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  1. Kappler il boia di Roma

I giorni che seguirono furono tristi e angoscianti. Molti ebrei scampati alla razzia tornarono nelle loro case credendo che i nazisti si fossero placati, ma il loro posto lo avevano preso quelle che venivano chiamate “le bande fasciste” sempre a caccia di ebrei, partigiani, antifascisti da consegnare ai tedeschi. C’era un clima teso, sempre in allerta. Un giorno anche i Ceccarelli ebbero una sgradita sorpresa.

la mattina del 16 ottobre immaginata dal regista Carlo Lizzani

Di fronte a loro, al civico 49 del Portico di Ottavia, al secondo piano, viveva un certo Guido Garulli, un facoltoso commerciante, ma anche un collaboratore dei nazisti che faceva parte di una rete di informatori gestiti da Erich Priebke dal comando di Via Tasso. Il Garulli, che spesso pranzava nella trattoria dei Ceccarelli, un giorno gli disse: “per domani sera avrei bisogno di un cameriere, ho persone importanti a cena, mi raccomando ben vestito con il camice bianco, ospiterò il colonnello Herbert Kappler con alcuni dei suoi ufficiali”.

Possiamo immaginare il panico della famiglia Ceccarelli, al pensiero che proprio loro, “gli amici degli ebrei”, avrebbero dovuto fornire aiuto per quella cena. Tra l’altro proprio al piano sopra il loro appartamento erano nascosti degli ebrei a cui loro portavano cibo tutti i giorni. Adesso l’uomo che stava terrorizzando Roma, responsabile del rastrellamento del 16 ottobre, sarebbe tornato nel luogo del suo crimine, in “Piazza”, a pochi metri da quel luogo di salvezza che era “Giggetto”.

Tuttavia, sapevano anche che non potevano dire di no al “padrone di Roma”. Troppo pericoloso per loro e per le persone che aiutavano e nascondevano. Si fece allora avanti “Zio Olindo”, il giovane fratello di Ines, che abitava con loro, e gli disse: “andrò io, voi rimanete in casa, andrà tutto bene”. Puntuale la sera dopo il colonnello arrivò, Franco e Armando lo videro da una finestra socchiusa, accompagnato da un seguito di auto che portavano la scorta e alcuni dei suoi ufficiali. Quando Kappler uscì dall’auto, si guardò attorno con fare arcigno e salì in casa del Garulli. Ad aspettarlo, con molto sangue freddo c’era “zio Olindo”; ecco una situazione surreale: il boia e un “giusto”, uno accanto all’altro.

Kappler circondato da altri ufficiali nazisti nel 1943

Ricordo ancora le parole di Olindo, che spesso raccontava ciò a cui aveva assistito, e anche a distanza di molti anni quel ricordo lo rendeva cupo.

“Quella sera fu la prima volta, ma ce ne furono altre, anche due volte la settimana. Erano tavolate con 10/15 persone, tra il suo seguito ed amici del Garulli. Quando mi vide la prima volta, Kappler chiese chi fossi, voleva sapere tutto, era evidente che c’era un rapporto di pura sudditanza tra lui e chi lo ospitava. Ad inizio cena non mangiava se prima non lo facevano gli altri. Controllava tutti, se qualcuno dall’altra parte del tavolo parlava con la persona accanto Kappler voleva sapere cosa stavano dicendo; tra una portata e l’altra, quando servivo lui tutti tacevano, più per timore che per rispetto, il rapporto era quello tra padrone e sudditi; una sera era stato invitato anche un alto ufficiale della Marina, ma non ho mai saputo chi fosse. Ricordo anche che durante una pausa, in una delle tante cene, dissi al Garulli di chiedergli che ne era stato degli ebrei che avevano preso quella mattina del 16 ottobre, proprio qui in questo quartiere, e lui rispose da vero nazista: ma niente li abbiamo mandati al fresco in Germania”.

Il perché Kappler, che abitava sulla via Salaria, frequentasse così assiduamente uno dei tanti suoi informatori si può spiegare forse come una sadica affermazione di potere e di odio antisemita, un chiaro messaggio: sono lì a fare i miei comodi in quelle stesse strade dove ho mandato a morire “i nemici del Reich”. Era un vero nazista, che non immaginava che a pochi metri da lui c’erano ebrei nascosti, e che uno di loro lo serviva a tavola.

Ma per i Ceccarelli la prova più dura non era ancora arrivata.

il teatro di Marcello, ai confini dell’ex ghetto

Non mancava molto alla Liberazione. Le bande fasciste, sapendo che c’erano ebrei nascosti in zona, spesso però ancora facevano rastrellamenti, entrando a forza nelle case. Una volta presero di mira la zona attigua al Teatro di Marcello. Se ne resero conto i Ceccarelli ed anche quegli ebrei nascosti al piano sopra la loro abitazione. Scesero di corsa, Ines li fece entrare in casa e li nascosero sotto i letti. Armando e Franco, come tutta la famiglia, sperarono che non passassero anche da loro, ma quei fascisti erano a caccia di taglie e non trascurarono nessuno. Bussarono alla loro porta, con molta freddezza Ines aprì dicendogli “che volete noi siamo cattolici e siamo i proprietari della trattoria qui sotto”. Forse i fascisti sapevano che erano “amici degli ebrei” e così decisero di fare irruzione armi in pugno. Iniziarono a perquisire la casa e si accorsero di un scendiletto capovolto e da lì scoprirono gli ebrei nascosti sotto il letto.

“Fuori tutti o spariamo!”, gridarono. Armando cercò di fermarli (aveva 16 anni) ma fu inutile, anzi peggiorò la situazione perché stavano portando via anche lui, quando la sorella Wanda, la più grande dei figli di Luigi e Ines, in stato interessante svenne dalla paura. Nel trambusto che ne seguì i fascisti si accontentarono di portare via solo gli ebrei, che per loro valevano un bel po’ di soldi, 5 mila lire a testa.

  1. Dopo la liberazione

Finalmente il 4 giugno del 1944 arrivò la Liberazione. I sopravvissuti ai rastrellamenti tornarono a popolare la “Piazza”, dopo pochi mesi arrivarono anche i pochi reduci dai campi di sterminio e i Ceccarelli ripresero la loro attività. Ricorda Armando: “la vita riprese lentamente il suo corso, nostro padre fu riassunto dalle Ferrovie dove era stato cacciato dal regime e qui tornarono i nostri amici (ebrei) a bere il vino, a portare il “fagottello” (un primo portato da casa) sulle tavole apparecchiate con le tovaglie di carta”.

Herbert Kappler, il giorno delll’arresto

Herbert Kappler fu processato a Roma e condannato all’ergastolo, fu liberato in maniera fraudolenta nell’agosto 1977, cinque mesi prima della sua morte.

Guido Garulli fu arrestato dai servizi americani OSS (Office Strategic Services). Il 10 giugno 1944 fu processato e condannato per collaborazionismo, scontò due anni di carcere e poi cambiò casa, andando ad abitare fuori Roma.

Olindo Ciccarelli continuò a lavorare da Giggetto, ebbe un figlio che divenne carabiniere e andò a lavorare proprio al carcere militare di Gaeta dove era recluso Kappler. Ecco uno dei contrappassi della Storia: uno dei guardiani del “boia di Roma”, era il figlio di un giusto che fu costretto a servire il boia a tavola.

***

la comunità ebraica di Roma ha già riconosciutio i meriti della famiglia Ceccareli

Ho conosciuto queste vicende nel 2015, quando stavo lavorando alla mappatura di “Piazza”. Una ricostruzione di come era il quartiere negli anni ‘30/’40, un mondo oramai scomparso, quali fossero i personaggi che vivevano nel quartiere con i loro soprannomi, le botteghe mappate al completo, tutti i numeri civici di tutte le strade, abitudini, usi e costumi.

Sapevo che mio padre Moretto era stato amico di Franco e Armando, ecco il motivo per cui chiesi anche a loro informazioni…mai mi sarei aspettato un racconto simile.

Ho trovato delle persone di una semplicità e disponibilità disarmante, per settanta anni queste vicende le avevano tenute come ricordi di famiglia. Questa è la grandezza di gente come loro, avevano affrontato il male mettendo a rischio la propria vita, mossi dai loro sentimenti più profondi, e ritenevano inutile parlarne dopo poiché poteva sembrare una vanteria.

La famiglia Ceccarelli meriterebbe di essere ricordata tra i “Giusti tra le Nazioni” allo Yad Va Shem.

Conservo le testimonianze di questa storia in alcuni video. Mi piacerebbe, anche per mezzo di Riflessi, che questa storia fosse conosciuta, per dare il giusto tributo a questi giusti.

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7 risposte

  1. Ho conosciuto tutti i personaggi menzionati. La Signora Ines alla cassa, Il Signor Olindo alto e magro per tanti anni continuo’ il suo lavoro come cameriere, Armando quando mi incontrava mi salutava con un “ciao gemellina” Franco si sposò con Linda ed ebbe una bella famiglia. Una famiglia esemplare degna di essere annoverata tra i Giusti a Yad va Shem.

  2. mi ricordo benissimo di loro anche se sono nata nel 47. Venivano i suonatori cosi li chiamavo io . enoi ballavamo. Mi ricordo avevano il mandolino. Mia madre si chiamava Rosa e papà Angelino tutte le sere venivamo a mangiare suppli e filetti di baccalà,

  3. grazie Alberto per avere condiviso dei ricordi della mia famiglia. quando ero piccolo spesso mangiavo con mia nonna Ines e lei mi raccontava del “tempo dei Tedeschi” e delle atrocità perpretate dai nazisti e dai fascisti. per lei era normale aiutare gli amici di piazza e mi raccontava, senza mai vantarsi, perché io sapessi e che quello che lei aveva visto non si ripetesse mai in futuro. era una donna buona, generosa e grande lavoratrice, ma al tempo stesso semplice ed umile, per cui gli affetti e le amicizie contavano. purtroppo non ho conosciuto mio nonno, perché è morto prima che io nascessi, ma una cosa di lui la porto addosso, perché mi hanno chiamato: luigi ceccarelli e mia nonna mi chiamava “Giggetto”. grazie

  4. L’”Eliav” di cui si parla è il mio bisnonno, Elia Salmoni detto “Liavve”, padre di mio nonno Romeo Rubino Salmoni, deportato è sopravvissuto ad Auschwitz. Non sapevo che il mio bisnonno si salvò così. Sono cresciuto in piazza, ed in 47 anni di vita ho solo sentito parlare bene di questa famiglia. Che D vi benedica per il bene che avete fatto e che ancora fate.

  5. Caro Luigi, per me è stato un piacere ed un grande onore aver diffuso queste vicende, le conoscevo a grandi linee ma non cosi a fondo. Sapevo che mio padre aveva con loro una grande amicizia. Ti posso anticipare che mi sto impegnando per diffonderla come merita.
    Non mi fermerò qui.
    Ciao
    Alberto

  6. Grazie Alberto per questa testimonianza, mi ricordo perfettamente del sigma Olindo e della signora Ines. Giggetto era anche luogo di incontro e di amicizie, mio padre fece una corte spietata a mia madre che puntualmente la sera andava a comprare il vino. Ricordi indelebili di infanzia!! Andare a mangiare i filetti di baccalà era veramente un lusso!

  7. Alberto grazie perché attraverso le tue ricerche hai dato vita a questa storia meravigliosa di amore e fratellanza . La Memoria è questa, ricordare, fare i nomi, cercare sempre con tutti i mezzi di trasmettere e far conoscere le storie (soprattutto quelle che si conoscono poco) che hanno portato luce nella catastrofe.

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