Israele lotta per difendere sé stesso

Emauele Fiano spiega la posizione di Israele, tra lotta al terrorismo di Hamas, diritto di difendersi, salvezza degli ostaggi, rispetto del diritto internazionale

Emanule, qual è stata la tua reazione alle prime notizie che arrivavano da Israele il 7 ottobre?

Emanuele Fiano, architetto, già presidente della comunità ebraica di Milano, è stato deputato Pd dalla XV alla XVIII legislatura

È come se avessero colpito direttamente qualcuno della mia famiglia. La mia prima reazione infatti è stata quella di telefonare a parenti e amici per avere informazioni su di loro, per sapere se fossero al sicuro.

Vorrei provare a ragionare con te di questa crisi sul piano politico. Innanzitutto: Hamas potrà ancora essere un interlocutore in Medio Oriente, o va considerato ormai alla stregua di come gli Alleati trattarono il regime nazista?

Non tornerei indietro fino alla Germania nazista, direi piuttosto che Hamas può essere paragonata a quello che l’Isis è stata per l’Occidente. Per alcuni di noi, del resto, non è certo una scoperta recente. Conosciamo lo statuto di Hamas fino dalla sua fondazione, l’abbiamo letto parola per parola, e sappiamo quale ideologia la animi. Hamas è nata ostacolando il percorso di pace siglato a Oslo e sappiamo anche come risolsero la questione della concorrenza con l’Olp sulla Striscia di Gaza: dopo aver vinto le elezioni nel 2006 decisero semplicemente di liquidare gli uomini di Fatah uccidendo oltre 500 suoi funzionari. C’è stato solo un momento in cui si è pensato che potesse operare come un soggetto politico, quando Aniyeh è stato nominato primo ministro, ma quella aspettativa è durata solo un lampo, perché da subito Hamas ha dimostrato di essere contro i palestinesi e contro una soluzione politica.

Hamas dispone di un numeroso arsenale, che utilizza, anche in questi giorni, per lanciare attacchi contro la popolazione civile israeliana

Si può chiedere a Israele di limitare la propria risposta? In altre parole: che limiti possono chiedersi a Israele nel suo intervento a Gaza?

Eviterei personalmente di dare consigli di tipo tecnico e militare a chiunque. Noi non conosciamo nulla della potenza militare di Hamas, né sappiamo come si sia dislocata sopra e sotto Gaza. Probabilmente solo Hamas, Israele, e qualche servizio di intelligence conoscono la realtà sul terreno, e hanno un’idea di quello che si dovrebbe fare. Io posso solo osservare che ciò che è accaduto il 7 ottobre è diverso da tutti gli altri conflitti che abbiamo registrato nell’ultimo quindicennio fra Hamas e Israele. C’è inoltre da tener conto dei 200 ostaggi che ancora oggi sono nelle mani di Hamas, e anche della situazione politica di Israele, del tutto nuova.

Benny Ganz, ex capo di stato maggiore, è entrato nel gabinetto di guerra del governo israeliano

Oggi Netanyahu governa affiancato da alcuni rappresentanti che erano all’opposizione, primo fra tutti Benny Ganz, entrato nel gabinetto di guerra, in cui si prendono le decisioni operative. Infine faccio un’altra osservazione: per chi come me ascolta ogni giorno i media israeliani, è evidente la tensione che scorre all’interno della società, ma anche tra l’esercito e il governo. In questa situazione, emotivamente molto tesa, non è facile prendere decisioni, e ogni opzione militare solleva dubbi e richiede un’attenta riflessione. Per cui non so che risposta dare alla domanda se Israele deve entrare militarmente a Gaza. Posso dirti soltanto questo: comprendo e condivido pienamente l’idea che Hamas vada spezzata nella sua capacità militare, nella sua capacità di produrre nuovo terrorismo. Mi rendo conto che si tratta di processi complessi, i cui risultati possono anche non essere immediati, in cui è necessario trovare la strada per evitare il maggior numero di vittime civili.

In una situazione così drammatica, quale potrà essere l’interlocutore per Israele nel mondo palestinese?

Il Presidente dell’ANP Abu Mazen

Mi sembra molto difficile poter rispondere ora, perché la leadership palestinese è fortemente indebolita. Se sto a quello che è stato dichiarato dai più importanti alleati di Israele, mi sembra che l’orientamento sia quello di riprendere il discorso e il dialogo con la ANP, anche se al momento non si sa ancora bene da chi potrà essere rappresentata.

Quali sono le responsabilità del governo Netanyahu nella gestione del conflitto?

Come sai sono sempre stato vicino alla sinistra israeliana, che in questi anni è stata all’opposizione, ma in questo momento la priorità è garantire la salvezza del paese. Mi sento perciò di rispondere allo stesso modo di come fanno i miei tanti amici in Israele, che nell’ultimo anno sono scesi continuamente in piazza per opporsi alla riforma della giustizia da parte del governo. Sono gli stessi amici che negli anni precedenti hanno manifestato sinceramente per la pace, ma che in questo momento, come tutto il resto del paese, probabilmente non risponderebbero al problema delle responsabilità del governo, perché sono impegnati a manifestare per la salvezza di Israele.

riservisti dell’esercito israeliano

Molti di loro hanno i figli richiamati nell’esercito, dislocati nei pressi di Gaza, oppure al confine a nord, vicino al Libano. Tutti noi in questo momento siamo impegnati nella salvezza di Israele, è solo poi verrà il momento di capire quello che è successo, di accertare le responsabilità. Onestamente, quello che mi colpisce però è che, ascoltando le tante voci che provengono da Israele, il paese mostra ancora un altissimo tasso di democrazia, una qualità rara non solo in Medio Oriente, ma anche in altre parti del mondo. Ogni giorno in Tv e alle radio il governo è oggetto di critica. La questione della successione a Netanyahu è nei fatti, e lo dimostra il gabinetto di guerra allargato, come ho detto prima. Del resto i servizi di intelligence hanno già dichiarato di aver commesso degli errori, e alla fine anche Netanyahu ha dovuto ammetterlo, nell’ultimo discorso alla Knesset.

Che ruolo può giocare l’Europa in questa crisi?

Una seduta del consiglio europeo

Mai come ora si sente l’assenza di una politica estera comune, la cui mancanza è causata dal fatto che non esiste una difesa europea comune. Abbiamo assistito nei giorni scorsi alle visite di molti capi di governo e di Stato, che hanno offerto la loro solidarietà a Israele, alcuni dei quali sono stati anche da Abu Mazen, ma una voce comune europea ancora non c’è. Tuttavia, registro anche che il Parlamento europeo si è orientato su alcuni capisaldi, che è importante sottolineare, come la salvaguardia del diritto di Israele a difendersi, o la richiesta di fare ogni sforzo per attutire e ridurre le sofferenze della popolazione civile a Gaza. Anche l’Europa ha però le sue enormi responsabilità in questa crisi.

A cosa ti riferisci?

Tony Blair è stato inviato per il Quartetto (ONU, UE, USA, Russia) per il conflitto mediorientale dal 2007 al 2014

Potrei citare l’incarico dato alcuni anni fa a un famoso politico europeo, Tony Blair, nominato rappresentante europeo per la questione mediorientale. In tanti anni in cui Blair ha svolto il suo incarico, non ha saputo produrre neanche un convegno, neanche un documento, neanche un rigo che permettesse di fare un solo passo avanti nella soluzione del conflitto. Ora mi domando: l’Europa non era capace di vedere a cosa si stava andando incontro? Non si è mai accorta delle risorse che Hamas ha ricevuto e che ha destinato alla sua rete di tunnel, ad armarsi, piuttosto che ad aiutare la popolazione di Gaza? Non ci siamo accorti dell’interferenza dell’Iran nell’area? D’altra parte, l’Europa non è certo da sola in questa responsabilità.

A chi altro pensi?

l’ONU ha votato una risoluzione, non vincolante, per il cessate il fuoco

Naturalmente all’ONU. Questa organizzazione ha dimostrato ancora una volta che nelle situazioni di guerra non riesce ad avere alcuna incidenza. Certo, ci sono le agenzie ONU che tutelano i vari rifugiati nel mondo, i profughi, e quelle magari qualche risultato lo ottengono, ma sul piano politico, quando cioè si tratterebbe di intervenire per evitare il disastro a cui ora assistiamo, l’ONU è del tutto assente. Più in generale direi che la politica del mondo a essere assente. E dai tempi di Bill Clinton, infatti, che l’occidente non compie un serio sforzo per arrivare a una soluzione politica del conflitto fra Israele i palestinesi, e ora ci troviamo addirittura al rischio concreto di un allargamento del conflitto.

Come giudichi la posizione assunta dal governo italiano in questa crisi?

Giorgia Meloni e Antonio Tajani

Il governo Meloni, grazie anche alle azioni del ministro degli Esteri Tajani, sta tenendo una posizione simile a quella del resto d’Europa, sottolineando il diritto di Israele a difendersi, e auspicando una risposta che non produca troppe vittime civili. Si tratta di una posizione condivisibile, anche se poi, in concreto, nessuno riesce a spiegare come questo sia concretamente fattibile.

Nelle manifestazioni a favore della Palestina di questi giorni si sono registrati comportamenti e slogan antisemiti, tra cui quelli a Milano e Bologna, quando si sono ascoltati cori inneggiare la morte di ebrei e il paragone fra il nazismo e Israele.

sabato scorso attivisti Pro-pal hanno strappato la bandiera di Israele dalla sede Fao a Roma

Come sai, insieme al consigliere comunale Daniele Nahum, abbiamo inoltrato una formale denuncia alla Procura della Repubblica. Credo che questi slogan siano l’eterno ritorno di un pregiudizio antisemita duro a morire. In certi ambienti di una sinistra minoritaria, che potrei definire terzomondista, si ragiona in base ad un’equazione del tutto errata, per cui Israele è forte e quindi ha torto, mentre i palestinesi sono deboli e quindi hanno ragione. E una posizione che prescinde da qualsiasi analisi e conoscenza della storia del conflitto e di quella regione, che in alcuni casi sfocia in un evidente antisemitismo, come dimostrano quegli slogan. Peraltro, immagino si tratti delle stesse persone che ogni anno il 25 Aprile a Milano aggrediscono e insultano la Brigata ebraica: sono nemici degli ebrei e di Israele.

Tu sei stato per molti anni parlamentare del Partito Democratico e ancora oggi nei sei un suo dirigente. Come valuti la posizione del PD in questa crisi?

Fiano, con Daniele Nahum (consigliere PD a Milano) ha presentato denuncia alle autorità per le frasi antisemite scandite in una manifestazione a favore della Palestina

Ho già dichiarato che la segretaria Schlein ha espresso una posizione molto chiara e netta fin da subito, tenendo la barra a dritta sul diritto di Israele di difendersi. Ricordo che è stata l’unica segretaria la quale, all’indomani dell’attacco terroristico di Hamas, è stata ringraziata pubblicamente dall’ambasciatore di Israele per le affermazioni espresse. Anche gli interventi in aula suoi e del responsabile esteri, Provenzano, sono stati corretti, compresi quelli negli ultimi giorni. Il PD parla di una pausa umanitaria, quello che chiedono anche i paesi che appoggiano Israele, come l’Italia, utilizza espressioni attente e meditate. Ovviamente, più andrà avanti questa crisi e più aumenterà la richiesta perché si trovino soluzioni che impediscano che aumenti il numero dei morti civili a Gaza – pur tenendo conto che i numeri che circolano sono forniti da Hamas e pur tenendo conto che molto dipende anche dall’utilizzo che Hamas fa dei civili. Ho apprezzato quindi la posizione del PD: dobbiamo avere una posizione equilibrata ed essere capaci di immaginare una soluzione politica per il futuro dell’area. Ma oggi non possiamo che ribadire il diritto di Israele a difendersi dal terrorismo di Hamas, come farebbe qualunque paese al mondo, sperando che la sua azione riduca al minimo possibile il coinvolgimento di civili.

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