Lotta all’antisemitismo e sostegno alle piccole comunità: ecco le priorità dell’Ucei
Gianni Parenzo, 79 anni, avvocato, da 4 anni è presidente della comunità ebraica di Padova. A Riflessi racconta la sua comunità e come vede il futuro dell’ebraismo italiano
Presidente Parenzo, che comunità è quella di Padova?
Gli iscritti oggi sono circa 170, nel recente passato eravamo 200, anche se a fine Ottocento qui vivevano un migliaio di ebrei, e negli anni Trenta erano ancora 300. Oggi siamo una comunità piccola, inoltre alcuni nuclei familiari vivono fuori Padova, di conseguenza è ristretto il numero delle famiglie che frequentano il tempio, e così non sempre riusciamo ad aver minian, soprattutto in tempi di Covid, anche se, paradossalmente, l’obbligo di prenotazione ha di recente permesso di organizzarci meglio, e di avere una presenza sicura su cui contare.
E l’ebreo padovano, che ebreo è?
Appartiene alla media borghesia, storicamente ha sempre esercitato professioni liberali. Abbiamo avvocati, medici, commercianti. Direi inoltre che siamo una comunità senza particolari contrasti o conflitti.
E i giovani?
Quello dei giovani è uno de problemi della nostra comunità. Se consideriamo i giovani da 0 a 20 anni, a Padova non ce ne saranno più di una decina. Il fatto è che risulta difficile trattenerli, e poi noi scontiamo anche un altro fatto.
Quale?
Gli ebrei della mia generazione, tra gli anni Sessanta e Settanta fecero l’Alyà. Si trattò più o meno di un’intera generazione, è questo evento certamente ha depauperato molto la comunità, anche in una prospettiva futura, che oggi paghiamo. Inoltre ci sono gli ebrei padovani che vivono nelle grandi città, dove è più facile trovare lavoro. Io stesso ho un figlio che vive a Roma.
Qual è stato il contributo degli ebrei padovani alla città?
Costante e significativo. Vede, la nostra comunità ha sempre interagito con la città e con le sue istituzioni. Ancora oggi lo facciamo, sia con il comune che con l’università, con cui organizziamo iniziative che hanno al centro il nostro museo, ricavata dall’ex sinagoga ashkenazita, incendiata dai fascisti, e restaurata nel 1998.
Che effetti ha avuto la guerra sugli ebrei di Padova?
Ci furono 48 ebrei padovani deportati. Solo 2 sono ritornati. Poco distante dalla città c’era un centro di raccolta, a Vo Euganeo, dove gli ebrei arrestati furono convogliati nel dicembre del 1943, e poi nel luglio del 1944 furono inviati ad Auschwitz.
Padova sarà la città capofila della prossima giornata della cultura ebraica europea. Può darci qualche anticipazione?
Stiamo ancora lavorando al programma, che quest’anno ha come tema “Dialoghi”. Ci sarà uno spettacolo teatrale, poi approfondiremo il tema di come le istituzioni italiane si sono rapportate storicamente con le comunità ebraiche. Inoltre organizzeremo un evento legato alla cultura locale. Il sindaco Tullio Civita, ad esempio, all’inizio del Novecento si attivò per salvaguardare e conservare la cappella degli Scrovegni. Infine stiamo pensando anche a un dialogo riguardo il femminile sull’ebraismo, e un evento di musica Klezmer.
In autunno l’UCEI si rinnoverà. Che priorità dovrebbe avere il nuovo consiglio secondo lei?
Do un giudizio positivo dell’attuale consiglio, e spero che il nuovo continui sulla stessa linea. A mio avviso le priorità sono la lotta all’antisemitismo, specie sui social, che va contrastata. Per questo è importante capire come Israele è rappresentato sui media. Per quanto riguarda le attività culturali, purtroppo il Covid ha avuto un effetto negativo, comunque direi che sarebbe importante potenziare l’ufficio di rav Roberto Della Rocca (direttore del dipartimento delle attività culturali – DAC – dell’UCEI, n.d.r.), perché uno degli scopi dell’UCEI è tutelare il nostro patrimonio culturale. Infine, occorre aiutare le piccole comunità, per esempio con i campeggi del DAC, che sono per noi vitali, a cui io stesso ho sempre partecipato, perché dà la possibilità alle piccole comunità di vivere ebraicamente. Il vero pericolo per le piccole comunità, infatti, è questo: perdere l’abitudine a vivere da ebrei.
A questo proposito, come vede il futuro dell’ebraismo italiano?
C’è sempre stata l’apprensione per il futuro dell’ebraismo italiano, da quando gli studi del prof. Sergio Della Pergola, prevedevano la scomparsa delle comunità. Così però non è stato, anche se certo qualche perdita l’abbiamo avuta. Se guardo a noi, penso a Rovigo, che già nel 1930 si è unita a Padova. Oggi a Rovigo ci sono 2 cimiteri ebraici, ma non ci sono più ebrei. Per questo credo che qualche piccola comunità si unirà con quella a lei vicina e si faranno consorzi, ma non sarei così pessimista, né per l’ebraismo italiano, né per le piccole comunità.
Questa è la nona tappa del viaggio nelle comunità ebraiche italiane.
In precedenza siamo stati a Torino, Venezia, Casale Monferrato, Trieste, Napoli (qui e qui), Firenze, Livorno e Verona