Israele e i nostri valori
Israele è una democrazia che va difesa e sostenuta con lucidità e ottimismo
Sono un ebreo che ha vissuto l’esperienza del ’67 a Tripoli, che ha segnato tutta la mia vita: mi ha insegnato tutti i segreti, le istruzioni, la forza e la lucidità a cui ricorro dal 1987, da quando ho iniziato il mio impegno.
Assediati nelle nostre case per un mese – in una città sotto coprifuoco, segnata da incendi, assassinii, linciaggi – ho avuto diversi maestri: per primi mio padre e mia madre, due giganti, e poi il nostro vicino di casa arabo.
È stato lui, fiancheggiato da mio padre, ad insegnarmi cosa fossero il panarabismo e il panislamismo: definiva “cani di Nasser” e “falsi patrioti” i panarabisti e chiamava “traditori della fede” i fanatici islamisti.
Ricordo che è stato pedinato e aggredito dai “cani di Nasser” perché avevano capito che procurava cibo (e non solo) a degli ebrei, cioè a tutti noi chiusi in casa nostra, all’incirca trenta persone, finché un giorno mio padre l’ha supplicato di smetterla di aiutarci … era troppo pericoloso … per lui e anche per noi: è stato difficile convincerlo.
I conflitti del Medio Oriente, sempre ridotti dalla propaganda e dal pregiudizio europeo (sia colonialista che terzomondista) a caricaturali conflitti etnico religiosi, magari “per la terra”, sono in realtà il frutto velenoso delle ideologie totalitarie.
È un grande errore, una grande manipolazione, definire “israelo-palestinese” il conflitto che vede da decenni Israele contrapporsi non solo alle fazioni palestinesi, ma anche agli stati arabi ed agli stati ed organizzazioni non arabe a guida islamista. I nemici di Israele non sono il popolo palestinese, gli arabi o i mussulmani, ma i panarabisti e i panislamisti.
Una nuova grande positiva svolta storica sta però cambiando e cambierà la storia del Medio Oriente: gli Accordi di Abramo siglati nel 2020 fra Israele, EAU e Bahrein, sono una condanna ed una sfida concreta contro il vecchio panarabismo e il rampante panislamismo.
Al di là del significato simbolico di “riconciliazione” riconosciuto da tutti, questo nuovo asse, questa nuova alleanza che si sta allargando ad altri stati, rappresenta l’inizio di una rivoluzione politica, militare, economica, ideologica e teologica: se scoppiasse la pace l’economia dei Paesi mediorientali decollerebbe verso la luna, se scoppiasse la pace, ebrei e arabi tornerebbero allo splendore della convivenza andalusa.
Ma il significato più profondo degli Accordi di Abramo e delle sue conseguenze è di carattere teologico (e ideologico): siglandolo i mussulmani hanno riconosciuto “pari dignità” agli ebrei, considerati finora dalla teologia islamica dominante come “dhimmi”, ovvero una minoranza “protetta” e subalterna; anche per questo non poteva essere accettata la creazione di uno Stato per gli ebrei. La pari dignità è la condizione per rompere la spirale dell’odio, ed è la condizione per eliminare alla radice i presupposti culturali e ideologici che alimentano il fanatismo islamista.
Se arabi ed ebrei, come nazioni, tornano ad essere fratelli figli dello stesso padre, se ebrei e mussulmani tornano ad essere fedeli allo stesso Dio, le potenze non-arabe rimarrebbero emarginate da ogni dimensione politica, economica e ideologica. La loro ideologia islamista, cioè dell’uso politico dell’Islam, sarebbe delegittimata, depotenziata, progressivamente sconfitta.
A noi il compito, tutti i giorni, di sostenere Israele nella ricerca della pace e nel contrastare chi lo demonizza con boicottaggi e disinformazione. Questo servirà anche a contrastare l’antisemitismo, ma non dobbiamo mai scordare che le nostre armi segrete rimangono sempre il dialogo e la cultura, la divulgazione della cultura ebraica, con i suoi valori e con la sua luce.
A noi il compito, tutti i giorni, di restare uniti, lucidi, positivi e dialoganti con tutti, sostenendo argomenti di civiltà, di democrazia e di pace: in fondo noi siamo questo ed Israele per noi è questo.
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