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Mussolini, Hitler e Vittorio Emanuele III

Nel corso degli anni Trenta abbiamo una serie di segnali da parte di ebrei che stanno percependo l’aggravarsi della situazione; l’antisemitismo non arriva all’improvviso. Mussolini è un pragmatico, a lui non interessa alzare la voce e affermare un principio, ma fare i passi che ritiene giusti per indirizzare la società verso l’obiettivo che aveva in mente. All’inizio lui teme gli ebrei, pensa che siano forti, danarosi, il classico pensiero dell’antisemita, e per questo non li attacca pubblicamente. Pensava che ci fosse un momento giusto per tutte le cose, e si convince che questo momento è il 1938. Insomma, fa con gli ebrei quello che ha fatto con l’Etiopia: si è mosso quando lo ha ritenuto opportuno.

Con l’entrata in vigore delle leggi razziali del 1938 tutti gli ebrei ritirano completamente ogni sostegno residuo al fascismo?

Mussolini annuncia le leggi razziali a Trieste, estate del 1938

Vittorio Foa scrisse: io lo sapevo e ve l’avevo detto. Gli ebrei fascisti invece entrano in una crisi che dobbiamo anche rispettare, perché è difficile capire cosa fu per loro il crollo di quel mondo. Lo storico non deve dare giudizi, ma registrare una profondissima crisi dovuta alla loro cecità; ma ecco, non sapevano di essere ciechi, altrimenti si sarebbero allontanati prima. Dopodiché inizia un processo di spinta progressiva verso la democrazia, che è più forte ovviamente tra i giovani. Paradossalmente, i giovani educati nella scuola fascista si ribellano più velocemente dei padri, che quella scuola non l’avevano frequentata. Il disvelamento della natura del fascismo è disvelamento anche di sé stessi, in un processo interessante dal punto di vista psicoanalitico: molti si interrogano sul perché erano caduti così in basso, intrappolati dalla fede fascista. Questo però non per tutti. Il fascismo, bisogna dire, è rimasto presente nella compagine complessiva degli ebrei italiani anche dopo il 1938.

Cosa significa?

Anche se piace dire che gli ebrei sono tutti antifascisti, questa è retorica. Non esiste nella vita umana che si è tutti da una parte o dall’altra. Non c’è una predisposizione genetica degli ebrei ad essere antifascisti. È sempre un processo culturale, un traguardo che ciascuno deve conquistare. E nella Repubblica ci sono stati casi di ebrei avvicinati a quel periodo. Ovviamente non ci sono nostalgici delle leggi antiebraiche. Se però intendiamo lo sprezzo della democrazia, l’esaltazione dell’ordine, l’imporre la tradizione politica al di sopra del progresso e della modernità, il favore per la limitazione di diritti delle altre minoranze, allora sì, ci sono ebrei fascisti anche dopo il 1938.

l’assalto neofascista alla CGIL di sabato 9 ottobre 2021

Dopo il 1943 il PNF e Mussolini trovano una nuova casa a Salò, con la repubblica sociale italiana. Quale fu la responsabilità dei fascisti italiani nelle deportazioni degli ebrei?

Anche qui intendiamoci. L’ordine di deportazione da Fossoli o dal collegio militare di Roma era tedesco, ma complessivamente, tra tutta Italia, più o meno la metà degli ebrei deportati è stata arrestata da fascisti italiani, che sapevano quello che tutti sapevano: gli arresti erano finalizzati alle deportazioni e le deportazioni erano finalizzate alla morte. Lo si sapeva, anche se nessuno lo scriveva. Anche se non ho prove documentali per affermarlo, io ritengo questo: negli incontri di settembre del ’43 a Monaco, Mussolini sa che Hitler gli sta dando il potere per prendersi gli ebrei. Mussolini ha barattato il potere con la vita degli ebrei italiani.

Mussolini costituisce la RSI a Salò dopo l’8 settembre 1943

L’eredità politica della RSI è stata raccolta dal movimento sociale italiano, che infatti pose come suo simbolo la fiamma tricolore ardente su un parallelepipedo, simbolo della bara di Mussolini. Secondo lei come si spiega la dichiarazione di Fdi, per cui sono “fieri” di usare ancora quel simbolo?

Io non do particolare importanza al simbolo, che si tiene forse anche per questioni legali. Quel che è certo però è che lì dentro ci sono fascisti e c’è un’area di antisemitismo; ovviamente non di quella specie che va in giro con la mazza a picchiare gli ebrei, ma c’è un pensiero antisemita. C’è una radice. Bisogna che quel partito dica: voglio proteggere le minoranze, tutte, non solo alcune.

A suo avviso si tratta di un partito che ha definitivamente reciso ogni legame con il passato? Le dichiarazioni della sua leader, Giorgia Meloni, la convincono?

il simbolo di Fratelli d'Italia, eredità di quello del MSI (Movimento sociale italiano)
il simbolo di Fratelli d’Italia, eredità di quello del MSI (Movimento sociale italiano)

Io la vedo molto timida. Capisco che sia difficile spurgare il fascismo dall’Italia perché 20 anni hanno pesato tantissimo. Però chi è contiguo a quell’area dovrebbe agire di più per smarcarsi, per rigettare quelle radici. Dovrebbe dire che è sbagliata la guerra in Etiopia, la soppressione del diritto di voto, il rinnegamento totale della democrazia. Occorre tenere lontane le aree fasciste. Questo la Meloni non lo ha fatto, invece ha fatto una provocazione che giudico molto grave.

A cosa si riferisce?

Tre giorni dopo l’annuncio della candidatura di Emanuele Fiano al Senato, nello stesso collegio FdI ha candidato Isabella Rauti. Avevano decine di candidati per sfidare Fiano, per un confronto sui programmi, e invece hanno deciso di fare un confronto sui padri. La Meloni ha voluto la sfida diretta. Per questo credo che quella sia una sfida fondamentale, per il suo valore simbolico: nei libri di storia di domani si parlerà infatti di questo: quale padre, quale tradizione avrà vinto?

Mi resta un’ultima domanda, sugli ebrei inclini al pensiero fascista. È un rischio oggi superato?

Emanuele Fiano, nel cui collegio elettorale si presenta Isabella Rauti

Naturalmente tutto è cambiato dal quel 28 ottobre 1922, giorno della marcia su Roma. Il mondo è cambiato e le proposte e i programmi sono diversi, ma i valori che stanno dietro ad alcune proposte hanno le radici in quel passato. L’antidemocrazia oggi esiste. La si può chiamare in molti modi: reazionaria, fascista e postfascista, ma l’antidemocrazia in Italia c’è, e ripeto: una persona, per il fatto che fa parte della comunità ebraica, non è automaticamente vaccinata contro questo pensiero.

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2 risposte

  1. Vero, far parte di una comunità ebraica non non significa essere immuni dal sovranismo da pulsuoni antidemocratiche. Quello che sconcerta è la vicinanza di ambienti politici ebraici a partiri postfsscisti come FdI. In questo la comunità di Roma ne ha una certa tradizione fin dai tempi di Alemanno sindaco

  2. Purtroppo c’è un antisemitismo e antisionismo molto forte anche e sopratutto a sinistra, dal Pd verso la sinistra di Fratoianni & C. che si unisce ad un terzomondismo filoislamico, da cui proviene il filone islamista della Fratellanza musulmana fortemente antisemita e anti occidentale che ha già provocato il ribaltamento elettorale in Svezia. Non vorrei che fosse ancora una volt la sinistra a provocare, in forma fortunatamente diversa, quanto accadde nel 1922!

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