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Parlare di giovani è parlare di futuro. Detto così può sembrare ovvio, una frase alla “Catalano”, per chi ricorda la trasmissione “Quelli della notte” di Arbore. In realtà quando si parla di giovani si pensa subito ad una fascia di età, quella 18-35. Come abbiamo scritto nel programma di Menorah, pensiamo che i diciottenni, i ventenni, i trentenni debbano essere considerati la nostra risorsa per oggi, non per domani. Questa fascia di popolazione rappresenta un’area molto critica, che più di tante altre ha sofferto i forzati isolamenti, le distanze, la mancata socialità determinati dalla crisi pandemica. Si tratta di ragazzi che hanno bisogno di orientamento per lo studio e per il lavoro, ma che sono anche fonte inesauribile di idee e di spunti innovativi.

Per cogliere realmente questi spunti, si deve rimanere in ascolto, essere disponibili ai cambiamenti, e rispettosi di ogni punto di vista. Ad esempio, è su stimolo dell’UGEI che abbiamo realizzato il progetto di formazione UCEI contro il pregiudizio “le nostre ragioni”, il cui frutto è la pubblicazione del libro L’ebreo inventato a cura di Saul Meghnagi e Raffaella Di Castro (Giuntina).

Un progetto che continuerà e contribuirà a dare strumenti ai nostri giovani per combattere il pregiudizio, saperlo riconoscere e rispondere in modo sicuro ed efficace agli attacchi che si possono incontrare nella quotidianità. Questa settimana c’è stato un avvicendamento alla direzione di Hatikwa, la testata la testata dell’Unione dei Giovani Ebrei Italiani. Il direttore uscente, David Zebuloni, che saluto e a cui faccio i miei complimenti ed auguri, ha scritto un bell’articolo di commiato. Quello che più mi ha colpito è stata la descrizione della linea editoriale. Avere un luogo dove far sentire la propria voce, senza alcun timore di non essere accettati o capiti, dove ogni opinione era legittima e sacrosanta, purché espressa con sincerità e con spirito costruttivo. Anche qui, un’altra affermazione ovvia? Alla luce di alcuni episodi recenti, direi proprio di no.

Troppo spesso le iniziative dei giovani ebrei sono prese di mira, attaccate, prese a spunto per crisi politiche dagli stessi correligionari. Con il rischio di allontanare dall’impegno ebraico delle risorse preziose. Due esempi per tutti. Il primo, l’interessante serata organizzata su Zoom dalla Comunità di Milano e da JOI per il 27 gennaio, che ha affrontato il tema importantissimo di come i nipoti dei sopravvissuti alla Shoah possono portare avanti la memoria dei loro nonni. Io ho ascoltato con molta emozione gli interventi che si sono succeduti nel corso della serata, in linea con altri incontri (virtuali) che si erano realizzati sia con i giovani della Comunità di Roma che con il progetto Memorie di Famiglia del Pitigliani.

Ne è scaturita una polemica politica che ha portato alla caduta del consiglio della CEM. Con il massimo rispetto e non entrando nel merito delle motivazioni politiche espresse, tutto questo ha però mortificato i ragazzi promotori dell’incontro e ha oscurato il profondo significato dell’iniziativa, in prospettiva della responsabilità per la terza generazione di tramandare la memoria dei nostri cari. Il secondo esempio è la recente polemica che si è scatenata a seguito della pubblicazione sui social di una classifica dei podcast più ascoltati tra quelli realizzati da Hatikwa su ‘ebrei che hanno fatto la storia’. Attacchi offensivi e parole ostili si sono scatenati contro un’iniziativa molto interessante con ventisei episodi di qualità per raccontare le vite di persone che hanno ispirato tutti noi. Anche qui, il rischio di mortificare le iniziative dei nostri giovani (che per fortuna non si fanno intimorire). In entrambi i casi, secondo me, chi ha scatenato le critiche e le ostilità è stato poco in ascolto. Se l’obiettivo è quello di formare la futura leadership comunitaria italiana competente, motivata e consapevole; se l’obiettivo è sostenere un network giovanile ebraico che coinvolga ragazzi di tutte le comunità, allora è necessario rispettare i giovani, la loro capacità di osservare le situazioni da diversi punti di vista, avventurarsi per strade non battute, individuare soluzioni anche divertenti, trovando nuove vie per attrarre la loro generazione e quelle che verranno. In questo numero di “Riflessi” troverete molti spunti su questo argomento, per tutti noi così importante, con voci che racconteranno punti di vista ed esperienze differenti. In ultimo, ma non certo per importanza, in occasione di Yom HaAzmauth 5781, l’Ambasciatore dello Stato d’Israele in Italia Dror Eydar ci ha concesso un’intervista molto articolata e significativa. Lo ringraziamo per questo, ed auguriamo alla Medinat Israel buon settantatreesimo compleanno!

 

 

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