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50 anni e 1 giorno

Al quarto giorno di guerra, Israele ancora è sotto shock per l’attacco e la violenza subiti. Ricostruiamo l’inizio con Ronny Fellus

Sabato 7 Ottobre 2023,

I morti israleiani nel kibbutz di Kfar Aza (qui e sopra) ammontano a oltre 40, di cui molti bambini e neonati

50 anni ed 1 giorno dallo scoppio della guerra di Yom Kippur, simbolo della disfatta e del fallimento politico, militare e soprattutto dei Servizi d’Informazione.

Ci sono voluti 50 anni di elaborazione del lutto prima che fosse stato possibile affrontare quegli eventi. Ed ora il Paese è inondato da serie televisive, film documentari e libri con testimonianze e racconti su quei primi giorni di guerra per cercare di capire cosa è successo e come ha influenzato la coscienza collettiva.

Ore 6.30: siamo svegliati dal suono delle sirene che ululano attraverso le finestre finalmente aperte per far entrare un po’ di brezza notturna dopo un’estate torrida.

Dopo i primi 20-30 secondi di smarrimento in cui non capisci bene cosa sta succedendo, inizi ad eseguire quelle operazioni a cui tutti sono stati addestrati ormai da anni: entrare nel rifugio protetto, chiudere le finestre di acciaio e serrare la porta d’ingresso. Nel mio caso il rifugio è anche la camera da letto e dopo aver chiuso tutto, la prima reazione è quella di tornare a dormire, oggi è Shabat e Simchat Torà, alle 9.30 inizia la tefilà, un’altra oretta di sonno non mi dispiacerebbe…. Ma la mente ormai è sveglia e comincia a porsi delle domande: sarà stato un errore? La situazione è tranquilla, nessun segnale di surriscaldamento, nessuna dichiarazione né minaccia.

Mezzi militari israeliani al confine con la striscia di Gaza. (JACK GUEZ/AFP/Getty Images)

Ormai sveglio accendo il cellulare: sui siti di informazione di KAN, il servizio radiotelevisivo pubblico l’ultimo flash prima delle 6.30 è delle 5,41 e dà le previsioni di una giornata un po’ meno calda. Dalle 6.30 è invece un susseguirsi di allarmi rossi: lancio di missili, non solo Tel Aviv ma su tutto il territorio che da “Gush Dan”, l’area metropolitana di Tel Aviv, si estende fino alla striscia di Gaza, centinaia di missili ed allarmi in continuazione.

6.45: sono già passati dieci minuti dall’allarme e si può uscire. Dalla finestra guardo la strada e gli edifici circostanti: tutto tranquillo, un normalissimo sabato festivo di fine estate. Ieri notte intorno alle 23.30, di ritorno dal Festival internazionale del Cinema di Haifa, la strada era molto trafficata sia verso nord che verso sud; è il periodo in cui tutta Israele va in gita e stamattina è l’ultimo giorno per riposarsi, domani riaprono scuole e uffici.

nella sola giornata di sabato scorso, oltre 2500 razzi sono stati lanciati da Gaza verso Israele

Accendo la radio, reshet BET stazione di notizie e servizi di attualità, ma non c’è niente, una trasmissione probabilmente registrata. Anche YNET non ha nessuna notizia in Home page, solo i flash con gli allarmi e niente neanche in televisione. Provo a sentire il giornale radio delle 6 ma non c’è nessuna notizia.

7.00: l’edizione dl giornale radio sta per andare in onda e finalmente informazioni in diretta su quello che sta succedendo, Israele è sotto attacco. Centinaia di missili su tutto il territorio, Gerusalemme compresa. Si chiede alla cittadinanza di stare in allerta e di seguire le istruzioni della “difesa interna”.

7.15: Il giornale radio passa il microfono alla redazione che inizia a dare informazioni sull’evolversi della situazione e per il momento ci si concentra sul numero dei missili (alle 10 saranno già più di duemila!) e su quanti ne vengono abbattuti da Iron Dome. Non ci sono notizie di feriti o danni a cose.

7.45: nuovo allarme su Tel Aviv, si odono diverse esplosioni e non si riesce a capire se sono missili abbattuti o missili che hanno raggiunto il loro obiettivo.

Israele si preapra a entrare nella striscia di Gaza, per una guerra che il governo ha definito “lunga”

Sul cellulare arrivano sms dal Comune di Tel Aviv: i rifugi pubblici sono aperti. Sui gruppi whatsapp condominiali, qui popolarissimi, si chiede di verificare se anziani o famiglie con bambini hanno bisogno di aiuto.

8.00: la radio trasmette che un edificio di Tel Aviv a meno di 1.500 metri da qui è stato colpito, pare non ci siano feriti. In televisione parlano specialisti di cose militari alternati al personale di “Maghen David Adom”, l’attenzione si concentra sul numero dei missili e sull’eventuale numero dei feriti.

Ma poco dopo le 8 la situazione inizia a cambiare e si inizia a parlare di decine di terroristi infiltrati in Israele, anche attraverso il varco di “Erez”, che con motociclette e veicoli pick up si sono diretti verso gli insediamenti civili e militari adiacenti il confine.

Le cifre dicono che, ad oggi, Israele ha subito oltre 1000 vittime (di cui circa 160 militari), mentre la risposta ha provocato oltre 600 vittime a Gaza

All’inizio si fa fatica a capire cosa stanno dicendo: motociclette e pick up attraverso il varco di Erez, uno dei punti più controllati del mondo dove neanche uno spillo riesce a passare i meticolosi controlli e le decine di telecamere di sorveglianza? Attaccano le città ed i kibbutzim della zona? Ma di che stanno parlando? Dov’è l’esercito? Dov’è la polizia? Dove sono tutti i servizi segreti che controllano dall’alto 24 su 24 ogni centimetro quadrato della Striscia??

8.30: le notizie continuano a susseguirsi. Si parla già di 50 feriti, forse 60, ed in pochi minuti si arriva già a parlare di almeno un centinaio di feriti e probabilmente non meno di 40 vittime!!

Sono tutti sotto shock!! Si comincia a capire che il massivo lancio di missili è stato solo uno stratagemma di Hamas per distogliere l’attenzione dall’attacco via terra e far si che la popolazione civile sia nei rifugi, facilmente catturabile!

8.45: in televisione vengono trasmesse telefonate in diretta in cui cittadini in pianto chiedono disperatamente che qualcuno accorra a salvarli. I giornalisti sono ammutoliti, non sanno come gestire questa situazione e tu non riesci a capacitarti che quello che vedi e senti stia veramente succedendo.

Civili evacuati da Ashkelon

Iniziano ad arrivare video e fotografie e non si riesce a credere a quello che vedi sullo schermo: moshavim, kibbutzim, addirittura una base militare, in cui scorrazzano a piacimento terroristi armati ma anche ragazzini quindicenni arrivati in bicicletta a con una carretta per rubare un tappeto o altre suppellettili!!

9.00: la confusione è totale, nessuno riesce a capire cosa sta succedendo e perché nessuno da informazioni o si rivolge alla Nazione per dire qualcosa, non il Capo di Stato Maggiore, non il Capo della Polizia, non il Ministro della Difesa e soprattutto neanche il Capo del Governo.

9.30: si inizia a parlare di almeno 200 feriti e forse 60 vittime, combattimenti in almeno 21 insediamenti ma soprattutto iniziano a filtrare notizie che parlano di prigionieri catturati e trasferiti a Gaza. È già inverosimile pensare che decine di terroristi possano entrare liberamente in Israele, ma che possano anche rientrare con dei prigionieri ore dopo che l’evento è iniziato, va al di là ogni possibile logica.

È un incubo.

da due giorni Gaza è sotto i colpi di artiglieria e dell’aviazione israeliana

9.45: sullo schermo si vede una ruspa che abbatte interi pezzi di rete e decine di persone vanno e vengono, alcuni armati altri no, alcuni giovani altri solo ragazzini adolescenti che urlano e ballano davanti alle telecamere. In un altro video si vede il giardino di un insediamento che potrebbe essere un kibbutz o un moshav ed un giornalista fa un servizio davanti alla sua troupe ed indica le case in fiamme, in giro si vedono terroristi che passano da una casa all’altra.

Lo Shock è totale ma più di ogni altra cosa è l’assenza di Zahal che dispera.

Tutti parlano di un nuovo disastro di Yom Kippur esattamente 50 anni dopo.

50 anni fa il disastro fu triplice, dei Servizi d’Informazione dell’Esercito e di tutta la Dirigenza Politica, ma allora, con il sacrificio di centinaia di soldati, si è potuto evitare che gli eserciti bene armati di due nazioni riuscissero ad arrivare agli insediamenti civili uccidendo e catturando prigionieri civili e militari.

Oggi nel 2023, un centinaio di terroristi senza aviazione carri armati o cannoni, è riuscita a mettere in ginocchio una Nazione che si vanta di avere uno degli eserciti più potenti del pianeta.

mezzi israeliani sul Sinai nel 1973

Non è un nuovo Yom Kippur, il 7 Ottobre del 2023 sarà ricordato per sempre come la Pearl Harbour ebraica. Una tragedia così in Israele non si è mai vista, né prima né dopo la nascita dello Stato.

La giornata proseguirà con un susseguirsi di notizie ed eventi che sono difficile da descrivere e raccontare, e continuano le ricerche disperate di genitori e familiari che hanno perso il contatto con i loro cari e nessuno dà loro alcuna informazione.

Il portavoce di Zahal parla in tv ma per forza di cose non può dire quasi nulla, i combattimenti sono al loro apice e non si passano informazioni al nemico.

I leader dell’opposizione Benny Ganz e Yair Lapid chiedendo un Governo di Unità Nazionale che affronti l’emergenza.

Arrivano notizie che tutti i decreti  legge e i disegni legge previsti dalla discussa Riforma Legislativa che ha lacerato il Paese, sono decadute e l’unico tema all’ordine del giorno è la Sicurezza Nazionale.

Netanyahu durante una riunione d’ermegenza. A fianco il ministro delal difesa, Gallant. Sembra prossima la formazione di un governo di unità nazionale

Parlerà anche il Capo del Governo ed userà un vocabolo che è ormai nella bocca di tutti: GUERRA. Questo non è un evento militare e neanche un’operazione speciale. Israele è in guerra con Hamas.

18.30: sono passate più di 12 ore ed in televisione vengono ancora trasmesse telefonate con richieste di aiuto. Intere famiglie con vecchi e bambini sono chiusi da ore nei rifugi, nel terrore di essere catturati o uccisi insieme ai propri cari. La disperazione è totale. Si continua a combattere in almeno sette insediamenti e l’esercito non è ancora riuscito a riprendere il controllo della situazione e liberare gli insediamenti occupati.

Anche solo l’uso di queste parole “liberare gli insediamenti occupati” è ancora impossibile da digerire e comprendere fino in fondo.

19.00: Inizia a fare buio e ci si prepara ad una notte difficile. Si accumulano viveri ed acqua nel rifugio. Girano notizie di tutti i tipi e si fa fatica a distinguere la verità dalla fantasia, ma ormai sono cadute tutte le certezze.

Alle 20 in punto suonano di nuove le sirene su Tel Aviv e poi ancora venti minuti dopo. Un palazzo non lontano da qui è stato colpito, fortunatamente non ci sono vittime.

in queste ore sono stati richiamati oltre 300.000 riservisti, il numero più alto mai raggiunto

Alle 22 ci si chiude nel rifugio e da lì si seguono i servizi dei telegiornali. Si parla di almeno 300 vittime ed almeno 800 feriti, non si hanno notizie del numero di prigionieri ma pare confermato che ci sono sia militari che civili, compresi vecchi donne e neonati.

Gli esperti parlano di scenari apocalittici di cui la giornata di oggi è solo il “promo”. Altri fronti si possono aprire con Hezbollah al nord, o in Cisgiordania, con l’ombra di Teheran che potrebbe approfittare di tutta questa situazione per attaccare in chissà quale modo.

L’esercito ha iniziato a reagire con tutte le sue forze. Sono stati richiamati i riservisti e diverse divisioni sono scese al sud dove i combattimenti sono ancora violenti e diffusi mentre l’aviazione ha iniziato i bombardamenti, ma tutti capiscono che con decine di prigionieri tenuti in ostaggio dai terroristi i margini di manovra sono ridottissimi.

Alla fine di una giornata che sarà ricordata come uno delle più terribili nella Storia moderna del Popolo Ebraico la cosà che più di ogni altra è stata forse irrimediabilmente danneggiata è l’immaginario collettivo, l’Ethos che ha unito questo popolo in Zahal, simbolo della resurrezione e della garanzia che non ci potranno più essere tragedie.

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