Cerca
Close this search box.

Sinistra per Israele dà voce alle ragioni di Israele, per la pace

Luciano Belli Paci è tra i componenti storici di Sinistra per Israele. A Milano l’associazione ha presentato il manifesto nazionale: Riflessi gli ha chiesto quali saranno i prossimi passi

Luciano, la scorsa settimana “Sinistra per Israele” ha organizzato a Milano la presentazione del manifesto pubblicato 20 giorni fa e che ha ottenuto al momento oltre 1300 sottoscrizioni. Che serata è stata quella milanese?

l’avvocato Luciano Belli Paci

Abbiamo ottenuto un successo straordinario, con oltre 200 persone presenti. Inoltre abbiamo registrato la presenza di numerosi esponenti di forze politiche: oltre del Pd, anche di Azione, Italia Viva, +Europa. Inoltre erano presenti rappresentanti dell’associazionismo, dell’Anpi, dell’Aned, di associazioni culturali e circoli. È stata una risposta davvero straordinaria, che ha dimostrato come questa nostra iniziativa di rilancio di “Sinistra per Israele” rispondeva a una domanda e a un bisogno diffusi: tornare ad ascoltare una voce a sinistra amica di Israele. Questa bellissima serata, insomma, ci ha confortato anche per il prossimo futuro.
Tutto bene dunque?

alla serata milanese di Sinistra per Israele presenti oltre 200 persone

Quello che dispiace è che abbiamo potuto realizzare la nostra iniziativa grazie anche all’imponente schieramento delle forze dell’ordine, a causa di un appello circolato nei giorni precedenti tra i circoli più estremisti filopalestinesi, il quale contestava la nostra riunione e addirittura lasciava presagire il tentativo di impedirla. In realtà, poi si è presentato solo uno sparuto gruppo di poche decine di persone. Francamente si tratta di un clima che un po’ mi deprime. Ormai siamo arrivati al punto che per una iniziativa culturale e politica c’è bisogno della tutela delle forze dell’ordine, che peraltro ringrazio per la loro presenza.
Questo clima che tu denunci si diffonde anche e soprattutto nelle università: ti sei dato una ragione di tanta ostilità?
Credo che ci siano più cause. Innanzitutto dà fastidio, evidentemente, che si possa parlare di sinistra e di Israele nella stessa frase. Secondo alcuni, infatti, il nome “Sinistra per Israele” ha natura scandalosa, provocatoria. Non a caso durante la serata Lia [Quartapelle, n.d.r.] ha utilizzato il termine “blasfemia”, per descrivere come in queste frange estremiste venga percepita la presenza e l’azione di “Sinistra per Israele”. Del resto non si tratta di una novità, perché fin dalla sua nascita, dopo la Guerra dei sei giorni, molti a sinistra reagirono con lo stesso fastidio. Il nome “Sinistra per Israele” ha sempre suscitato in parte della sinistra delle reazioni scandalizzate. Oggi però c’è anche una novità.

il presidio Propal di fronte alla sede dell’incontro milanese di SxI

A cosa ti riferisci?
Frequento da tempo persone impegnate nell’associazionismo a favore del popolo palestinese, le quali mi descrivono una realtà sul terreno di forte radicalizzazione, in cui loro stessi spesso si vedono scavalcati da una mobilitazione estremista, ancora non bene inquadrabile, che comunque sfugge alle organizzazioni tradizionali. Si tratta di un movimento animato da arabi non palestinesi: per lo più dell’area magrebina. Per tali persone Israele viene identificato con il colonialismo occidentale, e dunque è l’emblema di un intero mondo che viene visto come nemico. Si tratta di una realtà magmatica, non facilmente individuabile, e che tuttavia rappresenta un pericolo per le libertà fondamentali, come quella di riunione o di associazione.
Si tratta di un movimento che opera soprattutto nelle università, come da ultimo i fatti di Torino, e ancora prima di Napoli, Roma, Firenze, dimostrano.

in molte Università italiane si sono registrate attività ostili a Israele

La maggior parte degli esponenti di tale movimento sono giovani e, come dicevi, presenti nelle nostre università; ma non solo. Ad esempio, da colloqui che ho con dirigenti sindacali, emerge che anche nella loro base la loro presenza si fa sentire. È da tempo, infatti, che al sindacato si iscrivono lavoratori di origine araba, i quali portano all’interno dell’organizzazione sindacale la questione mediorientale, per loro fondamentale. Naturalmente, il modo con cui la leggono è quella degli stereotipi che conosciamo, in cui Israele è una realtà colonizzatrice e abusiva. È in sostanza una situazione inquietante, in cui i pericoli si moltiplicano anche a causa delle modalità con cui viene portato avanti il dibattito pubblico sui social, seguendo una logica assertiva e manichea. Il risultato, alla fine, è l’insorgenza di un nuovo antisemitismo.
Torniamo a “Sinistra per Israele: a tuo avviso l’associazione deve operare sul piano propriamente politico, dialogando con i partiti, o restare un movimento di opinione sociale e culturale?

Sinistra per Israele ha lanciato un manifesto che ha ricevuto ad oggi oltre 1300 sottoscrizioni

Io credo che siano irrinunciabili entrambi i piani. “Sinistra per Israele” ha sempre tentato di essere presente nel mondo della sinistra, rappresentando un movimento trasversale nei partiti e nel sindacato, dunque la nostra ambizione oggi è ancora questa: sostenere le ragioni di Israele nella sinistra italiana.
Non c’è però il rischio che “Sinistra per Israele” venga assimilata ad una corrente di partito?
È un rischio che temevamo di correre quando abbiamo deciso di lanciare il nostro manifesto, ma per fortuna la realtà ci ha dimostrato che la sua forza è stata tale da evitare di rinchiuderci nelle logiche delle correnti interne al Partito democratico. Se guardiamo i firmatari, infatti, emerge chiaramente come gli esponenti del Pd che hanno sottoscritto l’appello non possono ricondursi soltanto alla minoranza. Ci sono infatti giunte adesioni trasversali, di personalità non identificabili nell’area di Bonaccini: penso ad esempio a Nicola Zingaretti, Francesco Verducci o Gianni Cuperlo. Inoltre l’appello ha visto la partecipazione di altre forze politiche, che mostrano interesse per la nostra posizione. Abbiamo Anpi e il sindacato. C’è poi l’altra gamba dell’associazione, come ti dicevo, quella che deve operare sul piano culturale. Siamo infatti consapevoli che c’è un grande lavoro da svolgere, per arginare la diffusissima ignoranza, ad esempio sull’attuale conflitto, ma anche sulla storia del sionismo, oggi percepito come un insulto. Per cui credo che nessuna delle due aree, quella politica e quella culturale, possa essere disertata.

Emanuele Fiano è segretario nazionale di SxI

Il buon esito delle riunioni di Roma e di Milano fa anche pensare alla necessità di una maggiore organizzazione dell’associazione.
In effetti credo che sia arrivato il momento in cui dobbiamo assolutamente organizzarci e strutturarci in maniera più stabile. La storia della nostra associazione è stata finora carsica, cioè abbiamo avuto dei momenti di grande impegno, cui sono seguiti altri in cui, per così dire, ci siamo rilassati. Invece oggi percepiamo quanto sia necessario dare continuità alla nostra attività. Ci avevamo già provato nel 2010, svolgendo un Congresso nazionale, che aveva portato Furio Colombo alla Presidenza, Emanuele Fiano alla nomina a segretario, e la formazione di un direttivo con la partecipazione delle realtà locali. Purtroppo, dopo quel momento di grande partecipazione abbiamo scontato una fase di minore attivismo, sebbene a Milano ci sia stata sempre una certa continuità. In questo momento la nostra ambizione è dunque di darci una struttura nazionale, e la sottoscrizione così massiccia del manifesto ci fa ben sperare. Presto chiederemo ai sottoscrittori che vorranno di tesserarsi in vista di un nuovo congresso nazionale, che io spero possa svolgersi entro la fine dell’anno, che ci darà una struttura riconoscibile con una rinnovata dirigenza.
A punto siete?

a Roma è stata ricostituita da poco la sezione di “Sinistra per Israele”

Oltre a Milano e a Roma abbiamo un gruppo a Bologna; c’è poi un forte interesse in Toscana, non solo a Firenze, per cui speriamo che anche lì presto si riesca ad organizzare una sezione locale. Inoltre anche a Torino ci sono persone che hanno mostrato un interesse a lavorare, e anche in altre parti d’Italia. Del resto questa è una nostra costante: la manifestazione di interesse per la nostra associazione e in generale per le ragioni di Israele si mostra nei momenti di maggiore crisi: oggi c’è una grande voglia di impegnarsi e credo che la nostra responsabilità sia di saperla accogliere e dargli un luogo dove esprimersi.

Avete già delle prossime iniziative in agenda?

Manuela Dviri

Stiamo ora definendo il nostro programma. Presto faremo altre assemblee e cominceremo a raccogliere le adesioni all’associazione, il che consentirà di programmare nuove iniziative. È fondamentale inoltre saper dialogare con la realtà israeliana, perché raccogliere testimonianze da Israele, come l’altra sera è successo con Manuela Dviri, e come accaduto a Roma con Angelica Calò, permette immediatamente di comprendere la gravità della situazione in Israele. Mi piacerebbe poi che il sindacato più sensibile a questo tema riuscisse ad avere contatti con gli omologhi israeliani: il sindacato israeliano ha una storia eroica e antica, essendo nato prima ancora dello Stato, e da oltre mezzo secolo accoglie al proprio interno ebrei e arabi.
Una prova importante sarà il prossimo 25 Aprile.

La Brigata ebraica sfila ogni anno per il 25 aprile, fortemente osteggiata da movimenti antagonsiti filopalestinesi

A Milano siamo sempre riusciti a svolgere un corteo unitario, grazie anche alla grande consapevolezza dell’Anpi, diretta per 13 anni da Roberto Cenati, che ha sempre avuto un’enorme attenzione verso la comunità ebraica e contro ogni forma di antisemitismo. Grazie anche a lui abbiamo sempre garantito a Milano che la Brigata ebraica potesse sfilare nel corteo del 25 Aprile insieme alla comunità ebraica milanese. Conto che anche quest’anno si riesca a garantire questa presenza. Dai primi colloqui svolti con la Cgil e con l’Anpi riscontro la piena consapevolezza dei rischi che dovremo affrontare, e la necessità quindi di un servizio d’ordine adeguato alla situazione.
Tu accennavi a Roberto Cenati, che alcune settimane fa si è dimesso dalla Presidenza dell’Anpi provinciale milanese. Che ripercussioni può avere questo fatto in futuro?

Roberto Cenati

Con l’Anpi milanese i rapporti comunque rimangono buoni, io stesso faccio parte del comitato provinciale. Il nuovo presidente, Primo Minelli, un uomo proveniente dal sindacato, ha manifestato subito il desiderio di collaborare nel migliore dei modi, per cui confido che anche con lui si possa instaurare un ottimo rapporto. Il problema, semmai, è con la Presidenza nazionale dell’Anpi. Di recente mi sono confrontato con il presidente Pagliarulo, e ho dovuto registrare una netta differenza di visione politica. Non nascondo che con alcune sezioni locali dell’Anpi ci siano dei seri problemi, a causa della demonizzazione di Israele. Qui a Milano sono fiducioso che anche con il nuovo presidente si possa lavorare. Al riguardo, però, lasciami ringraziare Roberto Cenati, da sempre impegnato personalmente nella lotta contro l’antisemitismo e attento a tessere continui rapporti con il mondo ebraico. Tutto l’impegno profuso in tutti questi anni è stato riconosciuto nell’incontro dell’altra sera, quando Roberto è stato ringraziato sentitamente nell’assemblea con l’ovazione straordinaria che ha salutato il suo intervento.

Un’ultima domanda: lunedì scorso il consiglio di sicurezza ONU ha approvato una risoluzione che impone alle parti (senza però citare Hamas) il cessate il fuoco per il periodo del Ramadan e la liberazione degli ostaggi. Qual è la posizione di Sinistra per Israele al riguardo?

Gli Usa si sono astenuti nel voto per la risoluzione Onu sul cessate il fuoco a Gaza

Nel recente manifesto di Sinistra per Israele abbiamo chiesto “un accordo di cessate il fuoco che consenta la liberazione di tutti gli ostaggi israeliani e l’inoltro alla popolazione civile di Gaza, in condizioni di sicurezza, degli aiuti umanitari”, quindi accogliamo con favore la risoluzione dell’Onu”. Sarebbe stato preferibile inserire nella risoluzione una esplicita condanna del massacro perpetrato da Hamas il 7/10, che ha provocato lo scoppio della guerra in corso. Sul piano politico, l’astensione degli USA, in un quadro di crescente insofferenza dell’amministrazione Biden verso il governo israeliano, è un ulteriore sintomo dell’isolamento nel quale Netanyahu sta facendo sprofondare Israele. È del resto un problema che viene da lontano. Durante la campagna presidenziale del 2020, Netanyahu, anche allora capo del governo, si recò negli USA facendo una scoperta campagna per convincere gli ebrei statunitensi a votare per Trump: una cosa inaudita che evidentemente non è stata dimenticata.

Leggi gli altri articoli sul conflitto Israele-Hamas

Ascolta i podcast di Riflessi

Acquista il libro “Donne del mondo ebraico italiano”:

su Kataweb (prezzo scontato)

Su Feltrinelli (consegna anche in libreria)

Su Amazon

2 risposte

  1. La storia dell’uomo non fa che ripetersi ancora e ancora, in fondo. L’essere umano è l’ “animale” più pericoloso che esiste. È stato capace di rendere il mondo un posto molto pericoloso e ostile. Di certo c’è che stiamo attraversando un confine che non avremmo dovuto mai più valicare. Fino a vent’anni fa sarebbe parso impossibile, invece eccoci qui. E, tra le tante ragioni diverse, la memoria vivente che sta, per naturali ragioni, scomparendo con la morte di chi ha testimoniato quanto accaduto nella seconda guerra mondiale. Con loro svanisce il solo ed unico ricordo più lucido di quello che è successo, di quanto siamo stati orribilmente capaci di fare a noi stessi. Non rimarrei sorpresa se nel giro di pochi anni gli Stati moderni, democratici (come il nostro) crollassero. Ho l’impressione di vivere in un mondo in cui non è possibile più neanche concordare su cosa sia la realtà. L’occidente sembra attraversare un periodo molto difficile. La civilizzazione è un processo, una idea che per essere realizzata ha comportato costi, in termini di sacrifici personali e di vite umane, altissimi. Con quanto sta accadendo oggi, ho l’impressione che si stia tornando a dare spazio a forze e concetti che hanno più del tribalismo. Ho letto della partecipazione e dei “messaggi” di vicinanza espressi da alcuni rappresentanti della politica italiana. Ma siete così convinti che questi politici cui fate riferimento (in special modo quelli di una certa sinistra oggi decisamente poco rappresentativa) credono in quel che “predicano”? Sempre la storia, ahimè, ci insegna che hanno interesse solo nel potere. Riguardo ai fatti che hanno interessato il senato accademico di Torino: ma qualcuno si è accordo della “giustificazione” resa per la decisione assunta : 《 un chiedere con insistenza che si lavori a un processo di pace》, resa pubblica solo dopo che era loro stato fatto rilevare che nessun provvedimento del genere nei confronti di altri stati non proprio liberali, è stato mai adottato con tanto sentimento? Di fronte a tanta incoerenza, ancora più grave perché fatta propria da accademici, non sarebbe il momento di dare un segnale forte e colpire là dove fa veramente più male ed interessa tutti: il portafoglio? Nella stessa intervista Il Rettore si è gentilmente premurato di far sapere che 《Gli altri progetti di collaborazione con Israele restano in piedi》Forse, sospendere immediatamente tutti i pagamenti degli altri progetti fino a risoluzione del conflitto, potrebbe rappresentare un momento di coerenza? Per ultimo, la partecipazione alla manifestazione del 25 aprile: temo che con la scusa dei “motivi di sicurezza” potreste essere gentilmente invitati a non partecipare, levandosi da ogni imbarazzo che comporta l’assunzione di una chiara, netta, coraggiosa posizione. Mai avrei pensato di assistere nel mio paese al riemergere di tutta questa recrudescenza di odio, razzismo, intolleranza religiosa e vigliaccheria. Provo dolore e rabbia incontenibile. Io, nipote di chi ha lottato sacrificando materialmente tutto (patrimonio, famiglia, la propria stessa vita) perché la nostra generazione non vivesse più gli orrori, le ingiustizie di un passato che , in fondo, non è poi così lontano.
    Chiedo scusa per lo sfogo e se, senza alcuna intenzione, posso aver recato offesa a qualcuno.

  2. Cristina,condivido i tuoi sentimenti e non posso che dirti che appoggio ogni dichiarazione o azione che sia contro l’antisemitismo ,comprese le polemiche contro Israele.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Condividi:

L'ultimo numero di Riflessi

In primo piano

Iscriviti alla newsletter

Riflessi Menorah