La società civile deve reagire all’antisemitismo

Con Dario Disegni, presidente della comunità torinese, continua il nuovo viaggio di Riflessi nelle comunità ebraiche italiane

Dario, come sta vivendo la Comunità di Torino questi ultimi mesi?

Dario Disegni, presidente della comunità ebraica di Torino: è inoltre presidente della Fondazione beni culturali ebraici italiani e del MEIS (in prorogatio)

Anche la Comunità di Torino, non diversamente dalle altre, sta vivendo questo periodo con grande angoscia per la situazione in Israele, a seguito del terribile pogrom e della guerra sanguinosa che ne è seguita. Molti di noi hanno parenti e amici in Israele, tra cui molti giovani impegnati nell’esercito. La preoccupazione quindi è alta. La Comunità ha organizzato riunioni e assemblee, con la volontà di sentirsi unita, per affrontare insieme il periodo più difficile che Israele e il popolo ebraico stanno vivendo dal dopoguerra. La nostra preoccupazione nasce anche per i riflessi che questa situazione provoca: mi riferisco alla inquietante ripresa di fenomeni di antisemitismo che registriamo, non solo a Torino.

Come reagisce la città a questo clima?

Purtroppo un sentimento anti-israeliano o “anti-sionista” con ricadute di vero e proprio antisemitismo si sta diffondendo sempre maggiormente nei più diversi ambiti. Se si entra nei negozi, nei bar o anche nei treni, non è infrequente ascoltare apprezzamenti ostili nei confronti di Israele e degli stessi Ebrei che sono preoccupanti. È un po’ come se certi sentimenti covati e mai dichiarati oggi fossero sdoganati e potessero quindi riemergere, superando la vergogna che si provava in precedenza.

da mesi manifestazioni pro Pal si tengono in tutta Italia

Proprio a Torino sembra essere partito tutto, con la decisione del Senato accademico di votare l’invito ai ricercatori dell’Università a non partecipare ai bandi MAECI.

Quella decisione è stata sollecitata da un gruppo studentesco in realtà molto limitato nei numeri, ma assai agguerrito. Si tratta di un movimento pro-Pal che più volte in questi mesi ha organizzato cortei e manifestazioni, col tentativo, in parte riuscito, di cercare di interrompere i rapporti di collaborazione scientifica tra l’Università di Torino e quelle israeliane.

Come avete vissuto quella scelta?

il senato accademico dell’università di Torino ha di fatto ceduto alle pressioni di un movimento che si definisce antisionista, votando la mancata artecipazione ai bandi MAECI di collaborazione con le università israeliane

La decisione del Senato accademico è stata presa sotto la pressione del gruppo pro-Pal a cui facevo riferimento. Come abbiamo visto dalle foto diffuse, c’è stata da parte dei manifestanti la volontà di creare un caso, tanto che giornalisti, fotografi e cameramen erano stati preallertati e si sono fatti trovare puntualmente presenti. I manifestanti sono stati lasciati entrare nella sede del Senato accademico, interrompendo con arroganza la seduta in corso, liberi di intervenire e di lasciare un documento che chiedeva un boicottaggio molto duro. La riunione è stata quindi sospesa ed è ripresa nel pomeriggio. Qui è accaduto che, volendo raggiungere una sorta di compromesso rispetto al documento consegnato, è stata votata una deliberazione che, pur non prendendo in considerazione quel testo, ha definito non opportuna la partecipazione dei ricercatori dell’Università di Torino ai bandi del Ministero. La delibera è stata votata con un solo voto contrario, quello della professoressa Susanna Terracini.

Susanna Terracini

Come ha reagito la Comunità?

Come Presidente della Comunità, ho richiesto un colloquio con il Rettore, che è avvenuto pochi giorni fa. Nell’incontro io ho ribadito la gravissima preoccupazione della Comunità per la decisione assunta, che è stata presentata dai pro-Pal come una grande vittoria, da essere di esempio per le altre Università. Fortunatamente alcune di esse con molta maggiore dignità hanno respinto il tentativo di boicottaggio, quali le Università La Sapienza di Roma e la Bicocca di Milano, mentre altri Atenei, come quello di Bari, purtroppo hanno seguito Torino.

Qual è stata la reazione del Rettore alle tue rimostranze?

Stefano Geuna, rettore dell’università statale di Torino

Ha cercato di minimizzare l’episodio, sostenendo che la delibera non impone alcun divieto di partecipazione ai ricercatori, ma rappresenta una semplice raccomandazione e che peraltro nessun Dipartimento dell’Università sarebbe stato di fatto interessato a partecipare ai bandi in oggetto. Mi ha poi ribadito che esistono diverse collaborazioni tra l’Università e istituzioni scientifiche israeliane e che certamente esse proseguiranno, eventualmente seguite da altre ancora in futuro. Ha poi ricordato che il suo primo viaggio da Rettore è stato in Israele, alla Ben Gurion University e a quella di Tel Aviv, a riprova della grande stima e considerazione nutrite per il sistema universitario israeliano. Ha inoltre sostenuto che l’invito a non collaborare su progetti di ricerca cosiddetti dual use  deriverebbe  da una raccomandazione dell’Unione europea, anche se per la verità non ha saputo rispondere all’osservazione  che le Università italiane svolgono collaborazioni di questo tipo anche con Università iraniane, o della Corea del Nord, o di altri Paesi retti da regimi totalitari. Da parte mia ho ribadito la necessità che l’Università contrasti ogni forma di ulteriori boicottaggi e che soprattutto garantisca la sicurezza e la libertà di espressione degli studenti ebrei e di quelli israeliani che frequentano l’Ateneo: cosa che mi è stata assicurata.

l’università di Padova nelle settimane scorse

Da quell’episodio sono trascorse alcune settimane. Lo scorso sabato al Salone del Libro c’è stata una forte contestazione da parte di un piccolo gruppo di sostenitori ProPal. Qual è oggi il clima che si respira in città?

Il clima è divenuto sicuramente molto più pesante per il crescere di manifestazioni, cortei e occupazioni delle sedi universitarie a opera di gruppi pro-pal e dei centri sociali, purtroppo anche con l’appoggio di alcuni docenti. Anche la fiaccolata per il 25 aprile è stata “sequestrata” da questi soggetti, che con urla, slogan e lanciodi fumogeni hanno di fatto impedito ai partecipanti di ascoltare i discorsi dal palco delle Autorità.

Con il Sindaco invece le cose come vanno?

Pro Pal al salone del libro di Torino, la scorsa settimana

Anche se sul tema di quanto successo all’Università il Sindaco  non si è espresso, il rapporto con lui e, più in generale, con l’Amministrazione cittadina è sostanzialmente buono e cordiale. Il Comune è sempre presente alle nostre iniziative. Subito dopo il 7 ottobre il Sindaco è venuto in Sinagoga al momento di preghiera e di raccoglimento in memoria delle vittime dell’orrendo pogrom. L’Assessore delegato dal Sindaco è stato presente nel mese di aprile  alla marcia in ricordo del giovane partigiano ebreo assassinato dai nazi-fascisti Emanuele Artom, che organizziamo ogni anno. Ricordo poi che il Comune ha istituito una Commissione per il contrasto ai fenomeni di intolleranza e di razzismo. Quando un mese fa abbiamo presentato le iniziative per ricordare i 600 anni dall’arrivo dei primi ebrei in Piemonte, l’intera Commissione era presente in Comunità.Infine l’altro giorno il Consiglio Comunale a larghissima maggioranza ha approvato un documento che impegna l’Amministrazione a nuove intitolazioni che ricordino personalità israeliane, istituzioni come lo Yad va-Shem e anche i kibbutzim di Be’eri e Beit Alpha, vittime del massacro del 7 ottobre.

dopo la decisione del senato accademico, a Torino c’è stato presidio di solidiarietà a Israele

Torino è anche una città che ha un’importante presenza islamica. Come vanno le cose nei rapporti interconfessionali?

Come noto, esistono diverse organizzazioni islamiche, con alcune delle quali, come il Coreis, abbiamo da tempo rapporti cordiali, in particolare con l’Imam Bergia, che ne è il Segretario Generale. L’Imam era insieme a noi nella citata cerimonia al Tempio dopo il 7 ottobre e interviene spesso con messaggi di amicizia e solidarietà e di apprezzamento per la cultura ebraica. Vorrei anche ricordare che a Torino dal 2006 opera un Comitato Interfedi, presieduto da una figura di grande spessore culturale e politico, l’ex-Sindaco della Città Valentino Castellani. Il Comitato, nel quale sono rappresentate tutte le confessioni religiose, ha approvato all’unanimità una mozione di vicinanza alla nostra Comunità. Ci sono poi però ovviamente anche altre realtà islamiche di ben diverso orientamento, che prendono parte alle manifestazioni filo-palestinesi, anche se devo riconoscere che non hanno comunque creato problemi particolari alla Comunità.

a Emanuele Artom (1915-1944), storico e partigiano, è intitolata la scuola secondaria

All’interno del mondo ebraico, invece, quali rapporti intrattiene la Comunità di Torino con le altre Comunità?

Da un po’ di tempo è aperto un canale di comunicazione tra i Presidenti delle medie e piccole Comunità, che, rispetto a Milano e Roma, hanno problemi più simili da affrontare. Direi che tra noi c’è un costante confronto che si sviluppa in incontri periodici. Anche a livello personale i rapporti sono ottimi ed estremamente amichevoli.

Il Presidente della Comunità di Venezia ha però lamentato una scarsa collaborazione con l’Ucei. Condividi la critica?

l’Imam Idris Bergia

Io intrattengo da sempre rapporti molto stretti con l’Ucei e la sua Presidente: sugli aspetti più delicati che riguardano la Comunità di Torino mi sono sempre confrontato con lei, anche perché ritengo fondamentale che l’Ebraismo italiano, nelle sue varie articolazioni, abbia un approccio il più possibile condiviso sulle scelte strategiche da effettuare, nonché nelle esternazioni pubbliche. Sinceramente debbo dire che con la Presidente ho sempre riscontrato una notevole consonanza di visione. Certo, comprendo benissimo anche le parole di chi, come il mio illustre Collega veneziano, segnala l’esistenza di problemi di comunicazione interna. Non c’è dubbio, infatti, che in molte situazioni faccia difetto la mancanza di una stretta consultazione fra l’Ucei e le Comunità. Credo che questa sia una criticità che possa e debba essere superata e che sia senz’altro auspicabile, specie in momenti difficili come quelli che stiamo attraversando, un maggiore scambio di informazioni e di idee. Ritengo però che sia anche importante saper svolgere un ruolo proattivo, prendendo l’iniziativa di sollecitare un confronto sui temi più gravi e complessi che ci interpellano.

la sinagoga di Torino, in piazzetta Levi

A tuo avviso qual è la linea dovrebbe seguire l’Ebraismo italiano di fronte alle forti critiche verso Israele e a questo clima di ostilità verso gli Ebrei?

Occorre naturalmente rafforzare innanzitutto la vigilanza, che deve essere più che mai alta in questo periodo. Ciò detto, la mia posizione è che, quando assistiamo nell’opinione pubblica a episodi e manifestazioni di ostilità così prolungate nei confronti di Israele e degli Ebrei, non dovrebbero essere soltanto i rappresentanti dell’Ebraismo italiano a intervenire. Credo infatti che il morbo dell’intolleranza e dell’antisemitismo colpisca non solo gli Ebrei, ma l’intera società. Dunque non devono essere sempre e solo gli Ebrei chiamati a denunciare gli episodi di antisemitismo: spetta alla società civile il compito di intervenire e di reagire a fenomeni che stanno diventando sempre più inquietanti e pericolosi per la stessa tenuta democratica del Paese.

Leggi l’intervista a Dario Calimani (Venezia)

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