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Ritrarre la speranza

Massimiliano Pironti è l’unico pittore straniero scelto dalla Corona inglese per ritrarre uno tra 7 sopravvissuti alla Shoah. A Riflessi racconta la sua esperienza

Massimiliano, ci parli innanzitutto un po’ di te?

Massimiliano Pironti

Sono nato a Colleferro 40 anni fa, ma da 7 anni vivo a Stoccarda, dove mi sono trasferito per lavoro, e dove ho scelto di rimanere. Qui infatti ho trovato il luogo ideale per dedicarmi alla pittura.

Eppure il tuo percorso artistico è molto particolare. Ce ne parli?

Dipingo in realtà fin dai 3 anni, e questo è sempre stato il mio sogno. Nella mia vita però è arrivato anche il canto, la recitazione, la danza. Ho fatto musical, e ho partecipato ad “Amici”, quasi vent’anni fa. Ho lavorato nella Compagnia della Rancia, e poi nella Stage Entertainment, fino ad arrivare a Stoccarda, dove però ho scelto io di rifiutare il rinnovo del contratto teatrale, 4 anni fa. Sentivo infatti che era arrivato il momento della pittura e che dovevo abbandonare il teatro, per dedicarmi al 100% alla pittura, che avevo trascurato per troppo tempo.

Quali sono i tuoi modelli di riferimento?

Pironti in veste di attore

Tutti grandi artisti del rinascimento: Leonardo, Michelangelo, Raffaello; e poi i manieristi, come il Bronzino. Mi hanno accompagnato fin da subito, anche se io mi sento un artista che guarda al futuro. Quella però è stata la mia formazione.

Sei stato a scuola di pittura?

No, sono autodidatta. Ho fatto il liceo artistico a Frosinone, ma nessuno mi insegnato a dipingere. Al liceo avevo 8 ore per disegnare, certo è stata una palestra. Per il resto, ho comprato dei manuali, e ho fatto tanta esperienza. Ma non ho mai frequentato l’accademia,

Quali sono stati i tuoi primi passi ufficiali nel mondo della pittura?

il ritratto con cui Pironti ha debuttato alla National Portrait Gallery

La prima apparizione importante è stata a Londra, alla National Portrait Gallery, nel 2018, con il ritratto di una ballerina inglese mia amica. Lì, vista anche le reazioni del pubblico e della critica, ho capito che volevo dipingere. L’anno successivo ho realizzato “Quo vadis?”, ritraendo mia nonna, e ho vinto il terzo premio bandito dalla National Portrait Gallery, un premio famosissimo nel mondo dell’arte. Il Guardian scrisse “un ballerino tra i tre finalisti”, e un po’ era vero, anche se io credo che l’arte sia sempre arte, e che si possa essere ballerini, pittori e attori.

Come scegli i soggetti che ritrai?

Possono essere lavori su commissione; altrimenti scelgo io. A me piace raccontare le storie delle persone, anche quelle semplici. Mi piace puntare un faro sulle persone, non mi interessa se siano famose o meno, devo sentire qualcosa il profondo. Magari la conosco, oppure la incontro per caso, e poi comincio a chiedere, a fare domande sulla sua storia. Devo conoscere la sua storia, devo capire chi è, per poter pensare una composizione. Un ritratto è un dialogo tra me e il soggetto che sto dipingendo. È fondamentale per questo il contatto umano.

Quanto ti ci vuole per realizzare un dipinto?

Impiego dai 3 ai 5 mesi. Provo a lavorare tutti giorni, però dipende anche dalla giornata, dalla mia sensibilità

Che tecnica utilizzi?

“Quo vadis?”, rappresenta la nonna di Pironti

Dipingo su alluminio, a volte direttamente sopra, altre volte preparo una superfice molto sottile di gesso. Non è facile lavorare l’alluminio, ma a me piace, perché non amo vedere la trama della tela; dipingo i dettagli microscopici e così mi piace avere superficie perfettamente liscia. L’alluminio i piace perché è un materiale luminoso, moderno.

 Quando sei stato contattato per dipingere il ritratto di un sopravvissuto alla Shoah, cosa hai pensato?

Ho ricevuto una prima telefonata a settembre del 2020 dalla National Portrait Gallery, poi è intervenuto direttamente Clarence’s house (la residenza del Principe Carlo, n.d.r.). All’inizio non potevo crederci, poi ho letto il comunicato stampa, e ho visto non solo che era vero, ma che ero l’unico pittore non inglese.

Hai conosciuto il Principe?

Direttamente, solo il giorno della presentazione del quadro. Però so che il Principe Carlo ha seguito tutto il processo. Quando ci siamo visti, lo scorso 24 gennaio, dalle sue domande si vedeva che era a conoscenza di tutto il percorso fatto. È stato lui a scegliere sia i testimoni da rappresentare – 4 donne e 3 uomini – sia i pittori che li avrebbero dovuti raffigurare.

Per te il Principe ha scelto Arek Hersh. Come è stato l’approccio con lui, con un sopravvissuto della Shoah?

(continua pag. 2)

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