Fondo per i crimini nazisti: a che punto siamo?
I 55 milioni stanziati per risarcire le vittime dei crimini nazisti sono in attesa del decreto che disciplini le modalità di erogazione. Nel frattempo lo Stato sembra opporsi alle richieste. Riflessi ne ha parlato con il senatore Dario Parrini, primo firmatario di un emendamento che ha prorogato i termini per presentare le domande di indennizzo
Senatore Parrini, cosa prevede l’emendamento da lei presentato e approvato nel milleproproghe, in merito alla possibilità di accedere al fondo per il ristoro dei danni provocati dai crimini nazisti in Italia?
L’emendamento ha riaperto, fino a fine giugno, i termini entro i quali vittime o familiari di vittime di crimini di guerra e contro l’umanità compiuti in Italia dal Terzo Reich con la collaborazione dei fascisti durante l’ultima guerra mondiale possono presentare richieste risarcitorie. Già nella primavera del 2022, con un mio emendamento in sede di conversione del decreto che istituiva il Fondo Risarcimenti, avevamo dato più tempo per promuovere le azioni giudiziarie in sede civile rispetto al mese previsto dalla formulazione originaria del provvedimento. Questa ulteriore proroga è resa necessaria dal fatto che molti non sapevano di questa possibilità, e chi ne è venuto a conoscenza comunque ha bisogno di tempo per raccogliere insieme ai propri legali la documentazione sufficiente. Quindi è una questione di equità, di giustizia, che va ben oltre il ristoro economico. Più di tutto, sul piano dei principi, conta veder riconosciuto il torto immenso che migliaia di persone hanno patito.
Al di là del termine per poter chiedere l’indennizzo, restano ancora molti problemi da affrontare. Il principale è la capienza del fondo: bastano i 55 milioni stanzianti dal governo Draghi?
La somma di 55 milioni non è poco cosa, ma è a mio avviso, e ad avviso di molti analisti e studiosi della materia, insufficiente a coprire tutti i risarcimenti che nel corso dei prossimi anni ci auguriamo vengano disposti dai tribunali italiani. Per questo un ddl a mia prima firma prevede di raddoppiare l’importo del fondo e propone di rendere esecutive anche le sentenze risarcitorie non definitive, come di prassi avviene nel processo civile.
C’è poi il problema della lacuna normativa: ancora non è stato adottato il decreto che regola l’utilizzo del fondo. Senza, le somme non possono essere liquidate. Quando sarà adottato il decreto?
Di questo ha responsabilità in primo luogo il ministro dell’economia Giorgetti. È il suo ministero che deve prendere l’iniziativa. Sono sconcertato dal fatto che ancora il provvedimento attuativo non sia stato emanato. Doveva essere fatto a ottobre. Il ritardo è di mesi. Ho scritto al ministro una lettera di sollecito e gli ho rivolto un’interrogazione parlamentare. Ma per ora, purtroppo, non ho ricevuto alcuna risposta. Lo considero un fatto negativo.
Ci sono poi altri punti controversi. Una prima questione riguarda il termine di prescrizione. Sembra che in alcune cause l’Avvocatura dello Stato sostenga che il diritto si sia prescritto. In tal modo, lo Stato con una mano offre (i soldi del Fondo), ma con l’altra sembra ritirare la mano (l’azione è prescritta): non sarebbe l’ennesima beffa per le vittime?
Stiamo parlando di crimini di guerra e contro l’umanità. La “Convenzione sull’imprescrittibilità dei crimini di guerra e dei crimini contro l’umanità” adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1968 e entrata in vigore nel 1970 stabilisce principi chiari.
È possibile considerare questo tipo di crimini soggetti a prescrizione?
Sono evidentemente imprescrittibili.
C’è poi un’altra questione. Molti ritengono che non sia giusto che lo Stato italiano paghi per i crimini commessi dalla Germania. La Germania invece pretende di essere esonerata da ogni responsabilità per aver pagato 40 milioni di marchi all’Italia nel 1962. Secondo lei è corretto che la Germania sia liberata da ogni responsabilità per quel che avvenne in Italia durante l’ultima guerra?
La questione è politica e giuridica al tempo stesso. Esistono indubbiamente contraddizioni profonde, ma non possiamo dimenticare che l’istituzione del Fondo è il punto di arrivo di un percorso giuridico lungo e complesso, durato anni, che ha visto contrapposte l’Italia e la Germania nelle Corti internazionali e ha coinvolto anche la nostra Corte costituzionale. Ritengo che, proprio a fronte di tale complessità, poter infine garantire ai familiari delle vittime un riconoscimento che – prima ancora che economico, è morale, simbolico e storico – sia un risultato più che apprezzabile. Il giudizio sulle responsabilità della Germania si sposti ora definitivamente sul fronte della storia e della memoria, irrinunciabile, delle enormi sofferenze inflitte dal regime nazista all’Italia, all’Europa e al mondo intero.
Sulla vicenda pende poi la decisione della Corte costituzionale. Il tribunale di Roma infatti contesta che il Fondo impedisca di continuare ad agire in via esecutiva contro i beni tedeschi e ha sollevato il problema presso la Corte costituzionale. Se la Corte darà ragione al tribunale di Roma, allora i deportati, e in generale le vittime dei crimini nazisti e i loro eredi, potranno decidere di rivalersi sul fondo o direttamente sui beni tedeschi in Italia: che implicazioni potrebbero aversi sul piano delle relazioni tra i due paesi?
Il Tribunale di Roma ha sollevato una questione di legittimità costituzionale: il nostro ordinamento lo consente e, a questa decisione come a quella futura della Corte costituzionale non si può che guardare con rispetto e deferenza. Ritengo importante che, a maggior ragione in una vicenda così delicata e complessa, venga garantito in pienezza il controllo di costituzionalità, anche in relazione ad aspetti tecnici. Allo stesso tempo, confido che – quando arriverà il tempo della decisione della Corte – gli aventi diritto saranno infine riusciti a rivalersi sul fondo.
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