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La ragion di stato della Germania si chiama Israele

Con Tonia Mastrobuoni analizziamo la reazione della Germania agli attachi di Hamas del 7 ottobre e alla risposta di Israele a Gaza

Tonia, che reazioni ha avuto l’opinione pubblica tedesca dopo l’attacco di Hamas a Israele lo scorso 7 ottobre?

Tonia Mastrobuoni è corrispondente per Repubblica da Berlino

L’impatto è stato all’inizio molto forte; vedere la più grande strage a danno degli ebrei dai tempi della Shoah ha nell’immediato scioccato profondamente la maggior parte dell’opinione pubblica tedesca. Israele resta infatti per la Germania una sua ragione di Stato. La sopravvivenza dello Stato ebraico è stata una di quelle premesse che ha fondato la Repubblica federale tedesca nel dopoguerra, nata dopo la Shoah, dopo Auschwitz, con l’impegno solenne che quei fatti non potessero mai più accadere. Questo spiega perché, dopo il 7 ottobre, Olaf Scholz è stato il primo leader mondiale ad atterrare a Tel Aviv per manifestare la propria solidarietà a Netanyahu e a Israele, in nome di tutti i tedeschi, perlomeno di quelli cresciuti con la responsabilità di quel che era accaduto durante la Shoah.

E successivamente?

Shany Louk è la donna tedesca rapita da Hamas il 7 ottobre e successivamente uccisa

Nella seconda fase, grossomodo cominciata con la reazione militare di Israele, il paese ha mostrato opinioni diverse. Bisogna tener conto che in Germania c’è una fortissima presenza straniera. Si tratta di immigrati soprattutto musulmani, in gran parte turchi e siriani. Se in passato si è trattato di un’immigrazione sostanzialmente laica, le ultime ondate migratorie sembrano aver cambiato la composizione di tale fetta della popolazione. In particolare, sono emersi contatti non solo con associazioni religiose, ma a sostegno anche di organizzazioni terroristiche parificate ad Hamas, sostenute prevalentemente da elementi siriani arrivati in Germania dopo il 2015. Questo probabilmente ha portato a episodi molto preoccupanti nel corso delle tante manifestazioni che, nei giorni e nelle settimane scorse, si sono avute anche in Germania, specie nella città di Essen, dove sono stati esposti simboli di un certo radicamento islamico, espressione di organizzazioni jihadiste. In generale, al contrario, si sono registrate manifestazioni certamente filopalestinesi, ma che si sono svolte, grazie anche alle condizioni poste dalla polizia, nei limiti di una manifestazione pacifica.

slogan a favore del califfato sono stati scanditi a Essen

Anche la Germania è stata attraversata da un aumento dei casi di antisemitismo?

Purtroppo sì. La comunità ebraica di Monaco ad esempio ha consigliato ai propri iscritti di non uscire con simboli che potessero identificarli come ebrei, quali la Kippà o la stella di David. Si tratta di una notizia che ancora una volta ha colpito molto l’opinione pubblica, perché l’ha riportata a situazioni del passato che si pensava non potessero più ripresentarsi. Oltre a questo, ci sono stati gesti violenti, aggressioni e minacce come l’utilizzo di bombe molotov contro la sinagoga di Berlino. A mano a mano che l’offensiva israeliana a Gaza continuava, questa spaccatura nell’opinione pubblica si è notata sempre di più, a tal punto che oggi la società può dirsi divisa, fra chi sostiene Israele e chi invece ritiene che la risposta all’attacco di Hamas non possa essere così dura. Tra questi, c’è chi ne approfitta per manifestare idee fondamentaliste; come ti dicevo prima, sono stati scanditi slogan a favore del califfato, che ricordo essere una vecchia idea di organizzazioni terroristiche come Isis e Al Qaeda.

I controlli della polizia in Germania hanno quasi sempre evitato che si pronunciassero slogan antisemiti nelle manifestazioni a favore della Palestina

Se guardiamo all’arco politico tedesco, una delle forze che meritano più attenzione è quella di AFD, formazione di ultradestra, che è e ha vinto nelle recenti elezioni regionali in Turingia e Sassonia.

Se lo spettro politico tedesco si è schierato generalmente tutto a favore di Israele, AFD ha mostrato ancora una volta le proprie debolezze. Mentre, infatti, uno dei suoi leader ha mostrato solidarietà ha manifestato solidarietà nei confronti dello Stato ebraico, altri dirigenti del partito ne hanno preso le distanze. Per comprendere la posizione di AFD credo che occorra vedere come si orientò ai tempi del Covid: all’inizio chiese delle misure estremamente rigorose, poi quando si rese conto che c’era una fetta della popolazione contraria alle restrizioni cambiò completamente orientamento. Insomma, AFD appare un soggetto politico estremamente opportunista.

All’interno del governo tedesco si è invece evidenziata la posizione del vice cancelliere Robert Habeck, con un discorso che ha colpito molto l’opinione pubblica a sostegno di Israele e che ha avuto risonanza anche oltre i confini tedeschi.

Robert Habeck (ANSA)

Certamente come dici le parole pronunciate da Habeck hanno avuto un forte impatto nell’opinione pubblica tedesca. In parte si è trattato di un ulteriore passo compiuto da chi, in una prospettiva futura, ambisce a presentarsi come candidato alla cancelleria. Ricordo infatti che Habeck è dello stesso partito del ministro degli interni Annalena Baerbock, e che probabilmente i due esponenti dei Verdi lotteranno fra loro per candidarsi in alternativa a Olaf Scholz, socialista, alle prossime elezioni. Detto questo, va aggiunto che Habeck e Baerbock sono probabilmente tra i migliori rappresentanti del governo tedesco. Habeck in particolare ha mostrato un’arte oratoria nettamente superiore a Scholz, che del resto continua il suo calo di gradimento nei sondaggi pubblici. Credo però che nel suo discorso, limato per circa tre giorni, sia emersa una posizione di cui Habeck è profondamente convinto.

Cosa ha reso così importanti le sue parole?

dopo il 7 ottobre si sono moltiplicati in molte parti d’Europa i gesti di antisemitismo

L’intervento di Habeck si segnala come uno dei più importanti negli ultimi decenni pronunciati da politici tedeschi. Habeck è partito dalla responsabilità della Germania nello sterminio degli ebrei nella seconda guerra mondiale, e ha ricordato che per tale motivo la difesa di Israele continua a essere una ragione di Stato per l’intero paese. Si è poi rivolto al suo elettorato e al mondo musulmano, invitando tutti a esercitare il diritto di manifestare le proprie opinioni, anche contro Israele, ma nei limiti della legalità. Infine ha ricordato che, in caso di violazione dei limiti a manifestare, come nel caso di espressioni antisemite, le conseguenze sarebbero state per i cittadini tedeschi il carcere e per quelli stranieri l’espulsione dal paese.

Qual è la posizione ufficiale del governo tedesco sulla guerra in corso?

Scholz in visita in Israele dopo il 7 ottobre

La Germania si è impegnata da subito perché in Europa si tenesse conto degli interessi di Israele. Per questo la diplomazia tedesca ha lavorato perché in Consiglio europeo non venisse formulata esplicitamente la richiesta di un cessate il fuoco e perché si adottasse una formulazione più morbida, come quella della “pausa umanitari”. In questo momento direi che il governo, pur preoccupato per le tantissime morti civili a Gaza, esprime una posizione che non intende interferire con le scelte strategiche di Israele.

La guerra a Gaza ha comportato una maggiore disattenzione rispetto a quella in Ucraina?

In effetti, anche in Germania, come del resto in Italia, oggi si parla molto poco della guerra in Ucraina, nonostante che essa stia attraversando una fase molto delicata.

L’ultima domanda che vorrei farti riguarda L’Europa, che tra pochi mesi sarà chiamata a rinnovare il Parlamento, e che a seguito della guerra in corso fra Israele e Hamas sembra riscoprire un po’ dovunque numerosi rigurgiti antisemiti. A tuo giudizio rischiamo di rivivere un passato che credevamo dimenticato?

Il parlamento europeo. Il 9 giugno 2024 si voterà per il suo rinnovo

Io credo che occorra distinguere fra il diritto di manifestare la propria opinione, e quindi di schierarsi a fianco dei palestinesi criticando la reazione israeliana, dalle manifestazioni che invece esprimono un pericoloso sentimento antiebraico. Mentre le prime vanno considerate del tutto legittime, le seconde suscitano timori, perché effettivamente si accompagnano a gesti estremi, come ad esempio il tentativo di incendio del cimitero ebraico a Vienna, o l’accoltellamento di una donna francese ebrea a Lione. Io credo che si tratti di episodi che vanno immediatamente circoscritti e combattuti, perché certo l’Europa non potrebbe supportare, e tantomeno la Germania, una nuova fuga degli ebrei dal proprio territorio come avvenuto alla metà del 900. Sarebbe per tutti noi una ferita imperdonabile.

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