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La destra al governo non si riconosce né nella Resistenza né nell’Europa

Anna Foa analizza parole e gesti di Giorgia Meloni e del suo partito: davvero è diventato inutile parlare di Resistenza e Liberazione?

Anna, per cominciare: come hai trascorso questo 25 Aprile?

Io vivo a Formia, un luogo dove mio padre [Vittorio Foa, n.d.r.] ha a lungo vissuto e dove è morto ed è sepolto. Siccome in città, fino a pochi giorni prima, non erano in programma manifestazioni per il 25 Aprile [Formia è amministrata da una giunta guidata da Fratelli d’Italia, n.d.r.], assieme a una mia amica, consigliere comunale di minoranza abbiamo pensato di invitare gli amici e quelli che hanno conosciuto mio padre. Alle 11:30 ci siamo ritrovati in tanti per portare un fiore o un sasso sulla sua tomba. Per organizzare la cosa abbiamo preparato una cartolina che con una foto che ritrae mio padre quando il 30 Aprile del 1945 stringe la bandiera italiana sul palco a piazza del Duomo, davanti a una folla immensa, con tutte le autorità del Comitato di liberazione nazionale per l’Alta Italia e le forze alleate dietro di lui.

La Festa della liberazione quest’anno è stata un banco di prova a cui molti osservatori attendevano la destra di Giorgia Meloni al governo. La premier ha ritenuto di rispondere con una lunga lettera al Corriere della Sera, di cui poi ti chiederò. Prima, però, vorrei sapere se ti sembra chiara la matrice culturale di questa destra.

Giorgia Meloni e Ignazio La Russa il 25 aprile all’Altare della patria (Ansa)

Forse ormai stiamo capendo. Leggevo giorni fa l’intervista a Simona Lunadei, che spiega abbastanza chiaramente che tipo di destra è questa. Non è certo una destra decente: non è una destra liberale, non è una destra che si riconosce dentro gli schemi democratici. È invece una destra che si allaccia fortemente alla destra sociale e al fascismo. È una destra che continua a lanciare ballon d’essai per vedere fin dove può arrivare, perché credo che questi siano tutti tentativi, seppure poi rimangiati, che non vogliono solo creare una gran confusione.

E che altro?

Questa destra ritiene che ci sia stata una frattura nel 1938, e che prima il fascismo anche abbia fatto anche cose buone, che comunque quelle “cattive” siano cominciate solo nel 1938 con le leggi razziali e poi nel 1940 con l’entrata in guerra a fianco di nazisti. Tutto quello che è accaduto prima non esiste, non va condannato.  Di fatto si rifiutano di celebrare il 25 Aprile, magari con la scusa degli attacchi alla brigata ebraica, che significa nascondersi dietro un dito, senza contare la provocazione di La Russa di rendere omaggio a Jan Palach. Jan Palach è uno dei miti della mia giovinezza, però questo non vuol dire che c’entri con le celebrazioni del 25 Aprile. Se poi pensiamo che La Russa è la seconda carica dello Stato e che lancia queste provocazioni sui pensionati musicisti che scendono per via Rasella, ecco, credo che questi episodi non vadano giudicati come piccole provocazioni dovute a ignoranza. Al contrario, ci troviamo davanti a un governo che non vuole tagliare i suoi legami con il fascismo del ventennio, non vuole tagliare neanche i suoi legami con la Repubblica sociale italiana. È una destra becera e ignorante, che ne fa un bubbone dentro l’Italia democratica guidata dalla costituzione democratica.

Praga 25 Aprile 2023 Il Presidente del Senato Ignazio La Russa depone fiori al monumento dedicato a Jan Palach

Però il 25 aprile c’è stata la famosa lettera al Corriere della sera di Giorgia Meloni: secondo te è stato un passo avanti verso la piena e definitiva condanna del fascismo?

No, proprio non lo credo. Non tanto perché Meloni non si dichiara antifascista, proprio non ci riesce, è superiore alle sue forze…Ma perché è in realtà un testo volto a denigrare la Resistenza e l’antifascismo.  Se viene chiesto alla Meloni di dichiararsi antifascista non è per un vacuo esercizio di retorica, ma perché dato il suo ruolo istituzionale una simile dichiarazione avrebbe un senso importante per recidere i legami della destra al governo con il fascismo. La lettera di Meloni non prende posizione, e in alcuni passi prende fortemente le distanze dalla Resistenza. Il carattere intimamente antifascista della Costituzione è ignorato.

Che 25 Aprile è stato quello trascorso, dunque?

Sergio Mattarella ha presenziato a più celebrazioni per il 25 aprile 2023. Nela foto è a Boves (CN), sede di una delle peggiori stragi naziste

È stato un 25 Aprile divisivo, su questo son d’accordo con quanto ha detto su Riflessi Alessandro Portelli. Tutti coloro che ancora oggi non sono veri democratici certamente non amano la Festa della liberazione. Personalmente, ti confesso che a me ha fatto piacere non vedere sfilare i rappresentanti della destra legata al fascismo in una giornata che celebra la vittoria sul fascismo. È stato così un 25 Aprile che ha assunto un significato più forte che nel recente passato, lontano da estremismi e slogan ripetitivi come avveniva negli anni ’70, ma con la consapevolezza che siamo in un momento di grave crisi. Anche qui mi trovo d’accordo con quanto ti ha detto Alberto Cavaglion: dobbiamo pensare che la guerra che sta insanguinando l’Europa è una guerra di aggressione della Russia; per questo credo che dobbiamo guardare all’Ucraina come una lotta di resistenza contro l’aggressore.

Vorrei tornare a un tema che su Riflessi stiamo cercando di approfondire da tempo. Alla vigilia del 25 parole abbiamo visto Gianfranco Fini “rimproverare” in TV Giorgia Meloni per non avere ancora condannato chiaramente e definitivamente il fascismo. Anche a te dunque chiedo: che modello culturale è quello della destra oggi al governo?

Gianfranco Fini ai tempi della presidenza della Camera, con una giovane Giorgia Meloni al fianco

Il mio giudizio è che Fratelli d’Italia sia nata non in continuità, ma in opposizione al percorso computo da Fini con Alleanza nazionale. A quel tempo Fini aveva fatto lo sforzo più o meno riuscito di tirarsi fuori da quel passato; Fratelli d’Italia invece nasce proprio in opposizione a quel percorso. Gianfranco Fini, in quell’intervista in TV che ricordavi, tra l’altro ha fatto sue le parole che mio padre disse molti anni fa a un senatore missino che era stato fascista, Pisanò: “Se aveste vinto voi, io sarei in prigione; siccome abbiamo vinto noi, tu sei senatore”. Ecco, direi che questa è la differenza tra democrazia e dittatura. Fini credo abbia tentato la creazione di una destra decente, una destra conservatrice; il governo della Meloni, assieme a La Russa, porta invece avanti una politica fatta di tante piccole provocazioni, che sommate mostrano una adesione culturale sia al fascismo che alla Repubblica sociale italiana; e questo è ancora più grave, dato quello che ha rappresentato la RSI per i partigiani e per gli ebrei, visto che il primo atto compiuto fu di dichiarare nemici tutti gli ebrei. Credo perciò che ci troviamo di fronte a un mondo in cui in Italia in cui sembra possibile accettare il fascismo, accettare la dittatura, e accettare anche Hitler e la Repubblica sociale italiana.

Oggi però non siamo nel 1922, o nel 1938. L’Italia fa parte dell’Unione europea. Come vedi la posizione del partito di Giorgia Meloni in Europa?

il parlamento europeo

Le forze che sono oggi al governo, Fratelli d’Italia e Lega, sono state antieuropeiste fino a non molto tempo fa, io credo che lo siano ancora e che per questo occorra fare attenzione, perché anche l’Europa è in difficoltà. Ci sono forze sovraniste – penso all’Ungheria, ma anche alla Polonia, che pure è in prima linea a favore dell’Ucraina e contro la Russia – che aumentano le grosse difficoltà interne all’Europa.

Che prospettive vedi per questa Europa? L’anno prossimo si vota per il rinnovo del Parlamento europeo: rischiamo un passo indietro nel processo di integrazione?

Un blocco di destra che dovesse formarsi certamente metterebbe in difficoltà il progetto di integrazione europea. Credo che gran parte dipenderà anche da quello che succederà in Ucraina, cioè le sorti della guerra, il paese minacciato e invaso esattamente come Hitler aveva invaso l’Europa nel 1939 e 1940. Le prossime sorti dell’Europa dipendono anche da questa guerra.

Perché?

Giorgia Meloni e Viktor Orban

Forse non abbiamo abbastanza capito quanto la guerra d’aggressione della Russia abbia cambiato le carte in tavola nel panorama europeo. Vedo un panorama molto aperto, con tanti possibili esiti. Certamente la vittoria di un blocco sovranista sarebbe un disastro per l’Europa, sarebbe un’Unione assolutamente diversa dal progetto iniziale: penso all’Europa di Ventotene, immaginata nel 1942, l’anno più buio dell’invasione nazista dell’Europa, come rivincita e rilancio della democrazia e della libertà in Europa.

Torniamo in Italia. Secondo te l’ebraismo italiano dovrebbe far sentire una sua voce nelle vicende che riguardano la politica italiana?

Il sit-in a piazza S.S Apostoli dello scorso 10 marzo contro la visita di Netanyahu, Roma, 10 marzo 2023. (ANSA)

L’ebraismo italiano è molto diviso, e non è detto che sia un male: non sarebbe certo un bene avere un unico pensiero tutto allineato. Detto questo, ci sono quelli che rifiutano di prendere una posizione, e quelli che appoggiano questo governo. E poi c’è la questione di Israele, cui tutti guardiamo. Io non mi sarei mai aspettata manifestazioni così imponenti e durature contro il governo Netanyahu, che ha al proprio interno degli estremisti di destra molto pericolosi. La protesta a sostegno della democrazia e della libertà è però forte, la cosa apre nuove prospettive e sono contenta che una parte notevole del mondo ebraico italiano appoggi questa protesta. Io credo che da lì possa venire un spiraglio di luce, che ci mostra come ci sia sempre una possibilità di reazione, la possibilità di vedere un mondo diverso da quello che le forze al potere vorrebbero imporre; in Israele, come in Italia.

L’ultima domanda riguarda te: so che, dopo tanti anni, hai deciso di lasciare la comunità di Roma e di iscriverti a quella di Torino.

le sale del Pitigliani

A Torino io sono nata, per Torino ho grande amore. A Torino mio nonno è stato rabbino capo, seppure per pochi anni, a cavallo di due secoli. Se accetteranno la mia richiesta di iscrizione in comunità mi piacerebbe chiudere, diciamo così, questo circolo della mia vita, anche se io non sono religiosa e vivo lontana da Torino, qui a Formia. Quanto ai miei rapporti con la comunità romana, negli ultimi 15 anni non sono stati certo buoni. Sono stata anche molto critica su molte scelte fatte, e in generale su una politica per niente aperta e accogliente. Quindi non mi sembra tanto utile che io resti in una comunità, la CER, alla cui politica culturale negli ultimi anni non ho contribuito. Questo però certo non vuol dire che lascio il mondo ebraico: ho un intenso rapporto di collaborazione con l’Istituto Pitigliani e spero, magari a distanza, di dare il mio contributo alla Comunità di Torino, per quanto è nelle mie competenze.

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Una risposta

  1. Come non condividere ciò che scrive Anna Foa ??? L’involuzione dei FdI da Fini alla Meloni tornati a piccoli passi alle loro origini missine. Mi ha colpito la sua intenzione di iscriversi alla comunità ebraica di Torino. La Cer è poco accogliente e inclusiva dice, e anche qui ha ragioni da vendere, molte troppe persone condividono questo sentimento. Si sono dimostrati aperti e inclusivi sdoganando in anteprima europea i Fratelli d’Italia dandogli un credito politico senza chiedere nulla, solo la condanna delle leggi razziste del 38, troppo poco molto facile, prima e dopo il nulla e si tengono ben in evidenza la fiamma mussoliniana come simbolo del partito.. Ora la fratellanza può vantare amicizie in ambienti ebraici. Gli fa molto comodo.

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