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L’idea mi è venuta casualmente un giorno, quando ho riflettuto su quanto ci sia di sbagliato nel modo in cui comunichiamo noi ebrei.

Cioè?

Temiamo sempre troppo i pregiudizi del mondo esterno, oppure siamo troppo gelosi della nostra riservatezza, e così alla fine evitiamo di parlare di noi, del nostro mondo, mentre, si sa, gli ebrei sono dei grandi produttori di cultura. Invece credo che dovremmo essere capaci anche di aprirci, e spiegare, e far comprendere il nostro mondo. Da qui a contattare Gheula il passo è stato breve.

Parlaci di questa alchimia tra voi due.

Ha subito funzionato. Dall’esterno potrebbe sembrare che lei è quella più tradizionalista e conservatrice, per così dire; al contrario tra di noi c’è una forte affinità di base, perché anche io vengo da una famiglia tradizionale, e alle mie tradizioni sono molto legata. La differenza è che io sono più disposta a parlare di me, ma devo dire che a ogni incontro Gheula arriva sempre molto preparata, poi in questo “gioco della coppia” ci sta che io le faccia domanda un po’ provocatorie, a cui lei risponde sempre con prontezza. Di base, ti ripeto, c’è una piena sintonia tra noi due.

Che reazioni avete ricevuto da parte dei rabbini, se ne avete avute?

Mah, a me non sono arrivate. Gheula mi dice che qualcuno, magari a mezza bocca, si è complimentato con noi.

Vi vedremo ancora insieme?

Chissà, abbiamo dei progetti, vedremo cosa succederà.

Nella tua famiglia gli esempi di figure che hanno dato tanto all’ebraismo italiano e al nostro paese non mancano. Tuo padre è un architetto di fama internazionale, tua zia, Adachiara, è architetta e ispiratrice del progetto “Pietre d’inciampo”. I tuoi nonni sono Bruno e Tullia Zevi. E tuo fratello Tobia è attivamente impegnato nella politica nazionale, e oggi per il Comune di Roma, a sostegno di Gualtieri. Tutti questi precedenti sono una ricchezza o un peso?

Adachiara Zevi

Devo dirti che io non ho mai avvertito pressioni sul mio futuro da parte della mia famiglia. Sono perciò cresciuta con la voglia di costruirmi la mia carriera, ma senza la pressione di doverlo fare a ogni costo. Fin da giovane mi è stato così chiaro che non avrei voluto pensare solo alla carriera. Insomma, sono stata molto libera nel decidere. Portare il nome degli Zevi certo mi ha fatto sentire molto spesso che intorno a me si aveva l’idea che fossi raccomandata; succede sempre. È un altro pregiudizio, come quello che ci portiamo dietro perché siamo ebrei. Devo essere sincera: mi è dispiaciuto, perché la mia famiglia non è mai stata invadente con me, mentre, al contrario, altri sono stati invadenti con la mia famiglia. Direi che ho vissuto quello che chiamo “il peso del privilegio”: provengo da una famiglia importante, ne sono consapevole, la mia famiglia ci ha sempre supportato senza andare mai oltre certi limiti, e così dobbiamo portarci dietro alcuni pregiudizi e qualche invidia. E poi è vero, la presenza femminile è molto importante nella mia famiglia: mia nonna Tullia, mia madre, che mi ha sempre spronata a costruirmi una famiglia solida, mia zia Adachiara, architetta e intellettuale, l’altra mia zia, Mila, psichiatra.

Tobia Zevi

Mi dai un giudizio sull’ebraismo italiano, come lo vedi tu?

Io da sempre vivo dentro la mia comunità, sono bene radicata. Mi sembra che oggi la vita ebraica sia molto intensa, anche se c’è una parte che vive ai margini, perché l’aumento del grado di osservanza generale produce una differenza. Io credo che dovremmo sforzarci di produrre più cultura e più leadership. Possiamo fare di più. Nella mia generazione ho vissuto una stagione di grandi spaccature politiche all’interno della comunità, oggi mi sembra invece che le differenze ideologiche si siano attenuate, per cui credo che i giovani, meno politicizzati, potrebbero lavorare di più insieme, perché ci sono meno differenze tra loro di quante ce ne fossero in passato tra chi li ha preceduti. Ecco, a me sembra che bisognerebbe lavorare per costruire una leadership più forte e trasversale.

A proposito di eredità: tua nonna, Tullia Zevi, è stata presidente dell’UCEI in una stagione di grandi cambiamenti per il paese – il passaggio agli anni Novanta, la fine di un sistema politico e la nascita di un’Italia diversa – e per l’ebraismo italiano, con la firma delle Intese. Mi puoi dire un insegnamento che ti ha dato nella vita pubblica, e uno invece nella vita privata?

Nathania assieme a sua nonna, Tullia Zevi

Gli insegnamenti di mia nonna, cui ero unita da un legame molto solido, sono tanti. Su due piedi, mi ricordo che lei mi diceva che bisogna “essere di qualcosa e di qualcuno”. Intendeva dire che nella vita occorre sapere da dove si viene, e chi si è, perché altrimenti il rischio di perdersi, e di cambiare troppo spesso opinione, è alto. Al contrario bisogna sempre sapere, pur nei possibili cambiamenti, con chi stare, e con chi non stare. Nella vita privata invece mi diceva spesso: “Nathania, non sarai mai giovane come oggi”; era il suo modo per invitarmi a vivere con leggerezza e a godermi la mia giovinezza.

Un’ultima domanda. David è passato dalla conduzione con Luca Telese a quella con Concita De Gregorio. Vi vedremo mai assieme a condurre?

Ci abbiamo pensato, eh! Per il momento il mio progetto è continuare a fare il mio lavoro; per il futuro, mai direi mai.

Leggi anche:

Il futuro dell’Italia? Ecco che ne pensa David Parenzo

 

 

Una risposta

  1. Più che un commento …. un saluto e complimenti a Nathania ….
    Tutto quello che c’è in questa intervista è condivisibile …. e lo condivido ( tranne ovviamente il mistero di come Parenzo sia stato così fortunato ! )
    Auguri a questa brillante ragazza e ai suoi e complimenti per il coraggio di fare 4 figli …!

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