai parlato di una tua presenza a Milano. Quali altre comunità conosci?

Sara Cividalli ed Enrico Fink, insieme al Balegan Caffè

A 3 anni mi trasferii a Roma perché mio padre, funzionario delle ferrovie, era andato a lavorare lì. Ho frequentato la scuola ebraica, dalla materna alle medie, e per me la scuola di Roma è la più bella del mondo, per come l’ho vissuta io. Ricordo che vivevano al suo interno identità completamente differenti. Poi sono tornata a Firenze, sono stata attiva nel Bene Akivà, e da lì, come ti ho detto, a Milano, dove ho conosciuto un’altra comunità. a Milano ho lavorato per l’Adei, con “bimbi in musica”: i bambini e le bambine si esibivano nella casa di riposo, un modo per legare le generazioni e le famiglie. Infine, dopo la pensione, sono tornata a Firenze.

E ora sei in Ucei.

Sì, dalla scorsa consiliatura. Attualmente ho la delega per i rapporti tra l’Unione le piccole comunità e al coordinamento tra progetti delle comunità e quelli dell’Ucei.

Di che si tratta?

La giunta UCEI (di cui fa parte anche rav Momigliano)

In due parole, agevolare i rapporti tra piccole comunità e Ucei. Significa soprattutto far conoscere alla “periferia” quello che fa il “centro”, e viceversa.

Perché c’è necessità di una tale figura?

Perché, purtroppo, attualmente c’è ancora poco dialogo. Se mi permetti, un po’ è responsabilità dei consiglieri, che non informano la loro comunità di quello che fa l’Ucei, come se fossero due mondi separati, e non informano gli iscritti di quel che avviene nei consigli Ucei, di quello di cui si discute e di quello che viene deciso. Nel mio primo mandato mi inventai la rubrica “pillole dall’Ucei”, con cui informavo tutta la comunità ebraica di Firenze di quanto accaduto in consiglio, con alcune mie considerazioni. In tal modo, da consigliere Ucei, ho sempre cercato di informare la mia comunità, anche partecipando alle riunioni del suo consiglio, e così posso dire che a Firenze la comunità è informata. In questo mio approccio devo molto a Renzo Gattegna zl, che mi ha insegnato moltissimo quando ero presidente della comunità, dandomi un grande supporto e mi ha poi indicato un modo di essere consigliera Ucei.

È così grave questa mancanza di informazione?

Pinzolo, dove si svolgerà il soggiorno estivo organizzato dall’Ucei

Certo! Per esempio, quanti sanno che l’Ucei ha messo a bilancio 30.000 euro per le famiglie per permettere loro di andare al campeggio estivo di Pinzolo, organizzato dal Dipartimento di cultura di rav Della Rocca? Questo non è stato ancora diffuso a dovere. Quando è stato chiaro che l’informazione non c’era stata,, abbiamo fatto tante telefonate, soprattutto Cludia Jonas, anche con l’aiuto di rav Momigliano. Sembra incredibile, ma a volte l’Ucei manda mail che non vengono neppure lette.

Perché secondo te?

L’idea è che l’Ucei sia solo erogatrice di soldi, e non anche di servizi. Invece per far funzionare le cose ci vogliono idee ed entusiasmo, a sostegno dell’ebraismo italiano, che ricordo è un piccolo ebraismo, e che per questo dovrebbe essere più unito.

Che risultati hai ottenuto finora?

Partecipo ai lavori dell’area cultura e formazione. Adesso sono concentrata sul campeggio. Grazie all’informazione più capillare che siamo riusciti a realizzare quest’anno abbiamo ricevuto una richiesta di partecipazione che non siamo riusciti a soddisfare. Il campeggio si terrà a Pinzolo dal 10-21 agosto, ma visto questo risultato stiamo già cercando una struttura più grande per il prossimo anno. Ritengo che il campeggio sia forse il momento più importante di aggregazione di famiglie di comunità differenti. Vedere la partecipazione e l’entusiasmo dei partecipanti è una grande soddisfazione, si percepisce il desiderio di stare insieme, unendo abitudini e identità diverse.

Il consiglio UCEI, al via dal 7 novembre scorso

In generale, come vedi l’avvio di questo nuovo consiglio Ucei?

Sicuramente c’è una maggior desiderio di compartecipazione a ogni decisione da parte di tutti i consiglieri, su ogni tema; anche di quelli che non hanno votato Noemi Di segni come presidente. Giudico questo aspetto certamente positivo. In commissione bilancio si è dimostrato che si può fare, se c’è la buona volontà di tutti e nessun pregiudizio. Mi auguro che lo stesso metodo e lo stesso impegno si possa registra anche sulle altre linee di attività.

E dell’ebraismo italiano? Come vedi il suo stato di salute, oggi?

L’ebraismo italiano ha tanti problemi, la maggior parte legati alla difficoltà di relazione, alla difficoltà di accettare che se l’ebraismo è uno, esso può essere coniugato in modo diverso. Mi è stato riferito di una derashà di un rav a kippur di qualche anno fa, che trovo estremamente educativa. Il rav sottolineava una cosa se vuoi ovvia, ma che non dovremmo mai dimenticare: che per fare un minian occorrono dieci ebrei, e che tutti sono importanti, dal più osservante al meno osservante. Per fare minian, per costituire una comunità, quei dieci ebrei infatti contano tutti allo stesso modo. Il valore della partecipazione di tutti e tutte con le proprie caratteristiche e peculiarietà, con pensieri differenti e modi di essere e qualcosa di fondamentale.

Vedi anche:

intervista a Noemi Di Segni

Chance2work

intervista a David Romanin Jacur, assessore al bilancio

intervista a Gloria Arbib

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