Lì erano tante cose che venivano al pettine, c’era da un lato il pensare alle cose di mia madre, questa ossessione per i tedeschi, c’erano tanti elementi che si saldavano, anche incluso il fatto che, non avendo avuto nessuna educazione religiosa, in qualche modo la religione rimane un fatto anche molto misterioso, affascinante, che tu non hai conosciuto. Che però è lì, lo vedi. Lo vedi negli altri, ma lo vedi. Di solito io l’ho visto negli altri legato alla dimensione cattolica. A me della religione cattolica non è mai importato.

Per alcuni scrittori la religione cattolica è molto importante.

Sì ma a me non ha mai detto granché. Non mi ha mai particolarmente affascinato. Io per esempio non ho mai amato andare ai funerali. Probabilmente non piace a nessuno. Per me è proprio una sofferenza. Sono andato poche volte. Tutta la liturgia cattolica dei funerali io la trovo terribile. L’unica volta, o le due volte in cui ho partecipato a un funerale ebraico, io l’ho trovato molto più rasserenante. Più lieve. Questo elemento di persone che si muovono. C’è un elemento scenografico.

È molto complesso tutto quello che si muove intorno a un funerale ebraico. Serve tutto per non farti entrare nel vortice della depressione. Perfino i sette giorni del lutto servono per guardarti, per non farti stare da solo. Non puoi uscire.

Mi ricordo vagamente, poi era anche un funerale terribile perché era Giovannino Forti, quando morì di AIDS. Però io mi ricordo quel rito io lo trovai molto rasserenante. Mentre l’anno scorso di questi tempi è morto Enzo Golino, io sono andato al funerale, che hanno fatto nella chiesa di Piazza Del Popolo. Fu terribile.

A me ha fatto molta impressione il funerale di Natalia Ginzburg. Perché era in chiesa. Era assurdo.

Il funerale di Natalia era assurdo. Io ero sconcertato. Però lei…

Lei ha rifiutato il suo ebraismo.

Sua mamma non era ebrea, evidentemente per lei questa cosa era vera per certi aspetti.

Lei si considerava ebrea. Però si comportava in un altro modo.

Io credo che in Natalia, ora è morta da tanti anni, ci ho pensato qualche volta, perché siamo stati molto amici, l’ebraismo sia stato una specie di dover essere, un “Sollen”. Io penso che in lei c’è questo elemento, che non le corrisponde fino in fondo. Il funerale ne era la rappresentazione. Io mi ricordo che sono andato lì, a casa, e poi Carlo, suo figlio, mi ha detto poi ci vediamo in quella chiesa che sta a Piazza Cairoli, San Carlo ai Catinari. Io mi ricordo che non sono entrato, sono rimasto sulla scalinata.

Io pure non sono entrata, sono andata e non sono entrata. Grazie, Mario, per questa bella intervista.

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