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Proust senza tempo

Come la letteratura ci cambia la vita (forse)

Da poche settimane si sono ricordati i 100 anni dalla morte di Marcel Proust, ebreo di origine, la cui letteratura ha segnato tutto il Novecento

A poco più di cento anni dalla morte di Marcel Proust (il 18 novembre 1922) e della sua sepoltura al cimitero di Pere Lachaise molti autori si cimentano nella celebrazione e nel ricordare l’opera del grande scrittore francese.

Proust foto
Marcel Proust (1871 -1922)

Tra questi Alessandro Piperno, docente di letteratura francese all’università romana di Tor Vergata, autore tra i più prolifici e letti degli ultimi anni che dell’autore è stato portato ad innamorarsi per caso al liceo fino a farlo diventare il termine di misurazione e di rappresentazione della sua scrittura, ma anche del suo approccio con gli altri autori amati. Quelli che altrettanto sono importanti per l’autore: quindi un confronto con Montaigne, Celine, Nabokov, Balzac, Dante, Woolf e Roth. Saggi in parte già apparsi sulla stampa.

Tutto è raccolto e spiegato in PROUST SENZA TEMPO (Mondadori, 153 pagine 19 euro).

la ricostruzione della camera di Proust

E se in copertina mostra una classica immagine giovanile dello scrittore francese nel retro mette subito in guardia: “E’ di Proust che vorrei parlarvi. Della sua centralità nella vita di tanta gente come me, di come ha contribuito a cambiarcela, ma anche di come è riuscito ad avvelenarla ben benino e per sempre. Perché, occorre esserne consapevoli, quando ti entra dentro non ti lascia più in pace”.

Del resto all’inizio dell’opera fa da contraltare una citazione di Gide: “Mio caro Proust, da qualche giorno non lascio più il vostro libro; me ne sazio con diletto, mi ci sprofondo. Ahimè! Perché deve essermi così doloroso amarlo tanto?”. Mentre fa i conti con il passare del tempo Piperno si chiede se la passione per i romanzi non sia valsa da esorcismo a tutto questo. A questa decadenza anche fisica. Oppure non sia la ricerca di una specie di eternità da raggiungere attraverso il reincarnarsi nei personaggi letti. Ma nemmeno questo resiste “allo sgretolarsi dei giorni”.

Il primo approccio di Piperno con Proust arriva grazie al regalo dell’amico Roberto all’ultimo anno delle scuole superiori. Sebbene avesse già letto i romanzi di formazione – come si diceva un tempo – classici russi, i romanzieri francesi, gli inglesi dell’età vittoriana, Piperno si sente subito rapito: “non so se Proust sia il massimo romanziere di sempre – talvolta, mettendo tra parentesi i suoi difetti, sono portato a crederlo – ma sono certo che nessun altro scrittore, dopo Shakespeare, abbia saputo descrivere con altrettanta pazienza e precisione i moti tellurici dei nostri cuori in subbuglio”. Ci sono tanti modi per essere proustiani, ci dice Piperno, dagli esercizi di seduzione, al cinismo e lo snobismo, fino all’identificazione con uno dei personaggi, o la trasposizione di madame Verdurin in tanti incontri che si fanno nella nostra vita o come dice lo scrittore “ogni volta che giudico una persona non per ciò che è, ma per ciò che mi converrebbe fosse…ogni volta che faccio finta di commuovermi o di indignarmi per cause che mi interessano appena…ogni volta che divido il mondo tra ‘noi’ e ‘loro’, tra ‘amici divertenti’ e ‘nemici noiosi’”.

Lemaire Verdurin
Madeleine Lemaire, pittrice, scrittrice. A lei probabilmente si ispirò Proust per il personaggio di Madame Verdurin.

Inevitabile poi affrontare la condizione di ebreo a metà ricorrente in Piperno e che trova in Proust un elemento da sempre dibattuto sebbene il grande scrittore non sia mai stato nel Pantheon degli ebrei nonostante non sia stato ostile all’ebraismo e abbia militato tra i difensori di Dreyfus. Eppure non viene citato, dice l’autore, tra gli esempi più fulgidi dell’affermazione dell’ebraismo tra le arti e le professioni. Malgrado la sua opera veda una nutrita presenza di ebrei a differenza di altri autori, da Kafka a Svevo. Resta in ogni caso fortissimo il legame di Proust con la propria famiglia, come per Montaigne che apre la lista degli accostamenti voluti da Piperno, forse perché “pochi privilegi sono più immeritati di un’infanzia felice”.

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