L’ebraismo italiano? Un modello unico che va conservato
Rav Umberto Piperno, rabbino capo a Verona e Merano, racconta le difficoltà di due piccole comunità, mentre l’ebraismo italiano rischia di perdere i caratteri che lo rendono unico al mondo
Rav Piperno, da quanto tempo è il rabbino di riferimento della comunità di Verona e di Merano?
Per volontà di Rav Richetti z.l. sono venuto a Verona per il primo incontro durante la festa di Hanukkà del 5780 (2020, n.d.r.); a causa Covid, tuttavia, all’inizio non mi è stato possibile essere presente con continuità. A Shabbat Beshallach (gennaio 2021, n.d.r.) abbiamo potuto organizzare un incontro con il Consiglio, poi sono tornato per Purim, ed è solo dal 1° aprile che sono stato nominato rabbino capo. Desidero ricordare con affetto le ultime parole che mi rivolse Rav Richetti: “Ti conosco da bambino, ho visto come hai operato con Rav Toaff che ha sempre avuto una grande fiducia in te, sei stato mio successore a Trieste con grande successo, per questo già ti ho affidato Merano ed ora con grande tranquillità ti affido anche Verona, la comunità di mia moglie. Grazie per aver accettato un incarico delicato come gli oggetti cari, che più sono piccoli e più necessitano di attenzioni”.
Lei ha una grande esperienza riguardo le comunità ebraiche italiane, perché è già stato a Trieste e Napoli. Inoltre ha vissuto anche alcuni anni negli Stati Uniti.
È vero, sono stato Rabbino capo prima a Trieste, dal 1996 dal 2006, e poi a Napoli, aiutato dal Maskil Ariel Finzi, dal 2014 al 2016. A New York sono stato Rabbino dei Sefarditi nella comunità Beth Aharon. Lì parlavo a circa 200 famiglie israeliane, per cui purtroppo mi esprimevo sempre in ebraico e pochissimo in inglese, per cui ricordo che anche gli ashkenaziti venivano a sentire le derashot di shabbat. Mi piace ricordare che quando mi domandavano dove avessi imparato il mio ebraico, rispondevo: al Collegio Rabbinico Italiano! In generale, alla Yeshivà University che ho frequentato per cinque anni anche dopo avere ottenuto la Semichà americana ho capito che il modello italiano va…esportato all’estero proprio per il suo carattere di apertura e modernità nella tradizione. Forse in Italia è nato un ebraismo open orthodox.
In base alla sua esperienza, come veniamo percepiti noi ebrei italiani dal resto del mondo ebraico?
Purtroppo nell’ultimo secolo l’ottima reputazione dell’ebraismo italiano ha visto un declino, non solo demografico, inarrestabile, e coincide con la crisi delle scuole rabbiniche a cui Rav Toaff aveva risposto con fierezza e competenza. Il titolo rabbinico italiano, che richiedeva un’altra laurea, viene spesso sostituito da titoli di yeshivot lontane anni luce dallo studio della Storia e dei Responsa dell’ebraismo italiano. Lo stesso è a dirsi per la situazione nei tribunali Rabbinici, che non tengono minimamente conto delle esigenze delle piccole Comunità.
E a Verona? che problemi affronta una piccola comunità?
A Verona abbiamo 103 iscritti. Il primo problema affrontato è stato…. dove far acquistare il pane! B.H. sono riuscito a coinvolgere una panetteria dietro piazza Bra controllando farine, kasherizzando recipienti e forno al fine di avere tutti i giorni un prodotto parve. Inoltre ho anche risolto il problema della rechizà dei defunti maschi, con l’aiuto di un consigliere e senza ricorrere ad organismi esterni. Attualmente la cucina comunitaria è pronta con tutto il necessario per eventi e …matrimoni. Manca però un miqvè ed ogni volta affrontare ore di viaggio è un grande sacrificio. Ad ogni modo, sto riorganizzando il talmud Torà; al momento abbiamo quattro bambini di età diversa che ancora non sanno leggere. Per gli adulti invece ho istituito una lezione settimanale, che tengo anche per gli iscritti di Merano. A Merano, di cui pure sono Rabbino Maggiore, gli iscritti sono 44, sparsi in tutta la Regione, e devo dire che seguono con grande volontà gli appuntamenti di studio che organizzo.
Ci può descrivere la sua giornata tipo?
Il mio primo compito quotidiano, uscito da casa, è la visita quotidiana in panetteria. Dopo vengo in ufficio, dove la maggior parte degli impegni svolti riguardano situazioni pregresse che stiamo sistemando. Ho poi incontri e qualche lezione con il cantore dell’arena che mi aiuta nella hazanut, mentre la domenica la dedico ai bambini. Il pomeriggio, dopo aver aiutato mia moglie nelle difficoltà del trasloco e dopo le lezioni al collegio rabbinico, cerco di fare telefonate agli iscritti più anziani e studiare un po’. Ogni venerdì mattina, infine, telefono personalmente per assicurare il minian sabbatico; spesso ci riusciamo il venerdì sera, meno il sabato mattina. Insomma, gli sforzi e gli impegni sono tanti.
Tra poche settimane l’ebraismo italiano rinnova i propri organismi, con il voto per l’Ucei. Se lei dovesse indicare alcune priorità che il nuovo consiglio dovrebbe mettere in agenda, quali segnalerebbe?
Vorrei ricordare che dal presidente della comunità di Trieste, Nathan Wiesenfeld z.l., ho appreso la necessità di instaurare un modello di kavod personale tra Presidente e Rabbino, nel nostro caso basato sui proverbi yiddish. In generale, ritengo che in ogni decisione occorra mostrare, come credo di aver sempre fatto, la capacità di mediare all’interno, ma al tempo stesso essere di grande fermezza elegante verso l’esterno. Ho inoltre imparato a Trieste l’importanza dell’impegno e della collaborazione tra i consiglieri. Quanto all’Ucei, la priorità è salvare le piccole comunità dalla assimilazione, puntando sui giovani, per creare matrimoni e tanti figli. Inoltre dobbiamo tornare a scrivere e pubblicare in inglese ed in ebraico per farci conoscere, dobbiamo creare un turismo responsabile che sia riconosciuto a livello internazionale, senza bisogno di operatori lontani culturalmente dall’ebraismo italiano.
Questa è la tredicesima tappa del nostro viaggio nel rabbinato italiano.
Per leggere le altre tappe del viaggio: Rav Arbib, Rav Della Rocca, Rav Momigliano (qui e qui), Rav Spagnoletto, Rav Dayan (qui e qui), Rav Di Porto, Rav G. Piperno, Rav Sermoneta, Rav Somekh, Rav Hazan, Rav Punturello e Rav Caro
Una risposta
Molto apprezzabile il discorso del rav Piperno.
Va sempre sottolineato che la storia e la cultura specifica dell’ebraismo d’Italia è un patrimonio che andrebbe conosciuto valorizzato ed anche “esportato” …