Cerca
Close this search box.

Vi racconto il mio 7 ottobre

Yonathan Diller era al rave che doveva festeggiare Simchat Torà, quando è stato attaccato da Hamas. A Riflessi ripercorre quella giornata

Yonathan, proviamo a ricostruire la giornata del 7 ottobre. Come era iniziata la mattina?

Yonathan Diller

Ero andato alla festa con un amico e insieme a un altro gruppo di ragazzi. Eravamo circa una quindicina. Siamo arrivati verso le 5 e 30 del mattino, e abbiamo aspettato l’alba. Verso le sei eravamo sul posto del ritrovo. Alle 6 e 30 abbiamo cominciato a vedere i missili.

Che cosa avete fatto allora?

Nessuno di noi aveva la percezione che quello fosse l’inizio dell’attacco terroristico. Naturalmente siamo purtroppo abituati ai razzi che partono dalla Striscia di Gaza, quando succede sappiamo che dobbiamo nasconderci, fino a quando cessa l’allarme. Così abbiamo fatto anche stavolta, solo che non si trattava di un attacco missilistico come le altre volte.

Che cosa è successo quando i razzi sono cominciati ad arrivare?

il luogo del rave party attaccato da Hamas il 7 ottobre. Al rave partecipavano ragazzi provenienti da più parti del mondo

Ci siamo rimessi in macchina, ma la strada principale era ostruita da tutti quelli che avevano avuto la nostra stessa idea. C’era molto traffico, e a quel punto volevamo tornare a casa. Ripeto che nessuno di noi immaginava quello che stava per accadere. Allora ho detto al mio amico di cambiare strada e di prendere per una scorciatoia. Ci siamo tolti dalla via principale e dopo un po’ ci siamo accorti di un’automobile che proveniva da Gaza, l’abbiamo vista urtare un’altra macchina. Quando abbiamo raggiunto quest’ultima, con la portiera aperta a metà, dentro abbiamo visto una ragazza completamente sporca di sangue. Abbiamo provato a fare qualcosa, ma non c’era nulla da fare. Poco dopo abbiamo cominciato a sentire le raffiche di mitra.

Che cosa avete fatto?

Al rave sono stati uccisi oltre 250 ragazzi e catturati molti dei 200 ostaggi detenuti al momento da Hamas

Dai rumori che percepivamo abbiamo capito che eravamo sotto attacco da nord, da sud, e da ovest, e che quindi l’unica via libera per noi era verso est, per cui ci siamo diretti lì. Abbiamo lasciato la macchina e proseguito a piedi, cercando un posto dove nasconderci. Poi ho visto che la nostra macchina è stata completamente bruciata. Abbiamo raggiunto il greto di un fiume e ci siamo messi ad aspettare, nascosti tra le piante. In lontananza ormai sentivamo chiaramente le raffiche di mitra sempre più intense, che si avvicinavano verso di noi.

Avevate capito di essere sotto attacco terroristico?

in Israele l’attacco del 7 ottobre ha suscistato molto scalpore, dolore e rabbia anche per il modo con cui lo Stato si è fatto sorprendere

No! Nessuno di noi aveva delle informazioni chiare, avevamo compreso che stava succedendo qualcosa, ma non conoscevamo esattamente cosa. Io ho pensato a un’esercitazione militare, qualcuno di noi pensava che forse era il nostro esercito che rispondeva all’attacco, ma era tutto confuso. Io mi dicevo che non era possibile che fosse un attacco terroristico, perché la mia idea è che fossimo troppo superiori e troppo forti per poter essere attaccati in quel modo.

Non avevate con voi telefoni?

Ti assicuro che in quei momenti perdi la lucidità anche di pensare a cercare sul telefono le notizie che ti facciano comprendere cosa sta accadendo. È anche vero che quando successivamente qualcuno di noi ha controllato lo smartphone, le notizie erano ancora scarse o assenti, perché il paese doveva ancora comprendere la vastità dell’attacco che stavamo subendo.

Cosa è successo mentre vi nascondevate?

L’attacco del 7 ottobre ha causato oltre 1400 vittime

Mentre gli spari continuavano ad avvicinarsi, ho urlato a tutto il gruppo di ragazzi che era insieme a noi, saremo stati 20 o 30, di nascondersi bene e di cominciare a camminare verso est, perché sentivo che quella era l’unica possibilità di salvarci. Abbiamo così lasciato il fiume e ci siamo incamminati quasi strisciando, per evitare le raffiche che sentivamo dietro di noi. Credo che sia stata questa decisione a salvarci.

Quanto avete dovuto camminare per trovare riparo?

Abbiamo camminato circa per quattro ore, senza acqua, in campo aperto, diretti verso il villaggio più vicino, distante 15 km. È stato molto difficile. Mentre camminavamo continuavamo a sentire in lontananza le raffiche delle armi, e sopra di noi i missili che da Gaza continuavano a essere lanciati, con il sistema di Iron Dome che ne intercettava una buona parte. Eravamo frastornati e spaventati, ma ancora non ci rendevamo conto di quel che stava accadendo dietro di noi, di tutti i ragazzi che venivano uccisi.

Avete incontrato le forze dell’esercito israeliano mentre raggiungevate il villaggio?

Israele si prepara a entrare nella striscia di Gaza, per una guerra che il governo ha definito “lunga”

Non abbiamo visto mai nessuno. Abbiamo camminato in campo aperto per chilometri senza incontrare nessuno.

Quando avete raggiunto il villaggio cosa è successo?

Siamo stati soccorsi dagli abitanti, che a quel punto ci hanno dato le informazioni abbiamo cominciato a capire.

Hai perso degli amici la mattina del 7 ottobre?

5 miei amici sono morti. Avevano tra i venticinque e i trent’anni.

Che cosa provi a distanza di quasi due settimane, pensando a quella mattina a quello che è successo?

Biden è volato a Gerusalemme per dare l’appoggio Usa a Israele, pur ammonendo a non ripetere gli errori commessi dagli Stati Uniti dopo l’11 settembre

E chiaro che tutto Israele è rimasto molto colpito. Oggi provo ancora un sentimento di grande tristezza. Nessuno di noi immaginava che fosse possibile questo attacco così massiccio. Io credo ancora che il nostro esercito sia uno dei più forti del mondo, però oggi non capisco perché non siamo riusciti a intercettare un attacco così grave, che ora sappiamo essere ora stato organizzato da oltre un anno, e che ci ha colpito in un momento molto delicato, dopo Sukkot e nel giorno di Simchà Torà. Per cui sì, sono anche molto arrabbiato per quello che è successo, è chiaro che sono molto arrabbiato.

Ti sei dato una spiegazione delle cause di come sia stato possibile subire questo attacco così grave?

Non credo che sia colpa di IDF, penso invece che la colpa sia del governo, perché non è riuscito a comprendere che quei giorni erano molto delicati e che avremmo avuto bisogno di una maggiore attenzione e difesa. I terroristi conoscono le nostre abitudini e sappiamo che nei momenti di festa possono colpirci, come è poi avvenuto. Sappiamo anche come agiscono: si avvicinano al confine e provocano la risposta israeliana ritirandosi, fino a quando si accorgono che la difesa è allentata e allora avanzano. È successo proprio questo, e nessuno è riuscito a fermarli.

Dopo il 7 ottobre Israele sta rispondendo agli attacchi terroristici, ma si trova nella necessità di trovare un modo per riportare a casa oltre 200 ostaggi. Nel paese qual è la priorità: salvare gli ostaggi o colpire Hamas?

le immagini dell’esplosione nel pargheggio dell’ospedale di Gaza, da cui emerge che l’impatto al suolo nno è compatibile con un bombardamento pesante

È molto difficile rispondere. Certo che salvare gli ostaggi è la cosa più importante, e vanno riportati a casa. Però io credo che, per ottenere questo scopo, dobbiamo indebolire Hamas. Già oggi è più debole che una settimana fa, perché l’abbiamo attaccato a fondo. Dobbiamo riuscire a darci una strategia, dobbiamo capire come far ritornare a casa i 200 ostaggi. Io non credo che sia possibile avviare dei negoziati con questi mostri. Non si può più negoziare con Hamas dopo quello che hanno fatto con noi, perché hanno perso qualsiasi legittimità ai nostri occhi.

Tu sei in Italia, ieri sei stato ospite di un talk show televisivo. Che impressione ti ha fatto il modo con cui i media italiani raccontano questa guerra?

anche fonti internazionali terze riconoscono che le probabilità maggiori ono che l’ospedale è stato vittima di un razzo lanciato da Gaza

Mi ha colpito molto l’episodio dell’ospedale di Gaza. Tutti i media, è la mia impressione, nell’immediatezza della notizia hanno subito dato la colpa a Israele, senza cercare di accertare i fatti. Questa è una cosa che mi fa molto innervosire, è questo il motivo per cui ho scelto di venire qui e di spiegare. È stata la jihad, ormai è chiaro, a provocare quel disastro, per mezzo di un suo missile, e invece vedo che anche in Italia le fake news si sviluppano molto velocemente. Nessuno fa domande, e si tende a credere a tutto quello che si legge. Invece occorre fare delle indagini, perché ogni notizia ha sempre due lati, che vanno entrambi esaminati.

Leggi anche:

punto di non ritorno (Sergio Della Pergola)

Vogliono cancellarci (Angelica Edna Calò Livne)

primo giorno di guerra (Ronny Fellus)

Una luce per Israele (Claudio Cerasa)

Le ore più buie (editoriale Riflessi)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Condividi:

L'ultimo numero di Riflessi

In primo piano

Iscriviti alla newsletter

Riflessi Menorah