Cerca
Close this search box.

Il partito di Giorgia Meloni? Non ha ancora fatto i conti con il suo passato

A cinque mesi dal giuramento del nuovo governo, abbiamo chiesto alla storica Simona Colarizi che modello di paese ha in mente la nuova classe dirigente

Professoressa Colarizi, il governo di Giorgia Meloni è nato quasi 5 mesi fa, ed è dunque possibile cominciare a giudicare i suoi primi passi. Secondo lei che destra è quella che governa?

Simona Colarizi insegna storia contemporanea a La Sapeinza

È una bella domanda. A mio giudizio questa è una destra che ha come programma quello di presentarsi come un nuovo partito conservatore.

È un’ambizione legittima.

Certo, però non ne sono convinta.

Perché?

Se guardo al gruppo dirigente che circonda la premier Meloni, e soprattutto ai suoi “padri” politici, vedo che ci troviamo davanti una destra che affonda le sue radici negli anni ’70 e ’80: è cioè una destra movimentista, molto radicale. Il salto da un partito che nasce da quelle matrici a un partito di destra liberale non è facile.

Teodoro Bontempo (1946-2013), detto “Er percora”, deputato di primo piano MSI e poi AN

Eppure è ormai un lungo percorso, cominciato circa trent’anni fa con Gianfranco Fini.

Non credo che quello di Meloni sia lo stesso partito di Fini. Bisognerebbe infatti separarsi idealmente da quelli che fondarono un partito neofascista erede del fascismo, quale fu a lungo l’MSI; cosa che la Meloni non fa. È vero che nel 1992 Fini ha iniziato un percorso di rinnovamento per ottenere una piena legittimazione, superando le nostalgie fasciste molto evidenti che aveva all’interno e presentandosi come esponente di una destra riformista, in alleanza con i cosiddetti liberali di Berlusconi. Ma, mi chiedo, che agganci ha Meloni con Fini e con quella esperienza? Prima ancora di definirsi come partito conservatore, bisognerebbe fare i conti – che nemmeno Fini fece per intero – con gli anni dell’eversione di destra, del terrorismo nero. Queste sono le ambiguità dentro il partito di Giorgia Meloni.

Ma la Meloni ha più volte detto che non può essere associata al fascismo, perché troppo giovane per essere ritenuta responsabile di quella parte della nostra storia.

un giovane Ignazio La Russa rende omaggio a Mussolini

La Meloni ha anche ragione a dire che non si interessa del fascismo e della marcia su Roma, che in effetti sono eventi ormai molto lontani, ma non è questo che le si chiede. Il punto è che lei non si è nemmeno dissociata dal passato più recente, da quello degli anni di piombo, in cui molti esponenti neofascisti erano dentro il partito del MSI, e alcuni di questi frequentarono lo stesso movimento giovanile in cui cominciò a fare politica Giorgia Meloni. Prenda Ignazio La Russa. Il presidente del Senato – che, ricordo, è la seconda carica dello Stato – nasce proprio da quel periodo, dagli anni ’70; del resto, La Russa è stato un sanbabilino. Il problema allora è questo: i conti con quella stagione vanno ancora fatti. Quelli con il fascismo aveva già cominciato a farli Almirante, ma poi si è fermato, perché nel suo partito militavano esponenti come Sandro Saccucci, un deputato del MSI che nel 1976 fu coinvolto in alcuni disordini durante un suo comizio elettorale che portò alla morte di un manifestante che lo contestava. E poi, ripeto, ci sono le stragi nere, c’è la stazione di Bologna. Da tutto ciò né la Meloni né il suo partito ha mai preso le distanze.

l’ultimo volume di Simona Colarizi

Perché non si potrebbe semplicemente “mettere una pietra sopra” a quegli anni, e non pensarci più?

Perché sono loro stessi a chiamarsi conservatori. Cosa vogliono conservare? Io non critico i processi di revisione, ho per esempio criticato a lungo gli eredi del comunismo perché avevano paura di fare i conti con sé stessi, e poi si è visto come è finita. I conti con la storia si devono fare, perché non si può avere una chiara identità se non ci si sa cosa sia alle spalle. Per questo credo che Giorgia Meloni deve ancora spiegarci a quale passato vuole tornare, quando il suo partito si definisce conservatore. Io per esempio credo all’attualità dei valori del 1789, l’uguaglianza e la libertà; ma questa destra, a cosa crede?

Assistiamo però a una sorta di corto circuito, per cui si abbandona ogni coerenza. Come lei ha ricordato, il presidente del Senato vanta la sua collezione di cimeli del fascismo, e non è certo l’unico che pensa, tra suoi, che nel fascismo “ci furono anche luci” (così La Russa nel 2017); eppure, nello stesso tempo, questa destra dichiara di essere amica degli ebrei e di Israele. Come è possibile?

Massimo Abbatangelo, deputato MSI, condannato a 6 anni di reclusione per detenzione di esplosivo, nel corso del processo per la strage neofascista del 1984 sul treno rapido 904

Mi spiego questa contraddizione con i meccanismi comunicativi di una società che faccio fatica a interpretare. Siamo nel pieno di una rivoluzione tecnologica e cognitiva che ha fatto saltare tutti parametri con cui la mia generazione ancora oggi continua a leggere il mondo. Quanto sta avvenendo produce delle distorsioni continue, il cui effetto è che la memoria non ha più senso. C’è una incapacità di ragionare sul passato, perché per farlo servirebbe l’uso di un ragionamento complesso. E comunque la questione non riguarda solo i busti di Mussolini, ma una giovane classe dirigente che si veste da nazista alle feste, o che indossa magliette di gruppi rock che inneggiano a Priebke. Trovo tutto questo un insulto all’umanità. In questa perdita della memoria anche il linguaggio razzista non viene più percepito. Ha ragione la senatrice Segre, che definisce le leggi del 1938 leggi razziste. I valori che questa destra sostiene sono molto contraddittori: si condannano le leggi razziste, ma poi i loro comportamenti sono spesso xenofobi. La realtà è che xenofobia e antisemitismo sono presenti ancora oggi nella nostra società.

un giovane Andrea Del Mastro, sottosegretario alla giustizia e fedelissimo di Giorgia Meloni, con indosso la maglietta di una banda punk rock che inneggia a Priebke

Eppure, insisto: questa destra ha più volte mostrato vicinanza agli ebrei italiani.

Ho l’impressione che gli omaggi fatti agli ebrei siano disperatamente strumentali, compreso quello a Israele. Non basta andare in sinagoga a piangere per le vittime; è facile condannare le leggi razziali, ma tutto il resto andava bene? Le leggi razziali sono state lo strumento di una dittatura; in altre parole, esse sono state possibili a causa di tutto quello che c’è stato nel ventennio precedente. A me pare però che stia avvenendo il contrario: si condannano le leggi razziali, per poter dire che invece il resto andava bene.

La premier Giorgia Meloni in visita alla Comunità ebraica di Roma, lo scorso 19 dicembre 2022.

Le leggi razziali furono la conseguenza dell’impostazione ideologica del fascismo, che non è solo liberticida, ma è violenta e autoritaria, totalitaria. Questa nuova destra rivendica le radici giudaico-cristiane; mi fanno sorridere amaramente. Perché si rivendicano quelle radici senza fare i conti con il proprio pregiudizio antisemita.

Eppure, l’antisemitismo è presente anche a sinistra.

Certo. La sinistra non può essere accusata in toto di antisemitismo, ma i conti con quel pregiudizio non vanno tutti a posto. Non ci si rende conto che il discorso antisemita implica una visione razzista e xenofoba dell’umanità, è una forma di non accettazione degli altri, ha alla base in un discorso di oppressione proprio dei regimi dittatoriali; e infatti Meloni va d’accordo con i paesi di Visegrad, nazionalisti e xenofobi.

Giorgia Meloni e Viktor Orban

Ritorno così alla domanda iniziale: che Italia ha in mente di modellare Giorgia Meloni?

Qui sarei meno catastrofista di molti, data l’esperienza della cosiddetta seconda Repubblica, con una fortissima fragilità di molte formazioni politiche, che esplodono e poi muoiono in un lasso di tempo molto breve. Non so quanto sia credibile la prospettiva di un lungo governo Meloni, dal momento che quasi il 60% degli italiani non è andato a votare nelle ultime elezioni regionali. Oggi molti italiani non partecipano alla scelta della rappresentanza politica, e siccome ogni governo ha bisogno di allargare il consenso per governare, senza questo consenso anche la Meloni non potrà durare quanto spera. Ho piuttosto dei timori che riguardano l’Europa.

una manifestazione antisemita in Polonia

Cosa teme?

La Meloni durerà almeno fino al 2024. Ma poi? Le elezioni europee saranno molto importanti per chi crede in un’Europa politica forte, cioè in un sistema federale, unitario, capace di misurarsi in un mondo globale con gli altri Stati, la Meloni non va in questa direzione, né ci vanno i conservatori di tutte le nazioni europee. Questa è la vera sfida. Vedere cosa accadrà nei vari paesi, perché in tutta Europa stanno crescendo le destre. E tutti questi movimenti hanno un accento antisemita.

Da cosa dipende, secondo lei?

I movimenti nazionalisti in fondo non accettano né il cosmopolitismo all’interno della propria nazione, né, più in generale, la globalizzazione. E poiché il pensiero ebraico è da sempre rivolto a una prospettiva globale, chi non accetta il cosmopolitismo non accetta neppure l’ebraismo.

un’immagine dei bombardamenti russi in Ucraina

Questo suo riferimento alla contrapposizione tra cosmopolitismo e nazionalismo, tra chiusura e apertura, mi porta all’ultima domanda. Ora che siamo entrati nel secondo anno di guerra in Ucraina, che prospettiva vede per il futuro?

Come storica, non possiedo una visione del futuro; posso solo dire che la storia ci racconta che le guerre sono tra potenze e seguono logiche e interessi geopolitici. La guerra in Ucraina non è diversa: un paese invaso da chi ne pretendeva di avere l’egemonia reagisce, il che comporta l’ingresso in guerra di altre potenze. Credo però che questa sarà una guerra con effetti sull’idea di Europa. Finora abbiamo rinunciato alla sovranità nazionale sul piano monetario, con l’euro, e per accedere ai fondi del PNRR, ma non basta. Questa guerra non è stata una scelta europea, perché è la continuazione della guerra fredda. Noi europei ci eravamo illusi che la guerra calda non ci riguardasse, adesso invece assistiamo a un confronto armato tra grandi potenze. O diventeremo uno Stato federale, con una politica estera comune; oppure, come vogliono le destre, rimarremo solo un’entità economica. Non avere una politica estera significa rimanere subalterni: agli Usa, alla Russia, alla Cina.

manifestazione pacifista contro la guerra in Ucraina

Le manifestazioni pacifiste potranno cambiare la situazione?

Bisogna certo invocare la pace, ma questo non basta. La realtà, purtroppo, è che i movimenti pacifisti non sono mai riusciti a porre fine a una guerra. Prevedo così una guerra lunga.

 

Leggi anche:

una lacrima sul viso

sono finiti gli esami?

Mussolini e gli underdog italiani

il pendolo della memoria non finisce mai di oscillare

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Condividi:

L'ultimo numero di Riflessi

In primo piano

Iscriviti alla newsletter

Riflessi Menorah