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Quale futuro per Israele, adesso?

Dopo il voto della scorsa settimana, il paese si appresta a essere governato dalla colazione più a destra della sua storia. Ne abbiamo parlato con Sergio Della Pergola

Raggiungo al telefono il professor Della Pergola mentre è in partenza per l’Italia dove sarà relatore a un convegno del Cdec sull’identità ebraica in europea, e in cui, mi spiega, sarà inevitabile parlare delle recenti elezioni in Israele.

 Professor Della Pergola, che aria si respira in Israele, il giorno dopo il voto?

Sergio Della Pergola, professore emerito all’Università di Gerusalemme, è statistico e saggista di fama internazionale. E’ specializzato in demografia dell’ebraismo nel mondo e in Israele (Foto: E. Salman)

Sono a Gerusalemme, la giornata è fresca e un po’ nuvolosa; direi che il mondo gira come al solito. Invece, se parliamo delle reazioni politiche che si percepiscono, allora mi sembra che quelle del pubblico siano polarizzate come lo è stata tutta questa campagna, tra chi gioisce e chi è scontento e preoccupato.

E lei?

Io sono molto preoccupato per il futuro Israele, e prego sinceramente che il buon senso prevalga. Nel momento in cui le parlo non ci sono ancora i risultati definitivi, perché ci sono ancora da scrutinare i voti dei fuori sede: i soldati e chi era fuori casa, come diplomatici, marinai, shelichim. Il risultato però ormai è chiaro.

I sondaggi annunciavano il rischio di un nuovo stallo. Invece il blocco di destra ha avuto un’ampia vittoria. Se lo aspettava?

Netanyahu (nella foto: con la moglie, dopo la vittoria) si apresta a tornare a capo del governo più a destra della storia di Israele

Lo stallo nel paese c’è ancora. Se guardiamo i numeri dei voti che hanno sostenuto la coalizione vincente e quelli che non l’hanno sostenuta, compresi i voti dispersi, vediamo che essi si pareggiano [lo scarto, a scrutinio completato, è di circa 28.000 voti, n.d.a.]. In Italia, nel voto del 25 settembre, successe qualcosa di simile, nel senso che la destra è potuta prevalere grazie al trionfo nei seggi uninominali. In Israele c’è una legge elettorale proporzionale con soglia di sbarramento del 3,25%. Il risultato è stato determinato dal tragico errore della sinistra dei laburisti e del Meretz, di non unirsi; il Meretz non ha superato la soglia di sbarramento, così come uno dei partiti arabi, e il risultato della ridistribuzione dei seggi di questi voti ha premiato il blocco di destra.

Il vincitore è innegabilmente Netanyahu. Lei lo ha definito il politico più abile del panorama israeliano. Ci può aiutare a descriverlo? Quali sono i tratti più caratteristici della sua azione politica?

Bezalel Smutrich

Quando si vede un buon giocatore, anche se gioca nella squadra avversaria e si vorrebbe che perdesse, bisogna riconoscere le sue qualità. Indubbiamente Netanyahu è una figura ancora attrattiva. Inoltre sa manovrare la politica e ha la capacità di sfruttare il sistema politico come nessun altro. In questo è il più dotato; poi, va detto che gli altri competitors non sono stati all’altezza. Netanyahu invece è riuscito a creare un blocco tecnico risultato per lui molto vantaggioso; inoltre è un personaggio che si presenta con una sicurezza acquisita negli anni, da grande leader, mentre gli altri non appaiono altrettanto a loro agio. È il politico più navigato, anche se si porta sulle spalle un fardello di problemi gravi che però dissimula [Netanyahu è sotto processo con l’accusa tra l’altro di corruzione e frode, n.d.a.]. Insomma, affascina perché è un leader carismatico, ricordo che da giovane è stato nelle forze d’assalto scelte, congedato col grado di capitano. Purtroppo però le figure carismatiche portano disgrazie in politica, l’Europa lo sa bene. Oggi Netanyahu è contornato da forme di culto della personalità, che per chi osserva la politica in modo spassionato sono preoccupanti.

Possiamo definirlo un politico anche pragmatico?

Certo, possiamo chiederci se sia un pragmatico o un ideologo. Io pensavo fosse pragmatico, ma dal 2015 ha avuto una svolta ideologica e oggi è un leader della destra.

Cosa c’è di male?

Ben Gvir

Nulla, essere di destra è legittimo, è ovvio. È la democrazia, che va rispettata. Ogni popolo ha il governo che si merita. Il popolo segue determinati istinti, magari poi si pente, nonostante tutto la democrazia è la forma migliore che esista. Certo, in Italia nel 1924 ci furono le elezioni e Mussolini vinse nonostante lo scandalo della morte di Matteotti, mentre qui in Israele tra i vincitori c’è chi gioì per la morte di Rabin. Per questo sono preoccupato. Il 1924 italiano non è comparabile con il 2022 in Israele, però il fatto è che un leader in Israele dovrebbe rivolgersi al popolo cercando l’unione nazionale, perché sappiamo che Israele deve affrontare situazioni difficilissime di sopravvivenza. Questo non è successo. In campagna elettorale Netanyahu ha detto di puntare a un governo “Yamina malè”, di “destra piena”, per cui chi non è con lui diventa un traditore. Credo che queste posizioni siano molto pericolose.

Che governo sarà il suo?

La sua coalizione ha la maggioranza, ma rischia di creargli molti problemi.

Perché?

manfestazione di haredim a Gerusalemme

C’è il suo partito, il Likud; poi ci sono due partiti di haredim: Yahadut ha–Torà, formato a sua volta da 2 partiti in lite tra loro (chassidim e lituani) e Shas. Poi c’è Hazionut Hadatit, espressione del sionismo religioso, che per me non rappresenta né il sionismo né la religione, e che è governato da due personaggi, Smutrich e Ben Gvir, che hanno già dichiarato di essere tra loro autonomi politicamente. Di questa collezione, almeno 4 partiti vanno considerati estremisti in senso politico o religioso. E poi noto che sono quasi tutti uomini: su 64 eletti solo 8 sono le donne, il che mostra una maniera grottesca di concepire la società contemporanea. Lo stesso Likud – cui va dato atto che fa le primarie, a differenza di Yesh Atid di Lapid e Unione nazionale di Ganz –  ha selezionato una classe politica che ha marginalizzato le figure moderate ed è diventata oltranzista. Si ascolta una grande retorica e volgarità. La coalizione appare come un gregge rancoroso e diverso. Tutto questo, tuttavia, attrae grosse fasce di pubblico, molto scontento a causa della mancanza di sicurezza di fronte agli ultimi attentati. La coalizione sarà di composta da forti personalità con esigenze enormi, sarà difficile compensare tutti. Prevedo un governo mastodontico. non so se potrà reggere 4 anni.

Benny Ganz, ex capo di stato maggiore

Gli osservatori occidentali si dicono preoccupati delle posizioni estreme di alcune forze politiche che andranno al governo, in particolare del fenomeno di Ben Gvir.

Direi che Ben Gvir è al limite del profilo psicopatico. Intanto è stato riformato dall’esercito, e mi chiedo perché, dal momento che non pare avere problemi fisici. Da ragazzo è stato ricercato dalla polizia, su di lui ci sono infiniti fascicoli. Fa parte del movimento del rav Kahana, a suo tempo fuori legge. Nel 1995 riuscì ad avvicinarsi alla macchina di Rabin rubandone il fregio e poi disse che sarebbe arrivato anche a lui; poco dopo Rabin venne ucciso. È un provocatore professionista. Pericoloso però è anche Smutrich, un mestatore espressione del sionismo religioso, un personaggio irrequieto, un altro grande propugnatore della sicurezza e delle armi che però fece il servizio militare imboscato in qualche ufficio.

Parliamo ora dell’opposizione. Lapid e Ganz non sono riusciti a costruire un blocco davvero alternativo alla destra. Questo voto è espressione anche di un cambio nella società israeliana?

Yair Lapid, premier uscente

Dobbiamo riconoscere che l’alta percentuale di votanti ha scelto la destra. La destra ha raccolto voti degli strati socialmente più bassi, delle periferie urbane e regionali, qualunquiste, senza mezzi economici o intellettuali. Interessante è che molti giovani haredim hanno votano Ben Gvir e Smutrich e non il loro partito religioso. Come se ci fosse una osmosi tra il mondo ortodosso e quello nazionalista. Dobbiamo riconoscere che oggi il popolo di Israele comprende una grossa fetta venata di razzismo e di ultranazionalismo, senza quel minimo di realismo politico che ci fa riflettere che non siamo soli al mondo. Non si può certo ignorare il rapporto con gli Usa e l’Europa.

La sinistra ha ancora un futuro in Israele?

Merav Michaeli, leader del Labur

La leader Michaeli del labour ha grandi responsabilità per questa sconfitta. Non ha voluto fare blocco con il Meretz, per ripicche di bassa lega. Questo dimostra avere ben scarsa capacità politica, suggerirei a Michaeli di dimettersi. Altri, come Lapid, hanno cercato molto di crescere, e in effetti il suo partito è migliorato, ma ha rosicchiato voto agli alleati, senza conquistarne altri del campo avverso.

Come sta reagendo il mondo arabo a questo voto?

Diciamo innanzitutto che al voto c’erano tre partiti arabi, frazionati da odi interni e lotte di ego, che svelano la fragilità assoluta del mondo palestinese; non sono riusciti a mettersi d’accordo nemmeno sui resti dei voti, mettendo così a rischio un altro seggio. Uno dei tre partiti, Balad, non ha passato la soglia di sbarramento, e la cosa non mi dispiace, perché è un partito estremista e antiisraeliano. Quanto al resto del mondo arabo, finora c’è stata solo la debole reazione degli Emirati arabi, la realtà è che sono tutti in attesa. Ora c’è stato l’accordo con il Libano sul confine marittimo e il gas, ma Netanyahu ha detto in campagna che l’avrebbe rigettato. Vedremo, non sarà facile, se lo facesse davvero sarebbe un errore clamoroso. L’accordo ovviamente richiede delle rinunce ma è importantissimo, perché il Libano è ufficialmente ancora un paese in guerra con Israele, gli Emirati non lo erano.

Che posizione avrà il governo di Netanyahu sulla guerra in Ucraina?

Bennett incontra Putin sul lago Maggiore nel 2021.

Netanyahu ha avuto relazioni con Putin, ma non so se Putin ora lo prenderà sul serio. Bennett aveva tentato una mediazione, fallita. Lapid ha dichiarato di essere a favore dell’Ucraina senza però dare molti mezzi militari. Ora Netanyahu può avere l’ambizione di essere un nuovo mediatore.

Cosa dobbiamo aspettarci nei rapporti con i palestinesi?

È molto difficile valutare. L’ideologia di Ben Gvir e Smutrich è che la terra, Eretz Israel, sia tutta degli ebrei, e gli altri debbano essere spediti via. Dobbiamo attenderci provocazioni a oltranza, il rischio è che la provocazione possa causare incidenti internazionali. Questi personaggi non hanno freni inibitori.

Israele è da sempre faro per gli ebrei della diaspora. A suo avviso questa vittoria avrà ripercussioni anche nelle comunità fuori da Israele?

manifestazione a favore di Israele negli USA

Certamente, una parte degli ebrei della diaspora non approva questa forma di ultranazionalismo e di chiusura sull’organizzazione comunitaria. Io posso anche essere in disaccordo, però riconosco che ci sono persone che in buona fede esprimono un ebraismo diverso dal mio; tagliarli fuori significa mutilare il mondo ebraico. Penso a un’egemonia dei haredim in Israele, che possa rompere i ponti con l’ebraismo della diaspora e soprattuto quello americano. Questa posizione nega l’identità ebraica agli ebrei conservative e reform – proprio mentre l’antisemitismo sta crescendo nelle università e nei campus – però poi pretende il loro appoggio allo Stato israeliano. Israele ha il compito di rafforzare gli ebrei della diaspora, non di indebolirli.

E in Italia?

la Knesset, il Parlamento israeliano

I dati delle ultime indagini mostrano che il 12% degli ebrei italiani si dichiara ortodosso, il 16% tradizionalista, il 10% vicino ai reform e conservative, e poi c’è un 54% che si dichiara ebreo e basta, senza aggettivi. Infine, c’è un 8% che non ha molto interesse per la propria identità. Non credo perciò che le posizioni estremiste che si preparano a guidare Israele avranno profondi effetti nella diaspora. Ma il distanziamento da Israele crescerà.

Leggi anche: ecco le priorità dell’ebraismo italiano

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