La riforma della giustizia è necessaria, ma quella voluta da Netanyahu è pessima

L’avvocato Renzo Ventura spiega a Riflessi perchè la riforma della Corte suprema voluta dal governo mette a rischio i cardini della democrazia liberale

Avvocato Ventura, che ne pensa della riforma della giustizia proposta dal governo Netanyahu?

l’avvocato Renzo Ventura, dopo tanti anni di professione in Italia, ha effettuato l’Alyà da alcuni anni

Questa riforma non è una carezza, è una picconata, un terremoto. Ci troviamo davanti a un momento di svolta, al pari di altri momenti drammatici che ha vissuto Israele; con la differenza che stavolta il rischio è interno al paese, e non esterno.

Cominciamo dall’inizio. Innanzitutto, che tipo di Stato è Israele, sul piano costituzionale?

Israele è una Repubblica parlamentare monocamerale; i tre poteri sono, ovviamente, il legislativo, l’esecutivo e il giudiziario.

Ha una Costituzione scritta?

No, in Israele non c’è una costituzione scritta; l’ordinamento è regolato da una serie di leggi basiche, o fondamentali, che in realtà sono regolate dalla stessa procedura prevista per tutte le altre: è sufficiente cioè la maggioranza semplice della Knesset (61 voti) per approvarle; in altre parole, le leggi fondamentali non richiedono una maggioranza qualificata, e questo è davvero un unicum: non esiste altro paese, a mia conoscenza, che sia dotato di leggi fondamentali le quali non abbiano una procedura più complessa (tecnicamente: rafforzata) per essere approvate.

La Corte suprema israeliana

Chi decide quali sono le leggi fondamentali, se la procedura tra queste e le leggi ordinarie è la stessa?

È la Knesset che le chiama fondamentali, di solito nel nome, o nel preambolo; in altre parole, il parlamento è sovrano nell’attribuire a una legge la natura di legge fondamentale. Formalmente, trattandosi di materie che investono principi universali, queste leggi non hanno indicato l’anno di promulgazione, cioè sono senza tempo, e dunque sono anche retroattive.

Perché Israele non ha una Costituzione scritta?

la Knesset, il Parlamento israeliano

Ci si è provato più volte, ma occorre considerare che per scrivere una Costituzione c’è bisogno di ordine, calma e pace, condizioni che in Israele non si sono mai avute, perché il paese, da quand’è nato, vive in una situazione di emergenza. Pensi se l’Italia fosse ancora in guerra contro l’Austria e la Germania, come a tempi della prima guerra mondiale, e in contemporanea dovesse fronteggiare il problema del terrorismo e dei flussi migratori: avrebbe tempo e modo per darsi una Costituzione? Non credo. C’è poi da considerare un’ulteriore difficoltà: la disomogeneità della popolazione. In Israele già ci sono tanti tipi di ebrei, diversi per cultura e abitudini (e, appena entrati, anche per lingua): russi, etiopi, nordafricani, asiatici, occidentali. Per non parlare dei religiosi e dei laici. Rappresentano culture diverse, dove grandemente diversa è anche l’idea di democrazia; questa diversa sensibilità comporta maggiore difficoltà nel riconoscersi in un testo scritto comune.

L’assenza di una Costituzione scritta fa di Israele un paese poco democratico?

la Camera dei comuni, il Parlamento inglese

Potremmo dire che un paese senza Costituzione non può esistere:  è a rischio di anarchia. Facciamo però chiarezza: esistono vari tipi di costituzione: rigide, flessibili, lunghe, corte. In Italia c’è una Costituzione di 139 articoli, lunga e rigida la definiamo; è una meraviglia, però sappiamo che è nata perché prima c’era lo statuto Albertino che non ha evitato la dittatura e le leggi razziali. Al contrario, nessuno ha mai pensato che l’Inghilterra, dove vige ancora la Magna Charta del 1215, ma non una costituzione scritta, sia un paese non democratico. Israele è un paese che non ha costituzione scritta, dunque non è democratico? In realtà qui ci sono leggi fondamentali; il problema semmai è che esse, come ho detto, non sono sistemate in una carta scritta.

Chi decide, in assenza di una Costituzione, se una legge è “giusta”?

La Corte suprema. Fino ad oggi la Corte ha invalidato 22 leggi ordinarie, ma nessuna legge fondamentale.

Che criteri utilizza la Corte per decidere?

in Israele le proteste contro la riforma del governo sono arrivate alla 18° settimana

La Corte ha facoltà di invalidare le leggi promulgate dalla Knesset; si tratta di una facoltà che la stessa Corte si è attribuita nel 1995, sotto la presidenza del giudice Barak, il quale elaborò la teoria per cui tutto è giudicabile dalla Corte, cioè si possono annullare anche atti amministrativi “irragionevoli “; il che per un giurista è un po’ un obbrobrio, perché chi è che decide quando un provvedimento del governo è ragionevole o meno? D’altra parte, in diritto i vuoti si riempiono, e il fatto che in Israele manchi una Costituzione scritta che delimiti le funzioni dei tre poteri dello Stato ha consentito questa espansione della Corte, per compensare le mancanze  del governo.

Il giudice Barak aveva una connotazione politica particolare?

Il giudice Barak non è stato l’unico a sostenere il potere della Corte suprema di intervenire su leggi e provvedimenti amministrativi ritenuti illegittimi, perché poi questa strada è stata seguita dai suoi successori; però certo è stato lui a inaugurare questo orientamento, ponendo talora in essere quella linea giurisprudenziale di supplenza rispetto alla Knesset.

Un’accusa che si muove alla Corte è però è di essere politicizzata, per lo più a sinistra.

la sede della Corte suprema

In generale, la Corte in questi anni ha emesso sentenze che non possono essere orientate politicamente in un senso preciso, perché alcune volte hanno colpito provvedimenti della destra, e altre della sinistra; direi perciò che ha svolto alla fine il suo compito in modo equilibrato. Considera che in Israele il sistema prevede che chiunque si ritenga leso in un suo diritto possa rivolgersi alla Corte, cosicché il risultato è che la Corte, di volta in volta, ha deciso, ad esempio, talvolta scontentando i coloni, talvolta i palestinesi. Occorre tener conto infine di un fatto simbolico, ma significativo: l’edificio che ospita la Corte Suprema israeliana è stato costruito su un luogo che, seppure di poco, è più alto di quelli in cui si trovano il parlamento e il governo. La linea di pensiero di coloro  che lo progettarono e realizzarono, era quella dunque di mostrare anche fisicamente che tutti devono essere sottoposti alla legge; naturalmente, compresa la Corte stessa.

È per questo che il governo vuole riformare la giustizia israeliana?

La riforma è uno strumento per cambiare i principi cardine dello Stato; ne abbiamo avuto un’avvisaglia il 22 marzo, secondo me data  da ricordare in punto di diritto.

Cos’è successo il 22 marzo?

la Corte suprema decide anche sui ricorsi dei singoli. In passato, ha anullato o rinviato provvedimenti governativi lesivi dei diritti della popolazione palestinese o arabo-israeliana; altre ha invece respinto i ricorsi

La Knesset ha approvato in prima lettura una legge secondo la quale un  primo ministro non può essere dichiarato decaduto in caso di condanna penale. Ora, te lo immagini l’effetto di questa legge? In Italia, alcuni anni fa, si parlò al riguardo di leggi ad personam, nel senso proprio che erano fatte solo per poche persone, e noi ci siamo già passati. In Israele succederebbe questo. In generale, aggiungo che anche questo governo si caratterizza per essere composto da tantissimi membri, ossia, al solito, si è cercato di dare qualcosa a tutti per avere consenso.  Se a tutto ciò si aggiunge il fatto che sono state presentate proposte di legge sulla creazione di un ulteriore corpo di polizia alle dirette dipendenze di un ministro, forse per la mancanza di fiducia nelle forze armate, e sul ripristino in taluni casi della pena di morte, ben si comprende come è tutto l’assetto dello Stato ad essere sconvolto dalle fondamenta.  E soprattutto a chi un minimo conosce la storia italiana e ha sensibilità giuridica non può mancare il chiaro richiamo, in fatto e in diritto, alla milizia fascista di mussoliniana memoria. Non sarà questo il caso, ma ci assomiglia molto.

Parliamo in particolare della riforma, su cui il paese discute e protesta da quasi quattro mesi.

Yair Levin, ministro della giustizia

La riforma vuole togliere alla Corte suprema il potere di annullare le leggi fondamentali approvate dal Parlamento; inoltre si vuole, tramite la diversa composizione della commissione elettorale, controllare la composizione della Corte: in sintesi, il governo decide chi nominerà i giudici della Corte Suprema.

Serve questa riforma?

Io credo, per quello che ho detto finora, che il sistema giudiziario israeliano andrà riformato prima o poi; ma il tema è: quale riforma serve a Israele?

Torniamo così al progetto del governo. Può spiegarci perché è contrario?

Il governo guidato da Netanyhau

Con la riforma si toglierebbe alla Corte il potere di annullamento delle leggi fondamentali, quindi in realtà non sarebbe più una Corte costituzionale intesa come in Italia, anche perché, tramite una commissione elettorale, ne verrebbe controllata e determinata la composizione. I sostenitori della riforma contestano l’onnipotenza della Corte, il fatto che sia esente da responsabilità, o anche che non operi in base a una legge scritta, ma in base alla propria percezione del bene, per così dire. Insomma, le si contesta un attivismo in continua espansione, fin dai tempi di Barack, al punto che alcuni si sono spinti a parlare di usurpazione di poteri o di prepotenza giudiziaria. Certo, da un punto di vista storico il tiro al piccione contro il giudice è tipico dei regimi autoritari o semi-autoritari, non a caso paesi come la Turchia o l’Ungheria (per non parlare anche dell’Italia, in passato) hanno sempre cercato di diminuire il potere giudiziario. Tornando a Israele, il punto centrale della riforma è la possibilità che il Parlamento possa confermare una legge bocciata dalla Corte, o possa emanare leggi che non possono essere bocciate dalla Corte Suprema. Se passasse questo punto, io credo che si arriverebbe non dico a un colpo di Stato, ma insomma a un conflitto di attribuzione tra legislativo e giudiziario molto grave, perché il potere legislativo toglierebbe potere alla Corte, quindi la riforma si presenta come uno strumento per cambiare l’impianto costituzionale del paese. C’è chi cerca di sminuire la portata della riforma, sostenendo che è la Corte che sta andando verso un eccessivo protagonismo; il governo sostiene ad esempio che la Corte non segue più i principi di diritto e si occupa di questioni politiche, mentre non dovrebbe travalicare le proprie competenze.

proteste in Israele contro la riforma

Il governo sostiene anche che la riforma è democratica, perché i magistrati hanno troppo potere.

Il governo sostiene che la riforma è democratica perché, dando alla Knesset e dunque al governo il potere di nominare la commissione che sceglierà i giudici, fara’ diventare la Corte a sua volta espressione della volontà del popolo. In realtà a me, come per chiunque ha sensibilità giuridica, sembra che questa riforma ci riporti al medioevo del diritto, perché in tal modo il governo finirà per controllare chi dovrebbe controllare la sua attività. Io credo che i vari professori, con la meravigliosa  sensibilita’ giuridica della  scuola italiana – penso a Gad Tedeschi, Gualtiero Procaccia e Edoardo Vitta – che hanno contribuito a creare il diritto israeliano, davanti a un obbrobrio di questo tipo se passasse, si rivolterebbero  nella tomba.

Perché?

Gad Tedeschi (1907-1992), dopo le leggi razziali ripara in Palestina. Tra i maggiori giuristi israeliani, vicitore del premio Israele, tra i suoi allievi avrà anche il futuro giudice Barak

Perché è impensabile che in uno Stato di diritto ci si ritrovi a togliere il potere di controllo ai magistrati. Naturalmente anche i magistrati sono sottoposti al controllo di qualcuno, ma quel “qualcuno” è la legge, non certo il Parlamento e il governo. Altrimenti si fa come in Cina, dove il popolo è convocato per delle adunate e la giustizia è quella voluta da chi ha il potere. È per questo che sarebbe bene che ci fosse in Israele una carta costituzionale, che determini gli esatti confini tra i poteri dello Stato. Quindi una riforma ci vuole, così come ci vorrebbe una Costituzione, per risolvere delle vere storture.

Può fare un esempio?

Sì. La Corte suprema ha elaborato in questi anni una teoria per legittimare il suo potere di annullare i provvedimenti del governo, su ricorso di qualsiasi cittadino. Ora, in base a quale criterio si annulla un provvedimento amministrativo – come ad esempio l’esproprio di un immobile? Come ho accennato prima, la Corte ha elaborato il principio della ragionevolezza: in altre parole, se ritiene quel provvedimento “irragionevole”, lo annulla. In base alla dottrina della ragionevolezza, dunque, la Corte oggi può annullare atti amministrativi che ritenga irragionevoli, a sua discrezione: è questa la “teoria del guardiano”. A me sembra che qui ci sia troppo margine discrezionale per la Corte.

Si potrebbe pensare che allora sia giusto limitare i poteri della Corte…

Io invece ci vedo un pericolo: c’è la tendenza a sostenere che il voto popolare giustifica un accentramento dei poteri verso il governo, mentre sappiamo che nelle democrazie liberali altrettanto importante è l’equilibrio tra poteri, il c.d. check and balance. Insomma, è inutile girarci intorno: il problema è sempre quello, fin dai tempi di Locke e Montesquieu: il tentativo del potere esecutivo di predominare sugli altri, senza accettarne il controllo. La riforma vuole ridurre le prerogative del potere giudiziario. Chi è a favore della riforma sostiene che la discrezionalità del magistrato travalica il ruolo della Knesset e che perciò ci sia un’invasione di campo da parte del giudice, che in realtà dovrebbe essere solo l’interprete della legge; chi è contro la riforma denuncia la violazione dei pesi e contrappesi. In realtà l’assenza di Costituzione scritta acuisce questo problema dell’equilibrio tra poteri.

Quindi la riforma è tutta da bocciare?

Proclamazione Stato Israele
Ben Gurion proclama la costituzione dello Stato di Israele (17 maggio 1948)

Io penso che la riforma e le proteste che ne sono nate pongano in evidenza una necessità: sono emersi i problemi che finora erano stati sempre rimandati, fin dai tempi di Ben Gurion perché ogni volta, come ho detto prima, c’era un’emergenza che impediva di affrontare la questione.

Chi giudica Israele in modo superficiale, e pregiudizievole, fa spesso affermazioni che dovrebbero essere sottoposte invece a verifica. Ci può aiutare a fare chiarezza?

Se posso.

La prima domanda che le faccio è: esiste, come alcuni affermano, una legge che impone in Israele una popolazione ebraica pari almeno al 60% del totale?

cittadini Drusi

Non ne ho notizia e non ne ho mai sentito parlare. A dire il vero, mi sembra una grande stupidaggine. Come si potrebbero contare il numero di ebrei, per decidere se il limite è rispettato? E che si dovrebbe fare di coloro che sono in “soprannumero”? Direi che si tratta di una notizia del tutto falsa.

Infine: è vero che i cittadini israeliani non ebrei (in particolar modo gli arabi) hanno meno diritti degli israeliani ebrei?

Anche qui, mi sembra che non ci sia nulla di vero. Prendiamo i drusi, o i beduini: alcune migliaia di cittadini che hanno pieno accesso all’esercito e alla vita pubblica in Israele. Ma anche per gli arabi di cittadinanza israeliana non ci sono limiti. Tant’è che in questi anni abbiamo avuto e abbiamo arabi israeliani ministri o giudici della Corte suprema. Insomma: si può affermare che l’accesso dei cittadini arabi alle cariche pubbliche non è legato al servizio militare, effettuato o meno, e dunque l’accesso è consentito a meno che, come per tutti i cittadini non vi siano impedimenti o disposizioni di altro tipo che lo impediscono.  Ma questo vale per tutti.

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