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No, l’ho pensato appunto come un punto in cui uno torna nel passato e scopre invece qualcosa che non sapeva di sé, cioè scopre una parte di sé, che stava dentro al passato ma che gli era anche sconosciuta.

Non era una questione di popolo ebraico, ma semplicemente di appartenenza? Di famiglia, di venire da qualche parte? Cioè non era qualcosa di così storico, di così ideologico, non c’era  niente di ideologico.

Non direi, è un po’ di più e un po’ di meno nello stesso tempo. È un po’ di più perché c’è un elemento, come ti dicevo prima, genetico, in cui tu capisci che c’è un’appartenenza che ti riguarda e che non è cultura, è qualcosa di più strano, che non maneggi. Perché la formazione culturale tu più o meno la maneggi, siamo degli intellettuali quindi siamo abituata a fare i conti con le ideologie, con i punti di vista, eccetera. Anche con le religioni, evidentemente. Poi c’è un punto in cui tutto questo è come se ti sfuggisse perché c’è un elemento interno, genetico appunto, che va un po’ al di là di ciò a cui sei abituato a pensare. È un po’ di meno nel senso che io non ho evidentemente questa dimensione di…Io per esempio nei confronti di Israele non so mai cosa pensare. Ho simpatia però i palestinesi mi fanno anche una pensa infinita. E quindi penso sempre che c’è qualche elemento contraddittorio che mi sfugge e che mi fa anche un po’ paura. Mi ricordo che tanti anni fa andai in Israele ripetutamente, in un breve periodo, e ho conosciuto Grossman, Yehoshua. Yehoshua l’ho scoperto io, poi in Italia. L’ho scoperto senza scoprirlo, ho imbrogliato. Ho detto una cosa sulla base della simpatia umana.

Non leggevi l’ebraico, te l’ha detto qualcuno…

No, lui non era tradotto in inglese, quindi io non sapevo come leggerlo.

Come hai fatto a pensare che potesse essere tradotto?

Abraham B. Yehoshua

Mi era stato così simpatico che quando Giulio [Einaudi] mi ha detto “Ma non c’è qualcuno…”, io ho detto guarda Yehoshua, bravissimo, uno scrittore meraviglioso. Lui ha capito perfettamente che io non lo avevo letto, però…Quando poi Gaio Sciloni lo tradusse [si tratta de “L’amante”], io ero terrorizzato, pensavo mi faranno a pezzi…

E invece ha avuto un successo pazzesco.

Io poi lui l’ho conosciuto, l’ho frequentato, e una volta mi ricordo che gli ho detto “Senti, prima o poi ti chiederò un po’ di soldi, di tutti i diritti d’autore una piccola percentuale la vorrei!”.

L’ho conosciuto Yehoshua, una volta l’ho incontrato.

Simpatico, mi stava simpatica anche la moglie, una psicanalista.

E Grossman ti piaceva?

È una bravissima persona, secondo me come scrittore non c’è paragone, Yehoshua è superiore. Yehoshua è veramente un grande scrittore, Grossman è un bravo scrittore, ma insomma ce ne sono tanti altri. Secondo me Yehoshua lo capiremo anche un po’ col tempo. “Il signor Mani” è uno dei libri più importanti, secondo me… veramente strepitoso, un libro fondamentale, capisci tante cose.

Invece questi scrittori, come quello che ha scritto “Tre piani”? Nanni Moretti ne ha tratto un film.

Eskol Nevo. Nanni ha fatto un film, credo anche di intuire il motivo per cui l’ha fatto.

Non te lo chiedo.

Un motivo anche abbastanza scemo. Non sono entusiasta di lui [di Nevo].

Io l’ho letto e…così così.

Sì, è ok, ma non sono un grande fan. Ti dicevo, quando sono stato in Israele più volte in quel periodo e poi incontravo tutti, per cui c’erano sempre grandi discussioni, io ero colpito da questa cosa che mi ritornava sempre nella testa, il fatto che tanti dicessero: “Qui il problema è che gli arabi, se avessero mano libera, ci butterebbero a mare.” E io d’istinto pensavo bah, su. Dopodiché era esattamente così.

Anch’io ho faticato ad arrivarci.

Per cui mi dicevo, c’è un problema. E devo dire che per esempio io ho avuto e ho un crescente problema con gli arabi.

Ma tu sei un po’ arabo, arabo ebreo marocchino.

Sai che io un po’ non li sopporto più? C’è un elemento violento che io non sopporto. Che non sopporto più.

Anche tra gli intellettuali?

Anche, in qualche modo sì. Dopodiché nei confronti di Israele io ho uno strano rapporto. Mi sforzo sempre di rimanere un po’ neutrale.

Però hai un’istintiva, una qualche simpatia? Un senso di collegamento?

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