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Guarda, Israele ha già ¼ di cittadini arabi con passaporto israeliano. Dal punto di vista formale hanno gli stessi diritti, ma sostanzialmente non è così. Secondo me il rischio, te lo dico da ebreo, è che la nascita di uno stato binazionale faccia esplodere la tensione, per mano della destra nazionalista e anche di una comunità ultraortodossa poco affidabile; insomma, il timore è che uno stato del genere possa cedere sui principi democratici. Per questo preferisco la soluzione dei 2 stati, anche se è molto difficile. Occorre partire da una maggiore autonomia per i palestinesi; il resto si vedrà.

A proposito: come ti sembra il modo di raccontare il medio oriente, e Israele in particolare, da parte dei media italiani? Ed è vero che diamo troppo poco spazio alle notizie che provengono dal mondo?

Ormai del conflitto tra Israele e palestinesi se ne parla pochissimo; tieni conto che i corrispondenti da Gerusalemme sono scesi del 75%. D’altra parte, se a poca distanza da Israele c’è la Siria, con un’enorme emergenza umanitaria e politica, si capisce che l’interesse dei media si sposta. Per il resto, non credo che noi siamo più provinciali degli altri. Anche se è ovvio, la gente legge più volentieri del vicino di casa, che di quello che succede più lontano.

Il presidente Mattarella con il premier Draghi

Per venire a casa nostra: a tuo avviso l’elezione del presidente della Repubblica sarà guardata con interesse dagli altri Stati? In altre parole, quanto contiamo nello scenario internazionale?

In questa fase è ancora presto. Direi che la figura del capo dello Stato è di essere una garanzia. In Europa si vuole una figura che garantisca i valori europei, soprattutto nel caso che dovessero arrivare al governo le destre.

Ma è vero che le scelte di un paese possono essere influenzate dall’esterno?

In un certo senso sì. Ovviamente non c’è nessun complotto. Qui a Bruxelles però mi rendo conto che siamo inseriti in un sistema di relazioni che ogni giorno decidono sulla nostra vita quotidiana, dalle piccole cose a quelle fondamentali. Quindi, politici e funzionari si rendono conto, venendo in Europa, di ciò che è considerato accettabile e di ciò che non lo è, e questo ha una sua influenza sulla politica nazionale.

il libro scritto da Renato Coen con Federica De Sanctis

Un’ultima domanda. Tu sei ebreo; secondo te questo incide nel tuo approccio al modo di fare giornalismo?

Premetto che esistono eccellenti giornalisti ebrei, e pessimi giornalisti ebrei (cosa che vale anche per tutti gli altri). A parte questo, non lo so se il mio modo di fare giornalista è differente; posso dirti però che la mia identità ebraica è molto presente, per come io la concepisco: come una costante attenzione alla minoranza, un’attenzione ai bisogni dei più deboli, una difesa della laicità. I miei genitori mi hanno insegnato cosa significa essere ebrei osservanti, ma anche l’importanza della separazione della sfera religiosa interiore da quella esteriore. E poi credo che l’informarsi, il leggere, il non seguire l’onda, sia fondamentale. Questa è la mia identità, e questo è il mio approccio alla professione.

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