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Dal secondo o terzo anno ognuno del gruppo degli italiani si cercò alloggi in posti più centrali in città. Io riuscii ad andare in una Casa dello studente destinata agli studenti del Master (benché stessi ancora al terzo anno del B.Sc.), con camere singole grandi e accoglienti, vicina a dove diversi anni dopo avrebbero costruito la residenza del Capo dello Stato. Una bella zona, chiamata Kiryàt Shemuèl. E infatti quella Casa dello studente fu poi smantellata per farne un lussuoso edificio di appartamenti. Stavo lì quando ci fu la missione a Entebbe, nel luglio ’76, e ai balconi appesero un gigantesco striscione con su scritto Kol haKavòd leTzàhal (“grande onore all’esercito d’Israele”).

Dahab, maggio ’78, il Rav tutto coperto per non scottarsi

Si trovava a rechov Itamàr ben Avì, una strada a senso unico. Quando una volta prenotai lo sherùt (taxi collettivo) che mi doveva portare all’aeroporto, spiegai al responsabile dell’agenzia dei taxi come si arrivava a rechov Itamàr ben Avì. Mi rispose, con la gentilezza di modi tipica degli israeliani, soprattutto gli autisti di taxi: “Mi vuoi dire pure chi era Itamàr ben Avì, quando nacque e cosa fece!?” (Per la cronaca, Itamàr ben Avì era il figlio di Eliezer Ben Yehudà, colui che “resuscitò” l’ebraico come lingua parlata, e Itamar fu il primo bambino che crebbe con l’ebraico come madre-lingua, o meglio padre-lingua).

Quella zona, Kiryàt Shemuèl, la conoscevo bene perché alla fine del secondo anno (estate 1975), essendo stato incluso nella lista degli studenti mitztayenìm (distinti) grazie alla buona media dei voti, ricevetti una borsa di studio per un lavoro di ricerca in uno dei dipartimenti della facoltà. Era la mia prima ricerca in biologia. Scelsi di svolgerla al Dipartimento di Genetica, che era ospitato in un edificio storico denominato “Terra Santa” situato a Kiryàt Shemuèl proprio di fronte a dove ora c’è la residenza presidenziale. Come si capisce dal nome, si trattava di un edificio di proprietà di un’associazione cattolica italiana, come molti altri edifici a Gerusalemme.

rechov Itamar ben avi, sede della casa dello studente

“Terra Santa” rimase in affitto all’Università ebraica per diverso altro tempo e dopo Genetica, che nel frattempo era stata trasferita nel campus di Ghivat Ram, ospitò l’Archivio centrale della Storia del popolo ebraico. Proprio lì, circa 30 anni dopo quel mio primo lavoro di ricerca biologica, visionai e fotografai – grazie a Renato Spiegel che me lo mise a disposizione – l’intero manoscritto del diario del rabbino Giacobbe Fasani, che fu rabbino capo di Roma a metà Ottocento. Sulle Toledot Yaaqov ho recentemente fatto uno studio pubblicato dal Museo ebraico di Roma in occasione della mostra sugli ebrei romani nel Risorgimento. Ora l’Archivio centrale è situato a Ghivat Ram, all’estremità opposta all’ingresso principale dell’Università ebraica, in una sede provvisoria a dire il vero non molto dignitosa (era meglio “Terra Santa”).

Senza entrare troppo nei dettagli, in che consisteva quel tuo primo progetto di ricerca estivo a Genetica?

Sede, negli anni ’70, della casa dello studente a Kiryat Shemuel

Dapprima ero stato assegnato a un prof di biologia molecolare con un progetto sulla microscopia elettronica del DNA e per questo, prima dell’inizio della borsa di studio, essendo stato in Italia ad agosto, mi ero comprato un testo in italiano sull’argomento. (In quell’occasione ebbi anche modo di andare al mio primo Campeggio FGEI a S. Sebastiano in Folgaria, a cui, una volta tornato in Italia, sarebbero seguiti un’altra decina di campeggi, fra estivi e invernali). Rientrato a Gerusalemme a fine agosto ’75, andai al Dipartimento di Genetica per iniziare il mio progetto di ricerca, ma venni a sapere che il prof a cui ero stato assegnato doveva andare all’estero e così fui destinato a un altro prof che lavorava sulla genetica dei microrganismi.

sukka a Gerusalemme, rechov Sarei Israel

Il progetto consisteva nel verificare che certe sostanze di uso comune non producessero mutazioni nel DNA, utilizzando un test messo a punto con un particolare ceppo di batteri (il test di Ames). Finito questo progettino, il prof mi propose di continuare, fino all’inizio dell’anno scolastico, con una ricerca sui batteriofagi (sono dei virus che attaccano i batteri, un sistema modello molto fecondo nella biologia molecolare di quegli anni; la decifrazione del codice genetico, la più grande impresa dopo la definizione della struttura a doppia elica del DNA, si ottenne in parte proprio grazie all’uso dei fagi).

Questo passaggio forzato da un progetto con tecnologie della fisica (microscopia elettronica) a uno più biologico (batteri e batteriofagi) mi capitò pure in occasione del dottorato, quando per cause contingenti legate al riconoscimento della laurea israeliana in Italia ne ritardai di un anno l’inizio. La conseguenza fu che, invece di andare a lavorare a Chicago sull’NMR (risonanza magnetica nucleare) del tRNA (RNA transfer, la molecola chiave per leggere l’informazione genetica), finii per andare a Seattle a lavorare, sempre sul tRNA, usando la genetica del lievito (che è anch’esso un microrganismo, più simile all’uomo nelle sue strutture cellulari di quanto lo siano i batteri). E andò molto meglio così, anche dal punto di vista ebraico. Ma non anticipiamo.

Rav Di Segni a Gerusalemme nel 1977

No, rimaniamo al periodo in Israele. Dopo rechov Itamàr ben Avì, dove abitasti?

Per qualche tempo abitai in una Casa dello studente all’interno del campus di Ghivat Ram. Al quinto anno di università, ossia il secondo del Master, 1977-78, decisi di andare in un appartamento. Grazie alla borsa di studio del Master con cui pagavo le tasse universitarie e al fatto che avevo iniziato a lavorare in Facoltà per la preparazione delle esercitazioni ai corsi del B.Sc., con tanto di cedolino mensile, affittai una casa. Si trovava in rechov Sarei Israel, fra la Stazione centrale degli autobus e il quartiere di Gheulla, adiacente a Meà Shearim. C’era un terrazzino scoperto, così potei di nuovo costruire una sukkà come facevo a Roma. Scelsi questa zona perché era ben collegata con l’Hadassah, dove lavoravo già da un anno per la tesi del Master.

tomba Rav Raffaele Grassini z.l., (Strasburgo)

In quel periodo avevo anche iniziato a studiare Torà e Talmud con il mio amico rav Raffaele Grassini z.l., con cui già avevo studiato al Collegio rabbinico a Roma. Raffaele aveva frequentato anche lui la Yeshivà di Strasburgo, ma non quando c’ero io. A Gerusalemme studiavamo a volte a casa mia e a volte in yeshivà da lui (a Merkàz haRàv). Purtroppo Raffaele ci ha lasciati troppo presto, all’età di 40 anni, dopo essere stato rabbino capo di Venezia e di Trieste, un caro amico che ancora rimpiango con affetto.

 

Leggi le puntate precedenti:

n. 1: Stasburgo

n. 2: Prima del Kippur

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