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Per me la lingua della mia vita (amorosa) è l’inglese.

Perché hai avuto questo lungo rapporto.

Il mio rapporto con Freddie. Adesso ho un rapporto con un altro che è per metà inglese. Prima di Freddie c’era stato Martin. Evidentemente negli ultimi trentacinque anni… In più in me evidentemente c’era il bisogno e l’eco di un’altra lingua, che era poi la lingua di mia madre.

Che era il francese.

Che era il francese, però. Che io ho condiviso solo quando ero bambino. Perché poi da adulto non abbiamo mai più parlato in francese.

Però tu scrivi in italiano.

Joseph Brodsky

Io scrivo in italiano però io per esempio scrivo in inglese segretamente cose che non pubblico. È un elemento molto particolare. Pensavo a Brodskij, che era russo, ebreo. Josif ha scritto sempre poesie in russo, però i suoi saggi, che tra l’altro sono bellissimi, li ha scritti in inglese. Cioè ha avuto due lingue. Un ebreo russo, con un sacco di problemi, un certo rifiuto, poi gli Stati Uniti sono stati per lui come una specie di liberazione. Due lingue in uno scrittore mettono in moto una strana cosa. Gli ebrei non sono mica degli scrittori, anzi spesso lo sono, ma non lo sono per definizione, però l’idea che un intero popolo ha questa esperienza storica di parlare più di una lingua, non perché l’ha imparata, ma perché fa parte proprio del suo codice, per me è una cosa molto interessante. Una cosa molto particolare, che io non ho vissuto direttamente, però attraverso l’inglese l’ho capita. L’idea dell’inglese e del francese che era di mia mamma. L’idea della seconda lingua.

O anche della terza. È molto bella questa cosa. Per esempio mia figlia, che ha sedici anni, scrive canzoni, le canta e compone anche la musica, e le scrive in inglese, perché dice che non riesce a scrivere in italiano. Forse c’è un’identità da proteggere che ha bisogno d’essere altro.

Lo capisco benissimo, perché appunto io scrivo poesie in inglese, in italiano non ci riesco.

Le tieni per te?

Ne ho pubblicate una volta solo un gruppetto su una rivista. Ma tipo quattro.

In un periodo adolescenziale mi è capitato di scrivere non in italiano, perché a scuola non ci facevano scrivere tanto, scrivevo quando dovevo scrivere un temino in inglese, in francese, anche in tedesco, e scrivevo dunque le mie cose, mi esprimevo in altre lingue, perché non mi era data la possibilità, o io non me la volevo dare, di scrivere nella mia.

Questa non è un’esperienza che in generale le persone comunemente fanno.

Non è normale. A me sembrava normale ma non è normale.

Nell’ebraismo è piuttosto frequente e io penso che questo sia anche uno dei motivi per cui molto spesso gli scrittori sono ebrei.

La Famiglia Singer: Israel, Isaac ed Esthel

Se pensi all’yddish, che è una lingua segreta, familiare, dell’intimità. Alcuno hanno scritto sempre in yddish, come Singer (Isaac e Israel), altri nascondono questa lingua e questa origine.

La lingua mette in moto cose molto profonde. In principio era il logos.

Assolutamente. Anche per la psicoanalisi. Tutto è collegato alla parola.

La lingua è la maniera in cui noi conosciamo noi stessi.

Ma allora forse quel momento di cui tu parli nel romanzo forse è legato al fatto che tu hai pronunciato delle parole in ebraico? Oppure erano quelle in italiano, secondo te? Perché è stato un momento in cui pronunciavi qualcosa che era molto forte. Erano tante cose insieme.

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