La più grande comunità ebraica italiana contribuisce molto poco, in termini percentuali, alla raccolta dell’8 per mille. Considera che Roma (vado a memoria) riceve circa il 36-37% dell’8 per mille destinato alle comunità, mentre contribuisce per solo il 28% a creare quel gettito.

Facciamo qualche numero generale?

ognuno di noi, anche senza reddito, può contribuire a sostenere l’ebraismo italiano con l’8 per mille

Certo. Ovviamente parliamo di dati proporzionali, ma è significativo che dal sud, dove non c’è comunità, arrivino un significativo numero di firme: ne prendiamo prediamo 420 dall’Abruzzo, 130 dalla Basilicata, 500 dalla Calabria, 1300 dalla Sicilia, quasi 1000 dalla Sardegna. Insomma, il 5% del gettito arriva da territori dove ufficialmente non ci sono ebrei.

Come te lo spieghi?

Banalmente, una volta si diceva che prendevamo le firme di chi era in polemica con la chiesa. In realtà io credo ci siano dei luoghi dove si sia sviluppato un interesse verso l’ebraismo che viene da molto lontano. Pensa a San Nicandro, o agli sforzi della Calabria, alla Sicilia, dove c’era una comunità che poi è scomparsa, ma anche alla Puglia, dove un tempo c’erano 110 comunità ebraiche. Questa memoria del passato evidentemente è rimasta. Poi c’è tanta gente che ha ascendenze ebraiche e forse se ne ricorda.

E nel resto d’Italia?

la comunità di Parma è in percentuale la più virtuosa nella raccolta dell’8 per mille

Nei territori dove esistono le comunità il numero di firmatari è molto superiore a quello degli ebrei. Parma raccoglie un numero di firme pari a 68 volte il numero degli iscritti. Mantova ha un rapporto tra firme e iscritti pari a 42, Napoli a 41, (con tutto il sud), Modena 38, Verona 33, Vercelli 31, Ferrara 26, Bologna 25, Merano 18, Padova 14, Ancona 11, Venezia quasi 10, Genova 9, Torino 8, Livorno 7. Casale 3, Milano 2,85, Firenze 1,3.

E Roma?

Roma è l’ultima, con un rapporto pari a 1,18, comprensivo di Umbria, Abruzzo, Molise e Sardegna. Ma il dato che urla vendetta è che in tutto il Lazio raccogliamo circa 8.800 firme e ben sapete quanti sono gli ebrei iscritti in Comunità (circa 15.000, n.d.a.).

Ti sei dato una spiegazione di questo problema?

Credo che le ragioni siano principalmente due. La prima purtroppo è l’avversione dichiarata e sbandierata contro l’Ucei da parte di chi in passato ha avuto responsabilità istituzionali, e che oggi ancora non si è affievolita. La seconda è che a Roma c’è una parte della comunità socialmente in forte difficoltà economica; queste persone non fanno la dichiarazione dei redditi, o la fanno “a zero”, ma nessuno dice loro che possono ugualmente dichiarare il loro 8 per mille a favore dell’UCEI. Ogni firma, a prescindere dal proprio reddito, vale circa 65 euro.

Cosa si potrebbe fare?

la comunità di Roma riceve il 33% dell’8 per mille, pur contribuendo con solo il 25% dei donatori

Se le altre comunità raccolgono in media fino a 10/15 volte il numero dei loro iscritti, è perché fanno un’importante attività legata al territorio, la cittadinanza partecipa, e così poi si può sperare che ci sia un ritorno economico al momento della dichiarazione dei redditi. Ho invece l’impressione che in quelle comunità in cui ci si chiude e non si è interessati a dialogare con la città, poi i risultati sono penalizzanti. I numeri dicono questo.

Torniamo al problema generale: si può sperare di avere un maggiore gettito dall’8 per mille?

Noi oggi raccogliamo 4 volte il numero dei nostri iscritti. Credo che sia il rapporto su cui ci siamo stabilizzati. Tieni conto che, negli ultimi anni, è aumentato anche il numero delle confessioni che possono dividersi la quota dell’8 per mille. All’inizio oltre allo Stato e alla Chiesa, erano 5 le confessioni ammesse; oggi sono 11 o 12 (e mancano gli Islamici!). Questo evidentemente ci toglie potenziali donatori. Speriamo che il reddito cumulativo degli italiani cresca, ma tra pandemia, guerra ed altro si può solo pensare che resti stabile.

Eppure c’è chi fa meglio di noi. I valdesi, ad esempio, sono presi sempre come esempio.

8xmilleOggi la Chiesa prende oltre 1 miliardo, pari al 81% di tutto il gettito, e sappiamo quanto sia presente e influente; lo Stato è al 14-15%. Tutte le altre confessioni si spartiscono il 5% e più di metà di questo va ai Valdesi, avvantaggiatisi, – anche se questo mi è stato contestato, mi è stato garantito da un ministro e grande attivista –  dal fatto che a suo tempo il PCI diede una chiara indicazione di scegliere i Valdesi. La Chiesa e i Valdesi possono investire tantissimo, sia in pubblicità che in operazioni sociali di grande impatto; cosa che noi non possiamo permetterci. Il rischio è quello di andare a spendere ben di più dell’ipotesi di aumento. Quanto a noi, è probabile che l’assenza di marketing ci penalizzi; del resto ogni volta che abbiamo provato a fare delle compagne non ci siamo riusciti, perché i professionisti trattano l’ebraismo come un qualsiasi altro prodotto, e l’effetto può essere addirittura dannoso. Fare una campagna è difficilissimo. Ora vorremo cominciare a studiare di nuovo il dossier per il prossimo anno. Ci vuole qualcosa di più. Io però non credo che si possa alzare di molto, credo che il plafond sia questo.

Parliamo della “politica economica” dell’UCEI. Questa consiliatura si è aperta con un forte impegno della Presidente, della giunta e del consiglio ad agire per intervenire sul disagio sociale di molte famiglie, e a favore dei giovani; penso ad esempio alla formazione e alle scuole. Il bilancio consuntivo del 2021 che hai presentato è uno dei migliori degli ultimi anni, segno che l’UCEI (te per primo, naturalmente) ha saputo lavorare bene. Ci puoi spiegare in che modo l’UCEI agirà al riguardo?

il bilancio UCEI 2021 prevede nuove risorrse per i giovani

Il bilancio, già approvato dalla commissione, dai revisori e dalla giunta, ora dovrà passare in consiglio [il 3 luglio, n.d.a.]. Confermo che ritengo sia un bilancio difficilmente ripetibile, che ci ha permesso di intervenire proprio lì dove c’erano state le maggiori richieste dei consiglieri Ucei: welfare e giovani. Abbiamo messo 130.000 euro in più a disposizione di famiglie disagiate e indigenti, 50.000 euro per i giovani, oltre quanto era già a preventivo. Siamo andati incontro a esigenze segnalate. Resteranno poi altre risorse da dividere tra le comunità, i nostri stakeholders.

Provando a osservare le cose in prospettiva, possiamo dire di essere al riparo dagli effetti della crisi che sembra di nuovo affacciarsi nell’economia italiana, dovuta alle tante incertezze che gravano sul futuro?

Penso che l’8 per mille sarà un’entrata abbastanza stabile alle cifre di oggi. Se riusciamo a raggiungere i nostri indici di performance, reggiamo. Sono moderatamente ottimista. Questo sarà possibile se l’UCEI continuerà a rispettare le regole che ci siamo dati per rimettere i conti in ordine. La disciplina è la nostra garanzia per la stabilità e per residui da ridistribuire.

Un’ultima domanda. Tu vieni “dalla periferia” dell’ebraismo italiano, anche se da una famiglia che ha una lunga tradizione, e ormai da molti anni lavori in UCEI. Cosa ti sembra dello stato di salute dell’ebraismo italiano?

giovani ebrei italiani in campeggio

Non buono purtroppo. Il maggiore problema è quello demografico. Non possiamo ignorare che ci sono molti che guardano all’ebraismo con interesse e desiderio di partecipazione, ma che non riescono, non sempre per loro responsabilità, a farne parte. Questa chiusura a mio avviso è negativa, le comunità si riducono, gli iscritti si disaffezionano. Forse qualcuno crede che sia meglio avere 30 iscritti perfettamente osservanti che 3000 non perfettamente osservanti, ma questa linea ci porterà al declino e, personalmente, credo che sia una visione contraria all’ebraismo, che è sempre stato accogliente, e non respingente. Poi, c’è da dire anche che spesso riusciamo a farci male da soli, con le polemiche e le divisioni. Speriamo che all’esterno continuino a credere che l’ebraismo sia monolitico e fortissimo: ma appena se ne accorgono…

Vedi anche:

intervista a Noemi Di Segni

Chance2work

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