Guerra e resilienza
Come si può affrontare il trauma della violenza terroristica che colpisce chi sopravvive? Ce ne parla David Gerbi
Siamo rimasti senza parole da ciò che l’organizzazione terroristica Hamas è stata capace di compiere con tanta crudeltà, sterminando tante vittime innocenti. Abbiamo visto molti video della barbarie di Hamas e all’inizio della tragedia la comunità internazionale ha mostrato la piena solidarietà verso Israele, ma le cose cambiano in fretta. Riconosco il diritto universale di manifestare e esprimere la propria posizione a favore della popolazione palestinese, ma non posso accettare che alcuna democrazia tolleri una manifestazione a favore del terrorismo. Spero che queste atrocità non vengano dimenticate tanto presto: hanno massacrato, giustiziato, abusato, stuprato, rapito…
I nostri occhi hanno visto troppe atrocità ma il cuore non può sopportare tanto dolore. Dobbiamo fare attenzione a non far vedere ai nostri occhi tanta crudeltà, perché certe immagini possono restare dentro di noi e danneggiare inconsciamente la nostra speranza nel futuro, immaginandolo come negativo e indebolendo la nostra capacità di lottare senza arrenderci mai a nulla e a nessuno. Possiamo sentire il dolore e la rabbia, il tradimento e la delusione, l’amarezza e il tradimento, la ferita e l’impotenza però non possiamo piangerci addosso troppo a lungo, ma dobbiamo rimboccarci le maniche e combattere contro chi ci vuole vedere disperati e morti sia come ebrei nella diaspora che come popolo e nazione di Israele. La resilienza è un dono che D.O ci ha dato. La resilienza è la capacità dell’essere umano di far fronte alle avversità della vita, superarle e soprattutto esser trasformate da esse in modo da renderci sempre più forti sia a livello individuale che collettivo. Noi ebrei non abbiamo scelta, non possiamo farci nè annientare né impaurire e né abbattere dal terrorismo psicologico di Hamas che, come un veleno, vuole iniettare il terrore dentro noi ebrei della diaspora e dentro il popolo di Israele. Noi ebrei siamo un popolo vivo e che vivrà sempre, e, nonostante la propaganda di Hamas, che vuole costringerci a nasconderci, a scappare e soprattutto a fermare le nostre vite, il nostro lavoro, le nostre attività, le nostre scuole e le nostre sinagoghe, noi continueremo a crescere e moltiplicarci con gli occhi puntati sempre verso Gerusalemme come capitale indivisibile di Israele. Noi ebrei non possiamo essere ingenui e sottovalutare il pericolo che ci circonda, abbiamo l’obbligo di vivere nella consapevolezza del pericolo e nella vigilanza continua senza perdere mai il sorriso e la gioia di vivere.
Da anni conduco gruppi di interpretazione dei sogni e una partecipante, all’ultimo incontro, ha detto che avrebbe annullato dei festeggiamenti programmati perché non se la sentiva di festeggiare in un momento così drammatico. Alla fine, ha capito di non dover rinunciare e di non sentirsi più in colpa, che sarebbe stato utile e che gioire non la avrebbe resa meno rispettabile ai suoi occhi e agli occhi degli altri. Quando le ho chiesto che cosa fosse accaduto per farle cambiare idea e atteggiamento mi ha risposto: “Sono cresciuta con i racconti della Shoah, racconti terribili di morte e disperazione. Ma anche di speranza, nel buio di quell’inferno c’era chi si ripeteva di dover tornare per dare voce a quello che aveva subito. Perché tutti sapessero ciò che esseri umani erano stati capaci di fare. Quello che con violenza e ingiustizia ha segnato per sempre il nostro popolo non può essere restituito. L’atteggiamento terroristico di Hamas ricorda l’atteggiamento nazista di prendere civili innocenti e farne ciò che si vuole, coprendo il tutto dietro la difesa del popolo palestinese che in questo caso non c’entra nulla. Il dolore che ora ha spazio dentro di noi purtroppo deve essere piano piano riempito di mitzvot e gioia di vivere.” Vivere nel paradosso attraverso l’unione degli opposti è una sfida che dobbiamo affrontare costantemente, la vita stessa è un paradosso e di opposti fatti di vita e morte, luce e buio, bene e male, giorno e notte.
Le notizie dei media vanno trattate con moderazione per poter essere elaborate e non per danneggiarci e buttarci giù. Le notizie e i video non debbono essere condivisi con i bambini perché potrebbero traumatizzare. Certe immagini possono restare dentro di noi ed essere rielaborate a livello inconscio nel mondo dei sogni, producendo incubi, brutti sogni creando disturbi del sonno. Possono creare anche disturbi del comportamento alimentare (avere fame nervosa o scarso appetito perché si chiude lo stomaco. I bambini, gli anziani, le persone deboli e vulnerabili non debbono essere resi partecipi completamente del disastro che sta accadendo.
Molti danni psicologici possono essere causati se non si fa attenzione a come si partecipa a questo nuovo capitolo della storia di Israele, sotto forma di antisemitismo e di antisionismo che si sta spargendo nel mondo. Sappiamo che per esperienza ereditata dai nostri antenati, noi non dobbiamo subire la storia, ma esserne distaccati, in modo da gestire le nostre emozioni senza esserne gestiti (disperazione, rabbia, impotenza, tristezza, frustrazione, amarezza …), dobbiamo saper gestire le informazioni facendoci coinvolgere dalla storia ma mai travolgere. Non dobbiamo permettere a nessuno di farci immaginare il nostro futuro e quello di Israele come negativo. Come dice Spinoza: “Non si piange sulla propria storia si cambia rotta”.
Troppe notizie, troppe immagini, foto, video, relative al massacro, all’odio e al pericolo, intossicano la nostra mente e addolorano il nostro cuore, però non possiamo esimerci di esserne partecipi, per non screditare la sofferenza dei nostri fratelli e sorelle che adesso soffrono e piangono. Facciamo tutti fatica a selezionare ciò che è vero da ciò che è falso e che viene usato come propaganda contro di noi. Dobbiamo condividere i video che ci fanno bene alla salute mentale non quelli che ci avvelenano l’anima.
C’è un’altra sfida da affrontare: quella dell’opinione pubblica. Certo che ricevere il sostegno e la solidarietà ci fa sentire meno soli e più sostenuti nella lotta contro il male, però ci resta difficile affrontare le delusioni degli equidistanti, degli interessati, dei corrotti, degli indifferenti, dei neutrali, degli ignoranti e dei violenti.
Un ulteriore aspetto che ci tocca da vicino è che questa vicenda sta facendo riaffiorare altre storie dei nostri parenti e dei nostri più lontani antenati perseguitati nel corso dei secoli.
Dal punto di vista psicologico è importante e continuare a vivere, festeggiare, gioire, studiare Torà che fortifica la fede e fare sport che ci permette di decomprimere e sfogare la nostra rabbia e il nostro dolore fisicamente inespresso. E’ vero che non possiamo essere forzatamente felici e sereni come prima, ma è anche vero che una depressione collettiva indebolisce e non attiva la resilienza che è dentro di noi, una resilienza che ci invidiano e che ci siamo guadagnati nei secoli e ricevuta in eredità dai nostri antenati. Dobbiamo ricordarci che Israele è sempre esistita, esiste oggi ed esisterà per sempre senza se e senza ma. Non abbiamo bisogno di mendicare da nessuno il diritto di esistere sia come ebrei che come nazione. Abbiamo il dovere, però, di cercare l’unità all’interno del nostro popolo perché solo così e con l’aiuto di D.O saremo invincibili. Come psicoanalista e uomo di fede sono convinto che non abbiamo bisogno delle approvazioni delle nazioni perché quando D.O è con noi, chi potrà essere contro di noi? Abbiamo un esercito di soldati e un esercito di persone che pregano per noi, un esercito di innovatori e un esercito di geni della cultura e dell’economia. Presto anche questo sarà solo un brutto ricordo.
Mi piace chiudere con le parole di Winston Churchill. Il successo non è definitivo, il fallimento non è fatale è il coraggio di andare avanti che conta.
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