DAVKA: la musica ebraica entra nel cuore di chi sa ascoltare

Maurizio Di Veroli da anni realizza un progetto musicale che unisce melodie e cultura ebraica nel segno del dialogo

Maurizio, si preparano una serie di concerti ed eventi: è partito lo Spring Tour. Ci racconti di cosa si tratta?

Maurizio Di Veroli, ideatore del progetto DAVKA

Dal 2004 ho fondato e dirigo il Progetto DAVKA, gruppo musicale romano che veicola in Italia e in Europa la conoscenza della cultura ebraica attraverso uno strumento coinvolgente e capace di parlare al cuore delle persone: la musica. Progetto DAVKA utilizza una formula unica nel suo genere, in cui i brani musicali non sono fini a sé stessi, ma diventano un’opportunità di conoscenza ed approfondimento dei messaggi della tradizione ebraica. Ciò si realizza con delle narrazioni che guidano il pubblico in una sorta di itinerario virtuale, in cui ogni brano è come una tappa di un viaggio affascinante.

Ci descrivi il tour?

Il tour è partito da Trieste lo scorso 25 Aprile, per il concerto di Yom Hatzmaut, poi ci siamo esibiti a Casale Monferrato e proprio nei giorni scorsi ero a Verona per l’ingresso di un nuovo Sefer in sinagoga. Il prossimo concerto sarà a Roma (il 18 p.v. suoneremo presso l’Università Gregoriana), e poi a Priverno e di nuovo a Roma prima della stagione estiva.

Cosa ci si deve aspettare nei tuoi concerti?

Maurizio Di Veroli con il contrabbassista Daniele Ercoli

Chi conosce i miei spettacoli, sa che generalmente si sviluppano intorno a un file rouge, a volte più generico, altre più specifico, ma sempre con l’idea molto dinamica del viaggio. Ci piace infatti combinare vari elementi che ci interessano per creare un progetto che risulti interessante anche per il pubblico. Il viaggio ha infatti la forza di allontanarci dalla nostra comfort zone in maniera dolce e al contempo affascinante, mentre la musica riesce a far vibrare quelle corde che stimolano la spiritualità dei nostri ascoltatori, consentendoci così di aprire un canale di comunicazione sui valori della cultura ebraica.

Hai incominciato la tua carriera da solista, chi sono ora i tuoi compagni di strada?

Personalmente, vivo in maniera molto attiva il mio ebraismo: gli studi di canto e ricerca sulla chazanut [conduzione della preghiera pubblica (n.d.r.)] (soprattutto di rito italiano), gli studi approfonditi di Torah e di Talmud, insieme alla pratica delle mitzvot mi consentono di andare alla ricerca del senso più profondo dei valori della tradizione. Tuttavia, proprio questo bagaglio di studi ed esperienze mi permette di aprirmi agevolmente sia all’incontro artistico con musicisti di altre fedi, sia alla testimonianza artistico-spirituale nelle manifestazioni di incontro interculturale ed interreligioso.

Ci sono altri ebrei che suonano con te?

Maurizio Di Veroli e Désirée Infascelli

I musicisti che collaborano al mio progetto non sono quasi mai ebrei. Anzi, spesso sono anche credenti di fedi diverse. Ciò diventa però un’occasione unica di testimoniare, anche sul palco, la possibilità di armonia nel rispetto della diversità di ciascuno. Nel corso degli anni, per motivi diversi, tanti professionisti si sono avvicendati tra i vari spettacoli. Con tutti, comunque, si è sviluppato un rapporto di amicizia oltre l’aspetto strettamente lavorativo. Certo, da parte loro c’è anche curiosità verso il mondo ebraico e sicuramente l’idea di conoscere più da vicino la nostra cultura è per loro ancor più stimolante. L’opportunità è molto sfidante perché non vogliamo parlare solo a chi già vive la nostra tradizione, ma anzi vogliamo dare un’opportunità di conoscenza anche a coloro che ne sono più lontani, che a volte neanche ben sanno cosa voglia dire essere ebreo.

Quindi non solo pubblico ebraico …

Sì, infatti questo ci porta ad organizzare i nostri concerti, non solo dove ci sia una Comunità ebraica, grande o piccola che sia, ma anche in luoghi dove di ebrei si sente parlare solo attraverso i media. Crediamo che sia un’opportunità ma anche un po’ una missione.

Difficilmente chi si esibisce ha davanti ad un pubblico omogeneo …

Progetto Davka in concerto all’Istituto polacco di Roma

Non sappiamo (quasi) mai, infatti, che tipo di pubblico troveremo ad ascoltarci ed è per questo che le nostre illustrazioni devono un po’ adattarsi a seconda della situazione. Non sappiamo se il nostro pubblico conosce i nostri brani o meno, ed è per questo che ci piace utilizzare la leva della simchà, della gioia, per cercare di raggiungere la spiritualità dei nostri ascoltatori.

Qual è la reazione del pubblico?

Gli spettacoli sono molto coinvolgenti. I canti che eseguiamo sono pieni di brio, trovando linfa nei ritmi tradizionali che si mescolano con quelli moderni con cui riarrangiamo brani tipici dei diversi streams dell’ebraismo. Canzoni in Yiddish o in Ladino si alternano a brani israeliani e dell’ebraismo italiano, per il quale abbiamo realizzato una ricerca specifica anche sui canti nei dialetti ebraico italiani. Il nostro pubblico non sembra avere una preferenza particolare tra i vari generi proposti. Piuttosto è proprio la variazione di genere, e quindi spesso dei ritmi utilizzati, che gli rende interessante gli spettacoli. Il passaggio da un canto liturgico ad uno folk, da uno meditativo a un ritmo coinvolgente fa sì che il pubblico mantenga alta l’attenzione e la partecipazione. È anche per questo che molto spesso il nostro pubblico diventa parte attiva degli spettacoli, non solo applaudendo o battendo le mani ma a volte proprio ballando. Se ci si lascia coinvolgere, l’opportunità di un’esperienza corporea multisensoriale, può lasciare il segno. È esemplificativo che in un concerto nel Palazzo Comunale di Bologna, ormai alcuni mesi fa, un gruppo di circa 200 bambini delle scuole elementari abbia danzato in una hora gigante, tenendosi per mano nella Sala della Borsa, testimoniando così l’efficacia di un progetto culturale di questo taglio. Sicuramente poi fanno buon gioco le nostre narrazioni. Guidare il pubblico attraverso i meandri di una cultura così antica e così attuale fa sì che, anche ascoltando lingue e sonorità così diverse e poco conosciute, ne riesca a comprendere il senso e ad apprezzarne il valore culturale.

Progetto DAVKA in concert

Sembra che le tue perfomance siano parecchio impegnative

Certo non sempre è così facile…a volte suoniamo in contesti molto più seriosi, in cui dobbiamo mantenere uno stile più formale, ma che tuttavia deve comunque permetterci di parlare al cuore del nostro pubblico con competenza ma soprattutto con passione. Perché solo le parole che escono dal cuore entrano nel cuore…

Si può seguire il progetto DAVKA sui principali social media oppure scrivendo a: [email protected]

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