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rav Toaff e rav Di Segni accolgono il presidente Ciampi al Tempio maggiore

Dal 2001 il nuovo rabbino capo è Rav Riccardo Di Segni, succeduto a Rav Toaff, ritiratosi per motivi di anzianità. Rav Toaff è poi deceduto nel 2015, accompagnato dall’affetto della Comunità e anche di molte personalità non ebree amiche. Rav Riccardo Di Segni, fratello di Frida, che era stata mia compagna di classe per cinque anni al liceo, e del mio grande amico di vecchia data Elio, ha dato un impulso notevole alla cultura religiosa ebraica, tra cui cito le edizioni in italiano del Talmud Babilonese. Comunque, la sua conduzione è ispirata alla più stretta ortodossia e alla osservanza della interpretazione halachica del Rabbinato di Gerusalemme. Il Rabbinato dice che è solo seguendo le loro indicazioni che si può autorizzare oggi la possibilità di “Ritorno in Israele” degli ebrei.

Come vedi la nostra comunità oggi?

Il tempio maggiore

Purtroppo, la vedo male. L’ho sempre amata, e ho sempre partecipato alla sua vita. Però, vedi, nel mio lavoro di manager industriale ho lavorato per molti anni nella Pianificazione strategica pluriannuale. In questo contesto ho imparato a coltivare una sensibilità ai problemi cardine, ciò che manca nella nostra Comunità. Il caso Kadimah-secondo è illuminante: lo scontro ideologico e di classe portò alla fine di questo centro giovanile, non più sostituito da altri centri analoghi, e questo ha causato la difficoltà per i ragazzi di incontrarsi, per poter poi formare famiglie ebraiche. Conseguenze che ci portiamo dietro ancora oggi. Inoltre, vedo un altro pericolo attuale.

Quale?

La differenza di trattamento tra uomini e donne dal punto di vista religioso per quanto riguarda i figli. Questo non è più un problema solo religioso, ma è ormai un problema statistico-demografico, per cui sta morendo la Comunità.

Che intendi?

Il problema consiste nel fatto che, dal punto di vista della attuale interpretazione dell’ortodossia ebraica, è data la possibilità alle donne sposate con coniugi non ebrei di mantenere ai propri figli l’identità ebraica, senza impedimenti, mentre ciò non è permesso ai maschi ebrei, a meno che il coniuge non faccia completa conversione all’ebraismo. Teniamo conto del fatto che questo tipo di conversione ortodossa può avvenire solo in svariati anni di studio e sacrificio, per il rispetto integrale da parte della donna di tutti gli adempimenti richiesti. Questi tempi sono in completa contraddizione con i tempi normali di realizzazione di un matrimonio e di generazione dei figli. La conseguenza reale odierna, in un’epoca in cui si realizzano prevalentemente matrimoni misti, è che la discendenza dei matrimoni misti fatti dai maschi ebrei si disperde, non per volontà del maschio o della sposa, ma solo per la rigidità di una interpretazione rabbinica che penalizza metà della popolazione, per differenze di genere.

Come ti spieghi questa situazione?

L’ultima giornata della cultura ebraica

Si dice che queste regole siano dettate dai grandi rabbini israeliani, da cui dipendono i rabbini italiani per il riconoscimento dell’ortodossia ebraica delle nostre comunità. Questi rabbini di Israele, sul cui ruolo autoritario è molto acceso il dibattito nella stessa Israele, si comportano come Papi che dettano regole che in Israele sono più facilmente rispettabili, ma che nella diaspora non lo sono, soprattutto là dove la Comunità è piccola, come in Italia. Qui, se non si trova una soluzione a questo problema, ridando potere al Rabbinato locale (o prendendoselo) come è nella tradizione pluriennale dell’ebraismo, si sta decretando la prossima fine della Comunità dal punto di vista demografico. Devo aggiungere anche, sulla base della mia conoscenza dei problemi storici di matrimoni misti, che ho visto più famiglie ebraiche rispettose dei principi ebraici nelle famiglie miste dove l’ebreo è il maschio, che in famiglie dove ebrea era la femmina. Solo che un tempo, quando non era così preponderante il potere del Rabbinato di Israele, si riuscivano a risolvere queste situazioni mantenendosi nell’ambito ortodosso, in base alla valutazione delle volontà reali dei due coniugi e a corsi di studio, più che su antistoriche e anti-paritetiche condizioni dinastiche.

Per concludere, che messaggio vuoi lasciarci?

Dobbiamo essere una comunità aperta verso il mondo. È vero che molti passi sono stati fatti, come ad esempio con il Centro di cultura ebraica, il Museo, le Giornate della cultura ebraica, i ristoranti Kasher, per cui chi ci vuole conoscere, ormai può farlo. Ma tutto questo è a disposizione solo a Roma e in pochi altri luoghi in Italia. Perciò non dobbiamo smettere di testimoniare e combattere l’antisemitismo. Ad esempio, io vado da oltre dieci anni nelle scuole, come testimone di Shoà, e lascio sempre a tutti i ragazzi e agli insegnanti uno scritto, dove si cerca di far conoscere chi sono gli ebrei e i buoni rapporti attuali con le gerarchie cattoliche. Occorre un lavoro ebraico ancora più capillare, che raggiunga ogni bambino e ragazzo, soprattutto in molti posti dell’Italia dove degli ebrei hanno sentito parlare, spesso male, solo da qualche prete periferico. Il ricordare solo la storia della fine dei nostri cari nei campi di sterminio, non combatte l’antisemitismo! Per combattere l’antisemitismo bisogna diffondere la conoscenza diretta della nostra storia e cultura. Ci vorrebbero idee e denari per creare un importante evento ebraico in ogni città dell’Italia, tale da destare curiosità. Io ricordo che mia moglie Elèna Mortara, nei primi anni ’70, quando insegnava la lingua inglese nelle scuole superiori di Rieti, ma aveva anche tradotto Il Sabato del filosofo ebreo americano Abraham Joshua Heschel, fu invitata dal vescovo di Rieti a parlare del significato del Sabato ebraico. Fu un affollatissimo successo clamoroso, in un posto in cui di ebrei non ne vedevano da secoli. Così andrebbe fatto in ogni borgo italiano. Mostriamoci, per quello che siamo, dei portatori di valori morali, sociali e culturali nell’epoca moderna. Spesso preferiamo invece fare solo la figura delle vittime.

Leggi la prima parte dell’intervista

Leggi l’intervista a Elèna Mortara

Leggi, per un’opinione diversa sui movimenti giovanili di quegli anni, il ricordo di Moretto

22 risposte

  1. Bisognerebbe precisare che lo spettacolo testrale che Dario Fo stava portando in giro per l’italia era a favore dei “combattenti palestimesi” gli incassi erano devoluti all”Olp e qiesto era messo ben in chiaro nei manifesti affisi da “energumeni politici” per pura provocazione. Da tempo era iniziato il terrorismo con stragi in Galilea dirottamenti aerei, affigere quei manifesti in un circolo ebraico all’interno di in Tempio fu una cosa molto grave . Ci fu una contestazione furono tolti i manifesti e fini li. Ero presente e non sono un energumeno facevo parte con molti altri di una struttura che da anni si occupava della sicurezza della comunità, si batteva per gli ebrei della Unione Sovietica, si contrastavano le sinistre radicali cosiì come i fascisti.
    Dipingere una parte della comunità come ignoranti violenti non si fa altro che estendere il fossato

    1. Caro Alberto hai perfettamente ragione e quello che scrive Sergio Di Veroli è FALSO! L’ ostracismo di una certa “classe” dei cosiddetti “Gnaciri”, verso chi come te, il sottoscritto e tanti altri, soprattutto i ragazzi del ’48, purtroppo grazie ancor all’esistenza, fortunatamente di pochi, ha creato questa spaccatura. Tutto il resto…..è noia!

      1. Caro Marco, forse non era chiaro o non era messa bene in luce la differenza tra la Storia e Cronaca, Io ho parlato della piazza di 50 anni fa negli anni ’70, dove c’era una popolazione semplice con diffidenza reciproca verso i colti della Comunità. E non sono solo io a dirlo e a scriverlo.
        Sarei un pazzo se individuassi oggi nel 2022 gli stessi elementi perché gli abitanti dell’ex quartiere ebraico sono diventati tutti, come noi, borghesi e con gradi culturali del tutto simili. Chi si ritiene ancora appartenente a quella generazione incolta e vuole perseguitare gli altri usando la forza, non ha nessuna giustificazione, perché oggi avrebbe tutti gli strumenti democratici e di dibattito aperto per potersi affermare con le sue idee.
        Ti prego pertanto di non alimentare malintesi.
        cari saluti e buon Shabbath
        Sergio

    2. Per una mia risposta completa, prego leggere il mio messaggio di risposta al suo terzo messaggio.
      Grazie, Sergio Di Veroli

  2. A ragione Alberto Di Consiglio fu una provocazione bella e buona bastava togliere le locandine e tutto sarebbe finito lì. Inoltre i ragazzi che intervennero erano ragazzi che si esponevano in prima persona in tutte le manifestazioni contro Israele mettendo a repentaglio la propria incolumità personale e nei momenti ancora più tristi facevano nottate e giornate perdendo lavoro e salute a difendere le nostre istituzioni comunitarie non lì chiamerei energumeni ma si dovrebbe ringraziarli per il loro impegno a difesa della nostra comunità

  3. Vero Fabrizio fu una vera infamia, raccolta fondi per l’OLP. Grave definirli “guastatori” che distrussero tutto, si tolsero i manifesti, punto, il Kadima rimase integro ovviamente, ci mancherebbe. Ci fu un comunicato della Cer che stigmatizzo sia la contestazione che la provocazione (si può trovare su Shalom). Tra le iniziative dei “guastatori” ci fu la creazione della Ags che vigila sulla scuola. Nacque all’ora. Opera degli energumeni

  4. Risposta a Di Consiglio e Benigno. Avete ragione che fu un atto spiacevole e io l’ho detto, ma la conseguenza del vostro comportamento violento fu che il Club, dove c’era forse solo un pazzo comunista propalestinese (non confondete il club con il gruppo di manifestanti pro palestinesi), chiuse causando un danno enorme nella Comunità perché si perse per anni l’occasione di far riunire i giovani ebrei (tra cui molti tripolini) e far loro studiare loro un po’ di ebraismo, come invece era successo con il primo Kadimah. Io non ero presente al fatto ma ero in Consiglio della Comunità e ho ripetuto quello che si disse là in una lunghissima discussione. Una prima conseguenza fu che come assessore alla cultura e ai giovani, avevo organizzato lì un corso di ebraismo per giovanissimi con insegnante Il compianto dott. Augusto Segre e questo corso fallì prima della prima riunione.
    Si poteva condannare in pubblico l’evento, chiamare il direttore che era Saul Mehnagi dipendente della Comunità, far togliere i manifesti e lasciare far vivere il centro senza violenze e paure. Se foste venuti da me io come assessore l’avrei fatto immediatamente. Quando si fanno le cose bisogna sempre pensare alle conseguenze e non operare solo per odio politico. Quindi non c’era solo l’opposizione a Dario Fo, ma molto di più contro quel club che non apparteneva alla vostra sfera di interessi e finalmente un cretino vi ha presentato sul piatto la provocazione che aspettavate. Certo che le nipoti di Aldo Sonnino non erano estremiste come non lo erano Renzo Gattegna, David Pacifici e soprattutto il Presidente del club che allora era Nathan Orvieto. Se non vedete nella vita che non c’è davanti a voi solo bianco o nero, amici o nemici, ma c’è anche il grigio, non potete andare lontani e la Comunità fa solo passi indietro.

    1. Caro Sergio, trovo la tua risposta fastidiosamente apologetica di un mondo di professionisti acculturati, nel quale evidentemente ti identifichi, contrapposto a un mondo di energumeni, propensi ad usare la violenza.
      Avulso da ogni tipo di snobismo e più che mai da ogni genere di violenza io non saprei come collocarmi in quella diatriba che mi vide per certi versi protagonista.
      Il problema non furono i volantini ma uno stillicidio di atteggiamenti provocatori, portati avanti non da uno ma da molti dei frequentatori, schierati nei movimenti studenteschi e pronti ad uniformarsi alle parole d’ordine dell’epoca, contro Israele e a favore dei palestinesi di cui ci si rifiutava di riconoscere la deriva terrorista.
      C’è un episodio esemplare di questo clima.
      Eravamo a Temu’ per un raduno Fgei. Una ragazza israeliana intona Jerushalaim shel Zahav, accompagnandosi alla chitarra. Viene zittita in malo modo al grido ritmato di: La FGEI è rossa, il Kadimah lo sarà.
      Ad ogni modo al Kadimah al di là di qualche tafferuglio animato, più che da quelli che chiami energumeni di piazza, da uno o due isolati giovani ebrei profughi da Bengasi, non si è mai respirato un clima di pericolo o di insicurezza.
      E il Kadimah non chiuse per questo. Non chiuse proprio.
      I frequentatori che si identificavano in una realtà romanticamente di sinistra, colta, emancipata, scelsero l’Aventino: abbandonarono il Kadimah e fondarono un club antagonista elitario e di sinistra: il Dror.
      A raccogliere i cocci e a rilanciare un circolo aperto a tutti rimanemmo in pochi. Ricordo fra gli altri Gadi Toaff, Federico Ascarelli, Botticella, Daniela Di Castro z.l. Fabrizio Benigno, Maurizio Gay…
      Demmo il via ad attività rimaste memorabili, nel corso delle quali mettemmo a dura prova la capienza dei locali. L’incontro con Marco Pannella. La conferenza di Menachem Begin, allora capo dell’opposizione in Israele. Uno spettacolo di cabaret con uno straordinario e scatenato Carlo Croccolò e poi tant’è altre attività di routine.
      Detto questo non comprendo perché tu voglia rilanciare oggi antiche polemiche che non giovano a nessuno e che fortunatamente suonano ormai del tutto anacronistiche. Lasciamo da parte le divisioni del passato e pensiamo piuttosto a fronteggiare uniti i pericoli da cui siamo nuovamente minacciati.
      Un caro saluto,
      Mario

      1. Sottoscrivo pienamente quanto rappresenta Mario. Una prima crisi, ma non certo la fine del Kadima, iniziò quando venne creato il Dror, una sorta di alternativa elitaria di presunti intellettuali di sinistra, che ebbe il solo fine di creare una profonda spaccatura nell’ebraismo giovanile romano.
        Le accese discussioni anche odierne portano a constatare che, a distanza di decenni, il vulnus non si è tuttora completamente rimarginato.

  5. Caro Di Veroli, mi presento sono il marito dell’attuale diretrice del Centro di Cultura e figlio di quel Moretto che nel 1967 fondò un movimento che si occupava di sicurezza, dopo pochi anni creammo l’AGS, si appogiava Israele a preascindere chi governava, c’era da contrastare i vecchi nemici, i fascisti e i nuovi la sinistra radicale e tanto altro che lei non sa. Uno delle persone più vicine per anni a mio padre fu Renzo Gattegna che lei giustamente cita e molti altri della “buona borghesia ebraica”.
    1) non fu l’iniziativa di un singolo ma di un gruppo di 5/6 persone che giocavano a fare i rivoluzionari erano tempi della “trasgressione” politica e culturale
    2) ma le che ne sa della “nostra sfera di interessi”??? frequentavo e frequentavamo il kadima con molto interesse e partecipazione e il Kadima non chiuse,
    3) molte cose che oggi fanno parte della vita della Cer furono create all’ora, ho citato l’Ags, le prime telecamere, le difese passive come le porte blindate , la creazione del Maccabi Karate, e non ultimo il coinvolgimento di centinaia di persone di ogni ceto sociale e culturale, le mobilitazione per Israele quando il Sionismo fu equiparato al razzismo, la liberazione di Kappler che fu impedita, i continui sit in davanti l’ambascista Sovietica e anche si collaborò con il Centro di Cultura quando nel 1977 Bice organizzò una fesra al Portico di Ottavia, chiese un servizio di vigilanza visto i tempi (anni di piombo) cosa che fu fatta e pensi un pò alcuni la notta attorno al grande palco per evitare brutte sorprese l’indomani mattina
    4) lei, mi consenta , è un deposito di pregiudizi spara sentenze che da lezioni dall’alto della sua cattedra a dei guastatori violenti e incolti. Senza sapere minimamente la maggior parte degli avvenimenti di quel periodo e no ha idea delle persone di ottimo livello con cui si lavorava in stretto contatto Ha solo creato altre divisioini
    Ossequi

    1. Caro Alberto Di Consiglio, rispondo a lei, perché mi sembra essere colui che ha messo in moto, a caldo, questa polemica. Come marito della nostra amica Miriam, direttrice del Centro di Cultura ebraica, poi mi è anche simpatico. In una Comunità di volontari come la nostra, tutti noi assumiamo liberamente un ruolo: ma come io non mi permetto di dire che la AGS e la difesa dall’antisemitismo non siano fondamentali, né che non sia fondamentale la difesa di Israele (paese che amo e frequento regolarmente, dove vivono quattro miei nipoti e quattordici pronipoti), voi non potete dire che il lavoro di chi sta in Consiglio o fonda Centri di Cultura ebraica, Musei, ecc., non siano altrettanto fondamentali.
      Eliminiamo subito un malinteso: quando ero giovane, ho partecipato alla sorveglianza sia per la difesa della scuola, sia per la difesa delle armi in partenza per Israele, all’aeroporto di Ciampino. Forse molti non si ricordano di me perché sono anziano. Siamo tutti tasselli di una stessa realtà che si chiama Comunità. Questo tipo di impegno non mi ha impedito di occuparmi di altri aspetti della nostra vita comunitaria.
      Cerchi di capirmi, perché si tratta di cose secondo me essenziali. Il rispetto reciproco e il non vedere il mondo solo diviso in amici, che condividono tutto, o altrimenti nemici con cui è impossibile dialogare, è essenziale. Io sono uno che difende la libera circolazione delle idee e la lotta alla violenza. Per questo rimasi molto scosso quando in Consiglio giunse notizia di azioni violente compiute contro la sede del Kadimah e i suoi membri. So con certezza da testimonianze dirette che nel caso in discussione non ci fu solo l’asportazione dei manifesti appesi al muro, ma ci furono anche atti di violenza, il taglio dei fili del telefono, spintoni e espulsione dalla sede dei ragazzi in quel momento presenti. Si trattò di una vera e propria aggressione. Non si può non vedere la gravità di tutto ciò.
      Lei che ha sposato Miriam dovrebbe perciò essere sensibile alla diffusione della cultura ebraica. Come io rispetto il vostro lavoro, voi dovreste però rispettare il lavoro di un consigliere della Comunità, che dopo lungo lavoro aveva riunito una ventina di ragazzi tra i 18 ei 20 anni e li voleva far partecipare a un corso periodico settimanale di ebraismo al Kadimah, sotto l’insegnamento del prestigioso dott. Augusto Segre z.l. Accade nel 1974 che questo consigliere partecipi a un Consiglio urgente della Comunità, dove il Presidente riferisce che alcuni soggetti sono penetrati nel Kadimah, hanno distrutto parecchie cose, e hanno creato le condizioni perché il Kadimah fosse temporaneamente chiuso dalla Comunità, proprietaria dell’immobile. Rimasi colpito dalla scena del compianto Rav Aldo Sonnino, che si interrogava sul futuro ebraico delle sue amate nipoti, frequentatrici assidue del centro, e a cui qualcuno rispose: “Dobbiamo tagliare i rami secchi della Comunità”. Il centro fu momentaneamente chiuso, il corso di cultura ebraica non poté cominciare, e una parte di quella generazione si sentì espulsa dalla Comunità. A lei la risposta: avevano lei e i suoi compagni il diritto di interrompere queste attività? Che danno si è prodotto alla Comunità per un problema che si poteva risolvere in maniera pacifica, facendo una opportuna azione civile? Stia tranquillo, in Comunità e nei consiglieri avrebbe trovato solidarietà e azione di supporto non violenta. La violenza invece è un brutto male.
      Se lei ha notato, il titolo che è stato dato dai redattori di “Riflessi” alla seconda parte della mia intervista è: “Temo le divisioni”. I redattori hanno ben compreso che lo spirito delle mie parole era ed è del tutto contrario a queste violente contrapposizioni interne, che io ho citato in un contesto di rievocazione storica proprio per disapprovarle. L’uso delle parole “piazza” e “borghesia”, che io ho usato per i fatti del dopoguerra e del 1974, avevano un valore di contestualizzazione storica, ma non hanno più senso oggi per la notevole parificazione di questa Comunità, come avevo detto chiaramente nella mia intervista.
      Il mio impegno rimarrà sempre quello di superare gli steccati e favorire il dialogo interno.
      Nel suo ruolo di iniziatore di questa dolorosa polemica, la prego di far smorzare i toni contro di me. Perché non ci vediamo e ci parliamo?
      Cordialmente,
      Sergio Di Veroli

      1. Parlare con un saccente come lei è tempo perso. Sarei io che ho iniziato questa polemica ??? Penoso non sa cosa dice. Non si affretti a rispondere la chiudo qui da ex violento, ha solo.creato dei danni a persone inconsapevoli che stimo

  6. Bravissimo Alberto!!!!!! basta faziosità storica! io quegli anni non ,i ho vissuti e li ho sempre sentiti raccontare: la tua versione corrisponde, la sua proprio no

  7. Grazie Elio, su Riflessi di pochi mesi fa scrissi 2 articoli in proposito. E un’altro per la mancata visita della Meloni per il 16/10 Non si fanno sconti a nessuno
    Si trovano su Riflessi.

  8. Caro Sergio, io ho una visione diversa dalla tua . Come” intellettuale”, come dici tu, già professore ordinario all’Universita’, ho progredito nella comprensione di molte cose con l’apporto fattivo e” pensante”della piazza,termine dispregiativo che non accetto.Loro hanno insegnato a me molto di più di quanto ho insegnato loro e spero proprio che “ tengano duro “ su alcune posizioni intransigenti, rabbinato compreso.Con affetto Gianni

  9. Concordo in toto con alberto di consiglio , certo alcuni di noi nn avevano il livello culturale di cui si sente depositario il sig di veroli ma nonostante ciò abbiamo partecipato alla vita comunitaria senza tirarci indietro e molte notti tranquille del sig di veroli si sono basate sull’impegno di tanti che sacrificavano il loro tempo al servizio della comunità,
    Forse se avesse approfondito la conoscenza di quel gruppo di PIAZZA vi avrebbe trovato persone che nulla avevano da invidiare a quell’elite di cui si sente parte .
    Ps , credo che anche lei avrà una spalla più bassa , memore di quando nn esistevano tante differenze tra gli ebrei del ghetto

  10. Penso che questa intervista passerà alla storia, da tanto tempo non vedevo un livello cosi’ basso; avrei molto da dire e da scrivere…. ma per fortuna il razzismo espresso in queste brutte righe non appartiene ai nostri ragazzi, i nostri figli sono una comunita’ siano se frequentano le universita’ sia quando difendono le ragioni di Israele e degli ebrei per strada, io figlio di un professore universitario sono orgoglioso di essere sempre stato vicino agli ”energumeni di piazza” che mi hanno insegnato ad essere ebreo a testa alta senza se e senza ma

  11. Non uso fb, ma ho la possibilità di leggere i commenti a quanto scritto dal Di Veroli e credo di avergli risposto a modo anche in maniera decisa. Quello che trovo inacettabile è sfruttare l’occasione per denigrare ed offendere Moked/Pagine Ebraiche e quindi l’Ucei cosa che iniziò dalla presidenza di Renzo Gattegna, che a suo tempo invitai a querelare chi lo stava insultanto , lui da vero signore mi disse che non lo avrebbe fatto. Chi lo ha scritto avrà modo di leggere questo mio commento. E mi chiedo che differenza passi tra il Di Vetroli e i diffamatori da tastiera. specie se hanno (ora) ruoli nella Cer. Nulla, stessa pasta

  12. Caro Sergio, credo che questo tuo scritto sia infelice sotto tutti i punti di vista. Oltre alla tua personalissima ricostruzione sui fatti del Kadima che crea ulteriori spaccature, trovo penosa anche la tua analisi sulle conversioni che di fatto è una apertura all’ebraismo riformato. Ma non solo! Ripercorri una serie di iniziative citando una serie di inesattezze che difficilmente si riescono a mettere insieme. Forse dovresti andarti a rileggere i verbali di consiglio, che sono pubblici, dalla fine degli anni ‘70 in poi….avrai sicuramente delle sorprese rispetto a quello che hai scritto. Tornando alla storia di quelli che te in tono dispregiativo e semplicistico definisci “energumeni” con il compianto Renzo Gattegna hanno avuto sempre in rapporto di stima reciproca e di collaborazione come ha ben ricordato Alberto Di Consiglio. Permettimi una caduta di stile. Quelli della tua cerchia intellettuale che nel dopoguerra hanno gestito la comunità di Roma, salvo pochissime eccezioni, avranno avuto lauree e professioni, ma nessuna conoscenza della Cultura ebraica con la c maiuscola. La vostra cosidetta cultura ebraica si limitava a qualche tradizione tramandata blandamente e ad una parziale conoscenza storica. Tant’è che le varie dirigenze ebraicamente sono state lontane anni luce dal resto dell’ebraismo mondiale con i risultati che stiamo vedendo e che non possono essere imputati a quella che tu definisci “rigidità degli attuali rabbini israeliani” ignorando che certe norme risalgono a testi scritti da secoli anche da rabbini italiani di cui si ignora l’esistenza e che certe regole sono per l’ebraismo ortodosso universali. Forse l’unica cosa buona che questa tua infelice intervista potrà produrre è un dibattito sull’ebraismo romano e italiano degli ultimi settanta anni. Anche noi dovremmo fare i conti con la nostra storia.

  13. Io nn inizio con un “Caro Sergio” perché nn mi riesce a considerarti “caro” dopo tutte le falsità e castronerie che sei riuscito a inanellare in questa intervista. Forse, vista la tua elevata posizione culturale e professionale, nn hai mai avuto modo di vedere chi, ad un presunto livello più basso rispetto al tuo, ha sempre lavorato per il bene e per la difesa della nostra Comunità. Personalmente nn ti ho mai visto fare un turno di servizio di sorveglianza alla scuola o al Tempio come tanti altri energumeni ( me compreso, energumeno intendo ). Disprezzare, come hai fatto tu, persone che hanno sacrificato le loro famiglie e il loro lavoro mettendo a rischio anche la propria incolumità ( faccio nomi…Baffone, Cesare Cavallo, Pucci z.l. e innumerevoli altri ) chiamandoli energumeni cancella completamente quanto di buono puoi aver fatto in ambito comunitario. Inoltre ritengo che la tua critica nei confronti dell’attuale Rabbinato ha reso ancora più imbarazzante il tuo intervento. Sottosrivo quanto hanno scritto tutti gli altri e aggiungo che mi aspetto le tue pubbliche scuse nei confronti dì chi hai offeso in modo così maldestro.

  14. I fatti del Kadima sono totalmente esecrabili! Così l’aggressione e così pure le indegne locandine che l’hanno provocata. Ma io voglio soffermarmi su un altro aspetto di quei fatti, premettendo che non conosco personalmente Sergio Di Veroli. Questa Comunità, la nostra Comunità, ha patito le pene dell’inferno, coi fascisti prima, i nazisti poi, poi di nuovo i fascisti ed infine con i terroristi palestinesi e ora di nuovo con uno srisciante antisemitismo. E’ chiaro che tutto questo abbia influito ed influisca ad indurire e ad esasperare gli animi e che porti poi, come ha scritto qualcuno, a non “far sconti a nessuno”. Purtroppo però, questo atteggiamento è entrato a far parte oramai nel modo di fare di tanti componenti la nostra Comunità, un atteggiamento che sempre più spesso respinge il dialogo con prepotenza e non accetta il confronto anche sui più banali argomenti, soprattutto quando nel dialogante si riconosce una persona con un’altra idea politica. Tutto ciò, mentre i nemici, quelli veri, sono fuori dalla porta… Senza la tolleranza, il dialogo ed il confronto tra noi, la faglia invisibile che già divide da una parte e dall’altra questa Comunità, diverrà una voragine incolmabile. I post che ho letto qui sopra nei confronti di un anziano signore, reo di aver apostrofato malamente dei personaggi che certamente non si sono fatti onore per scempio che hanno fatto in un circolo ebraico , ne sono un esempio. Perchè ancora una volta la violenza ha prevaricato sul dialogo ed il confronto! In nessuno di questi post è presente una parola di plauso alle tante e ammirevoli iniziative di Sergio Di Veroli, fatte a suo tempo per la nostra Keillà. La parola energumeni, ha prevaricato prepotentemente su tutto. Riflettiamo!

    1. Caro Ariel ti invito a leggerti Shalom Dicembre 1974 che publicò il comunicato della Cer riguardo i fatti del Kadima. Fu un atto di accusa totale nei confronti di chi “,aveva portato all’interno della comunità ideologie che mettono in discussione l’esistenza stessa dello stato di Israele, istigano alla violenza….sono divisorie…..persone che vanno allontanate.. ” E molto altro. Il capo Rabbino era un certo Rav Toaff …. Il Centro di Cultura ha tutti i numeri di Shalom compreso questo, puoi farteli inviare da mia moglie Miriam Haiun che ne è la direttrice. Aver tirato fuori un episodio di 48 anni fa apostrofando in malo modo mezza comunità non mi è sembrata una buona idea.
      Senza considerare il contesto storico di quel periodo, anni di piombo e guerra civile a bassa intensità come veniva definita dove “gli energumeni” erano coinvolti ogni giorno per garantire la sicurezza delle istituzioni e cercare di arginare le provocazioni dei fascisti ed estrema sinistra. Come vedi ad energumeni non ho aggiunto di piazza in quanto quel movimento unì gran parte degli stradi sociali della cominità. Direi di non continuare con queste polemiche e metterci una pietra sopra.
      Meglio per tutti meglio per Menorah che come ben sanno alcuni cari amici della lista abbiamo votato con convimzione. Ora inizio a farmi delle domande

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