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Vivere nel tempo della complessità

Michela Marzano riflette sul tempo della crisi che viviamo, e sugli effetti che produce sulla nostra memoria e le nostre democrazie

Michela, come si vede l’Italia dalla Francia?

michela Marzano, filosofa e scrittrice, insegna filosfoifa morale all’università di Pargi

In questo momento direi che non la si vede. Voglio dire che la Francia è molto concentrata su sé stessa, sui propri problemi. Qualsiasi notizia che riguarda l’altrove scorre via velocemente, senza molta attenzione.

Questa disattenzione verso l’Italia non è stata turbata dalla polemica tra i due paesi riferita all’arrivo dei migranti?

Direi di no. Anche quel capitolo oggi mi sembra chiuso, perché, più in generale, tutto è bloccato sull’oggi, l’unico spazio in cui ci muoviamo è quello quotidiano. Si perde cioè di vista lo sfondo, la storia, il contesto internazionale. Il dramma è che o si resta fermi oppure ogni volta si ricomincia, e non si riesce mai ad andare avanti.

C’è però un tema più generale che da mesi interessa tutta l’Europa, e cioè la guerra in Ucraina. Come si vede la guerra dalla Francia?

Da settimane la Francia è paralizzata da scioperi contro la riforma delle pensioni (EPA/C. Petit Tesson)

Mi sembra che la situazione sia simile all’Italia. In questa fase in cui si è legati a bisogni contingenti, è prevalsa la paura per il proprio benessere, drammatizzata dall’annuncio di futuri blocchi energetici. E tutti si sono quindi concentrati sui propri bisogni. In fondo mi sembra che anche in Italia operi lo stesso meccanismo: oggi si parla del 41-bis [il carcere duro cui è sottoposto l’anarchico Cospito, n.d.r.], domani di qualche altra cosa. È il dramma della contemporaneità, che fa perdere di vista lo sfondo. In questo modo tutti i temi vengono presto dimenticati: gli immigrati, la guerra, gli scioperi, la vittoria della destra; tutti sfilano via uno dopo l’altro, senza che ci si soffermi su nessuno di essi.

A proposito di vittori delle destre: in Francia la Le Pen è stata sconfitta da Macron.

Emanuel Macron

Sì, ma bisogna ricordare che Macron ha vinto la corsa all’Eliseo grazie alla volontà dell’elettorato di bloccare Marine Le Pen e l’estrema destra, e non perché ci fosse una convinta aderenza alle sue posizioni e al suo programma politico. La Francia oggi è bloccata dagli scioperi generali contro la riforma delle pensioni, verso la quale circa il 70% della popolazione è contraria, così come contraria anche a Macron.

Tuttavia, resta il dato politico: la Francia non vuole l’estrema destra al governo della Repubblica.

È vero. Appena i francesi hanno compreso che la Le Pen poteva vincere la sfida con Macron, hanno fatto barrage. È per questo che quando poi In Italia si è votato, e a settembre c’è stata la vittoria della Meloni, i francesi si sono molto stupiti che i partiti contrari alla destra non abbiano saputo organizzare un blocco simile a quello realizzato in Francia, e si sono domandati il perché.

Marine Le Pen e Vladimir Putin

Come viene vissuta la destra di Le Pen in Francia?

La destra francese, a differenza del resto del paese, non ha mai fatto un’esplicita condanna del periodo collaborazionista con la Germania nazista, e questo spiega perché finora non è mai riuscita a raggiungere l’Eliseo. Semmai oggi la preoccupazione è un’altra.

Quale?

È il radicalismo islamico, questa forma di radicalismo che poi consente alla destra di raccogliere molti voti. In Italia non c’è lo stesso problema, perché non è interessata da grandi flussi migratori del Maghreb come quelli che investono da anni la Francia.

Quanto è forte il radicalismo islamico oggi in Francia?

Francia, ottobre 2020: manifestazioni di protesta contro l’uccisione di Samuel Paty, insegnante, da parte di un fondamentalista islamico (AP Photo/Michel Euler)

È ormai un problema serio, di cui mi rendo conto anche dove lavoro, nell’università. Ora ho smesso di scocciarmi, ma all’inizio ero davvero colpita quando vedevo ragazze venire a lezione coperte con il velo fino ai piedi. D’altra parte questo è un tema sensibile, su cui da anni l’intero paese si sta interrogando.

Da dove nasce questo radicalismo?

Io credo che il radicalismo islamico sia da un lato la risposta a una società dove i valori democratici stanno arretrando, dall’altra una forma di autodifesa per chi vive in zone dove la violenza è molto alta. In ogni caso mi sembra che queste forme siano il contrario dei valori su cui la Francia rivoluzionaria si è fondata: libertà, uguaglianza, fratellanza. A questi problemi si aggiunge poi il tema della terza generazione, cioè di quei giovani che cercano nel passato risposte che non trovano nel presente, che rimproverano i loro genitori e i loro nonni, accusandoli di non avere saputo difendere il proprio passato, le proprie tradizioni e le proprie origini. La reazione è un attacco ai valori democratici. Per me questo è il vero problema che c’è oggi in Francia, sul quale peraltro, il dibattito è molto aperto.

Come reagisce la comunità ebraica francese?

Manifestazione di protesta contro l’assassinio di Mireille Knoll, ebrea francese sopravvissuta ai lager, vittima della violenza antisemita in Francia

La comunità ebraica, da quel che capisco non facendone parte, è ovviamente molto allarmata dagli episodi di radicalismo islamico e dalla violenza che esso esprime. Alcuni esponenti del mondo ebraico francese invocano più coraggio da parte delle istituzioni nell’affrontare il problema.

Secondo te come andrebbe affrontato?

Io credo che occorra intervenire innanzitutto a livello educativo. Occorre saper mostrare e insegnare la bellezza dei nostri valori. Si sviluppa infatti intolleranza quando non si conosce la storia del paese in cui si vive. Noto inoltre che in molti non c’è alcuno sforzo di integrarsi nel contesto in cui si vive.

Tu insegni filosofia morale all’Università Paris Descartes. In generale, vorrei sapere da te che stagione è quella che stiamo vivendo.

l’ultimo libro di Michela Marzano (Idda, Einaudi)

Molto contraddittoria. Da un lato questa è un’epoca molto complessa, che ci mostra problemi che non possono affrontarsi in modo semplice, per cui non c’è il buono o il cattivo, il vero il falso. Non viviamo più in un sistema binario, dunque qualsiasi tema da affrontare risulta complicato. Al tempo stesso, gli strumenti a disposizione sono sempre più miseri: di fronte al moltiplicarsi della complessità si tende a risolvere tutto in modo semplicistico, a schierarsi con le parti estremi e a tagliare le sfumature. La contemporaneità è invece proprio una sfumatura: temi come la sessualità, la demografia, la guerra, la salute; ognuno di essi richiederebbe equilibrio e capacità di pensare la diversità, cosa che invece non riusciamo più a fare.

Questa tua osservazione mi porta a domandarti che legame ci sia tra memoria e democrazia, tra l’oggi e il nostro passato.

settembre 2017: l’on. La Russa, oggi presidente del Senato, alla Camera

Vedo un problema doppio: la perdita di memoria non solo mette a rischio l’identità di un paese e quindi la sua democrazia, ma anche la sua identità futura. Se da un lato ci focalizziamo solo sul presente, dall’altro dobbiamo comprendere che siamo noi stessi il risultato della storia, di quella dei nostri genitori e dei nostri nonni. Non possiamo parlare del presente se non sappiamo da dove veniamo, come famiglia e come paese. Noi siamo la storia che ci ha preceduti, se la conosciamo in modo consapevole possiamo sapere dove andare, altrimenti siamo agiti dal nostro passato. Se c’è stata la vittoria della Meloni e in generale della politica populista, dobbiamo cercare le radici di questo ripercorrendo la nostra storia.

Che rapporto abbiamo con la nostra memoria, specie qui in Italia?

Nel libro “Stirpe e vergogna”, Marzano ricostruisce la biografia di suo nonno, Ferruccio, magistrato, deputato monarchico, e convinto fascista

In Italia la perdita della memoria non è solo della destra, ma mi sembra di un intero paese, ed è questo che ha permesso di governare alla Meloni e ha permesso che un uomo come La Russa, che tiene una collezione di busti di Mussolini in casa, potesse diventare presidente del Senato. Liliana Segre certo continuerà a parlare e a suscitare emozioni, ma dopo di lei e dopo i testimoni chi parlerà e testimonierà del passato ho conosciuto dall’Italia?

A proposito. come si vive in Francia il giorno della memoria?

Un giorno dedicato alla memoria da solo serve a poco. In Francia non esistono celebrazioni specifiche, forse perché qui, almeno in questo, è stato molto più costante il lavoro di ricostruzione. In Francia si è fatto quello che non è successo in Italia: si è studiato a lungo la responsabilità francese con il governo di Vichy, la collaborazione cioè con la Germania nazista, grazie al lavoro di storici e di istituzioni. Ora lo studio si sta spostando sulla guerra d’Algeria. Una mia studentessa, ad esempio, sta lavorando sull’idea di esilio: i suoi nonni lasciarono l’Algeria, e adesso lei sta ripercorrendo quel passato e quella storia familiare. In Francia, dopo aver studiato gli anni del dopoguerra, si sta passando alle decadi successive, gli anni 50 e 60. Credo che questo sia l’unico modo per far tesoro il nostro passato e comprendere il nostro presente. Al contrario, se tutto viene schiacciato dalla cronaca, allora metteremo a rischio le fondamenta democratiche del nostro paese. Bisogna saper lavorare in profondità.

Sulla memoria tu hai scritto un libro, “Stirpe e vergogna”, che ricorda la vita di tuo nonno, magistrato della Repubblica ma, ancor prima, fervente fascista. Cosa pensi delle dichiarazioni della premier Meloni di fine anno, per cui l’MSI ha contribuito a costruire la democrazia italiana?

il simbolo di Fratelli d'Italia, eredità di quello del MSI (Movimento sociale italiano)
il simbolo di Fratelli d’Italia, eredità di quello del MSI (Movimento sociale italiano)

Direi che le radici del MSI sono chiaramente fasciste, perché il partito è stato creato da chi aveva partecipato alla Repubblica di Salò, e il suo simbolo è stato disegnato da un componente della RSI. Come sappiamo infatti la fiamma rinvia direttamente a Mussolini, ricorda la fiamma che arde sulla sua tomba. Gianfranco Fini aveva deciso di rompere con il passato del movimento sociale, togliendo la fiamma, la Meloni invece ha reintegrato quel simbolo rafforzando il legame con il passato. Certo l’MSI faceva parte dell’arco istituzionale, ma le persone che l’hanno sostenuto non hanno mai condannato quel passato, non hanno mai preso le distanze e anzi oggi hanno dei rimpianti. Non è stato l’MSI un partito che ha contribuito alla democrazia italiana, ma è stata la democrazia italiana che nonostante quel partito è riuscita ad andare avanti.

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