Israele non ha più una guida sicura
A che punto sono le proteste in Israele contro Netanyahu? Dopo oltre 6 mesi, il paese si scopre più isolato e insicuro, come ci racconta Sergio Della Pergola
Sergio, vorrei riprendere il dialogo con Riflessi partendo…da ciò che accade fuori da Israele. In particolare, gli ultimi sviluppi della guerra, con il tentativo di Prigožin di arrivare a Mosca, come vengono percepiti nel paese?
Penso che la prima sensazione sia stata di un enorme stupore, nel vedere questa macchina russa percepita come monolitica che si dimostrava, da quel che si è capito, estremamente fragile, quasi irrisa dall’armata Wagner, composta in buona parte da avanzi di galera, messa su da un personaggio discutibile come Prigožin, prima che tutto rientrasse, in attesa di capire se tutto ciò avrà effetti in Ucraina. Quanto a Israele, va detto che si trova in una posizione scomoda.
Perché?
L’Ucraina ha espresso proteste quasi formali perché Israele si è finora rifiutata di fornirle strumenti difensivi, a partire dall’Iron Dome, benché sembra che gli Usa sarebbero favorevoli.
Il fatto è che i russi sono fortemente presenti in Siria, e Israele, che ha interessi nella regione, non può non considerare le reazioni della Russia di fronte alle azioni preventive compiute da Israele in Siria, che possono continuare solo con il tacito consenso russo. Israele è governato oggi da un primo ministro che si atteggia ad essere un grande stratega, ma che in realtà non ha vero spazio di manovra, e che anzi mette Israele in una posizione diplomatica delicata, moralmente discutibile, quasi cercasse un accomodamento con la Russia. Inoltre, manca completamente un coordinamento con gli Usa, che da sempre sono alleato strategico. Considera che finora Biden non ha ancora invitato Netanyahu, questa è un’offesa madornale che non può più essere spiegata come un problema di agende. Israele è finito in angolo chiuso grazie a Netanyahu.
Oggi possiamo dire che Israele è più isolata che in passato: non può fare a meno degli aiuti americani, ma non può manovrare liberamente perché teme la Russia; ciò evidenzia una debolezza molto pericolosa, quando invece Israele avrebbe bisogno di maggiori legami diplomatici e alleanze. Il preannunciato viaggio di Netanyahu in Cina certo è un fatto importante ma può infastidire gli americani che sono i maggiori rivali dei cinesi e restano la colonna portante insostituibile della politica di difesa di Israele, e può concludersi con un clamoroso autogol.
E invece l’opinione pubblica cosa pensa della guerra?
Diciamo che qui c’è ben altro di cui parlare, purtroppo. E poi tieni conto che in Israele ci sono sia russi che ucraini, quindi non c’è un fronte unito, piuttosto un micro-nazionalismo con cui ciascuno fa il tifo per la propria parte. Direi però che in generale che l’opinione pubblica è ostile alla Russia.
Parliamo ora di Israele: c’eravamo lasciati con le grandi manifestazioni di protesta di questa primavera. Ora come vanno le cose?
Male. Il conflitto tra il governo e l’opinione pubblica non cessa, anche perché Netanyahu e i suoi ministri non fanno che alimentarlo, come evidenziano gli ultimi fatti accaduti.
A cosa ti riferisci?
A due episodi. Il primo riguarda le elezioni tenute dentro l’Ordine degli avvocati, un’Associazione professionale indipendente che si autoregola, con un ruolo costituzionale perché il consiglio nazionale degli avvocati elegge 2 membri nella commissione che sceglie i giudici della Corte suprema. La scorsa settimana si sono tenute le elezioni per questi due membri, e il risultato è che con il 73% dei consensi è stato eletto l’avvocato Bechar, contrario alla riforma della Corte voluta dal governo. Il candidato preferito dal governo, Efi Navè, invece ha raccolto solamente 19% dei voti – una catastrofe elettorale. Ex-presidente dell’Ordine, Navè è stato coinvolto in vicende sgradevoli, come promozioni concesse in cambio di promesse sessuali, e che da ultimo è andato all’estero con la sua amante (allora, poi divenuta coniuge) senza registrare la sua uscita in aeroporto.
Si tratta di una grave violazione penale che avrebbe giustificato la radiazione dall’albo, e che invece è stata punita molto blandamente. Navè si è presentato come candidato del governo, ma gli avvocati lo hanno sonoramente bocciato. Per risposta, il governo ha reagito con un progetto di legge che propone di sciogliere l’Ordine degli avvocati, e nominare invece una commissione governativa da parte del ministro della giustizia. Dico chiaramente che giudico questa una proposta di legge fascista, perché nega la libertà agli ordini professionali che dovrebbero essere indipendenti.
E il secondo episodio?
Due settimane fa anche la Knesset avrebbe dovuto eleggere 2 membri nella Commissione per la scelta della Corte suprema; per consuetudine dovrebbero essere uno dalla maggioranza e uno dall’opposizione. Anche qui: il candidato dell’opposizione è passato. Invece, dopo una serie di manovre parlamentari fallimentari, quello della maggioranza no, e tra pochi giorni si tornerà al voto: anche qui si registra una colossale sconfitta tattica di Netanyahu, che a dimostra di aver perduto il controllo di quello che succede in aula.
La riforma della Corte suprema, da cui sono nate le poteste di questo inverno e sospesa per Pesach, a che punto è?
Negli ultimi giorni è ripresa in parlamento la discussione sulla abrogazione del criterio di implausibilità, ossia quel criterio in base al quale la Corte suprema può annullare sia i provvedimenti amministrativi che le leggi del parlamento. È in base a questo criterio, ad esempio, che la nomina del ministro Dehri fu annullata in autunno, perché Dehri si era impegnato a non scendere in politica in cambio della attenuata condanna per i reati di evasione fiscale commessi. Ritengo che anche questo sia un atto autoritario, e bisognerà capire, al momento del voto, se ci saranno franchi tiratori.
Cosa c’è di sbagliato in questa legge? Non è eccessivo che dei giudici annullino le scelte del governo?
Ti faccio due esempi che chiariscono il punto: la nomina del cavallo di Caligola a senatore, e le leggi razziali del 1938. In entrambi i casi ci troviamo davanti a dei provvedimenti ineccepibili sul piano formale, nel senso che sono emanati dall’Autorità ufficialmente costituita, ma molto irragionevoli e ingiusti. Come vedi, il criterio di implausibilità serve a riequilibrare eventuali storture del governo. Serve soprattutto a evitare nomine a cariche esecutive di personaggi incapaci e corrotti, ma fedelissimi al partito.
Le proteste nel paese continuano?
Sì. Siamo alla 26a settimana consecutiva. Certo, i numeri dei partecipanti sono diminuiti, anche se sempre nell’ordine delle decine di migliaia di persone. Tuttavia, se la commissione giustizia approvasse la legge sulla implausibilità, allora certo si ravviverebbero, ed è per questo che Netanyahu (che teme il caos totale nel paese) ha dato disposizioni di rallentare le riforme e procedere un po’ per volta, applicando quella che chiamo la politica del salame. La realtà però è che Netanyahu ha perso il controllo della situazione e il contatto con la società.
A questo riguardo, vorrei chiederti di commentare i recenti episodi di violenza nei territori, con la morte di 4 civili israeliani e le rappresaglie che ne sono seguite.
Siamo ormai a una vera guerra, con epicentro a Jenin e a Nablus. Da un lato c’è la violenza araba che attacca cittadini israeliani con delitti quasi quotidiani che mettono una grave ipoteca sula sicurezza nella zona. Giorni fa sono stati lanciati due razzi da Jenin, peraltro inefficienti, e ci siavvicina a una situatione tipo Gaza nella Giudea e Samaria. D’altra parte, ciò determina reazione della frangia estremista e messianica ebraica, che realizza piccoli pogrom. Tutto ciò mostra la debolezza del Paese, sia come Stato sovrano sia come stato occupante. Se infatti è responsabile della sicurezza nei territori, allora deve saperla mantenere per tutti. Invece le forze militari non riescono a presidiare ogni parte dei territori, inoltre una parte del governo appoggia la rabbia di queste frange violente e terroristiche. Anche qui il governo è spaccato, Netanyahu si limita a dire che non approva queste reazioni, ma chiaramente è una risposta debolissima, perché è ricattato dagli stessi estremisti che siedono nel suo governo.
La ministra “degli affari strategici” (nome pomposo dietro il quale vi è il nulla) Strick, che risiede a Hebron, ha per esempio dichiarato che l’esercito, la polizia e i servizi israeliani sono come Prigožin in Russia: a questo punto siamo arrivati. La negazione del potere costituito da parte del potere constituito.
Un altro problema per Netanyahu sono i suoi processi: a che punto siamo?
Netanyahu ha in corso un processo con tre capi di accusa, per corruzione, truffa e abuso. In questi giorni tutti stiamo seguendo la deposizione del testimone Milchan, un amico di Netanyahu, ricchissimo produttore cinematografico di successo israeliano negli Usa che ora vive in Inghilterra, che ha dichiarato di avere “omaggiato” Netanyahu e la sua famiglia con doni (sigari, champagne, abiti e gioielli) per centinaia di migliaia di dollari. In cambio, con l’intercessione di Netanyahu, ha ottenuto il rinnovo del visto in USA, benché gli americani l’avessero ritirato perché si è scoperto che in passato Milchen ha favorito l’invio di armi americane in Israele. In questo scambio di doni i magistrati vedono la prova della corruzione.
Quindi è possibile una condanna del premier?
La sentenza non è in vista, ci sono ancora decine di testimoni da ascoltare. Per questo, con un atto molto insolito i giudici hanno invitato le parti a raggiungere un accordo extragiudiziale, che però gli avvocati di Netanyahu non vogliono perché ciò se gli eviterebbe una condanna lo obbligherebbe a rinunciare alla politica attiva.
Un’ultima domanda. Tra crisi politica, violenza, divisioni interne, l’israeliano medio come vive questo momento?
Il problema è che non esiste più l’israeliano medio. Sono rimaste le varie tribù, o frange, che danno lettura limitata e di parte della realtà. Quello che è certo è che la protesta di massa ha rallentato se non arrestato il processo di degenerazione improvvisa e violenta del sistema istituzionale in senso autoritario che molti nel governo avevano in mente di realizzare. È però rimasto il disamoramento da parte di molti. Questo non è più il paese che molti conoscevano, assomiglia piuttosto a una nave alla deriva con il capitano ubriaco.
Eppure, anche in passato Israele ha vissuto momenti di pericolo.
Ricordo momenti di grave pericolo e di paura, ma non di sbando: il 1967, il 1973, il 1991. A quel tempo il paese si ricompattava ogni volta, oggi non so più se è così. Il delitto politico di Netanyahu è di avere causato la fine della coesione sociale per perseguire i suoi fini privati: su questo il giudizio della storia sarà durissimo. Senza contare che tutti questi errori hanno infine un effetto anche nella diaspora.
Cosa intendi?
Mi pare che l’Israele di Netanyahu abbia esportato il dissenso e la spaccatura anche nelle comunità della diaspora, con una radicalizzazione che nuoce a tutti gli ebrei, e che anche la comunità di Roma ha di recente subito. Il nome “per Israele” non basta più per vincere le elezioni.
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