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Pironti a casa di Arek Hersh

Ci siamo conosciuti via zoom-call, perché per via della pandemia non sono potuto andare subito a incontrarlo. Ho fatto molti screenshot, e ho chiesto alla figlia, Michelle, di farmi delle foto di suo padre da vicino, per capire la sua pelle, perché io lavoro moltissimo sui particolari. Inoltre avevo letto la sua storia, conoscevo tutto. Così, un po’ alla volta, ci siamo conosciuti bene. Con la pandemia è nato un rapporto ancora più forte. Sai, lui è nato nel 1928, in Polonia. Aveva 11 anni quando è stato trasferito per la prima volta in un campo, poi è stato messo in un ghetto, infine è stato deportato ad Auschwitz.

Che persona è?

È una persona meravigliosa di 93 anni, un omo dolcissimo, con una forte voglia di vivere. Da anni è testimone nelle scuole.

Che cosa ti ha colpito di lui, come soggetto da rappresentare? In generale, da dove cominci un ritratto?

Ho fatto 1 mese di studi e schizzi preparatori, per trovare la composizione e le proporzioni fisiche, perché a distanza era strano, la telecamera un po’ deforma le immagini. Io parto subito dl viso, mi dà sicurezza vedere formarsi l’espressione che avevo in mente. Parto dagli occhi.

Interessante è anche lo sfondo che hai scelto.

Lo sfondo è nato dalle foto della casa di Arek. Quando ho visto la statua del Mose m’ha affascinato, e ho detto: perché no? La sua foto da giovane in realtà non esiste, perché lui possiede solo fotocopia in bianco e nero; sono io che l’ho immaginata in quel modo.

Quello che colpisce lo sguardo è la mano che tocca il braccio.

Durante i nostri sitting gli ho chiesto io di spostare la mano sul braccio, perché stavamo parlando del suo numero tatuato. Poi abbiamo trovato una posa che fosse naturale. Idealmente è come se Arek stesse toccando una ferita rimarginata, che però non andrà mai via, che ricorda un luogo pieno di atrocità. Ci ho pensato tantissimo, però mi piaceva questa ida. Non volevo assolutamente mostrare il numero.  È come se così si fosse un cerchio: il Mosè, Arek da giovane, e poi lui, com’è oggi, che tocca il braccio per ricordare quello che è stato.

Cosa ti ha trasmesso questa esperienza?

Sai, mi ha colpito molto l’espressione di Arek. Mostra serenità e riflessione, come se ripensasse a tutta la sua vita, e oggi fosse sereno e felice, mentre si proietta verso il futuro. Per me è stata una esperienza incredibile, soprattutto dal punto di vista umano. Quando ho ricevuto la proposta, ho subito pensato: spero di essere abbastanza bravo. Non è stato ritratto facile, racconta di un passato che conosciamo tutti, ma che sembra così assurdo, che non deve essere dimenticato, e va rappresentato nel modo giusto. Per me stato una crescita, sia come artista che come persona. Durante la pandemia è stato anche un modo per riflettere sulle cose essenziali, sulla vita, sulla fortuna di vivere in questo tempo di pace. E poi ho un’enorme ammirazione verso Arek, come per tutti gli altri sopravvissuti, che con coraggio hanno affrontato una nuova vita. Riflettere su come sia stato possibile superare un trauma come quello, è stato per me una forma di crescita.

L’inaugurazione della mostra alla Queen’s Gallery, lo scorso gennaio

Conoscevi il mondo ebraico in precedenza?

Per nulla, Per me è stata una esperienza assolutamente nuova. Arek vive a Leeds, nel luglio scorso sono stato suo ospite per una settimana, poi è arrivata la BBC per realizzare un servizio, è stato bellissimo, sono stato suo ospite per lo shabbat. M ricordo la tavola imbandita, il tanto mangiare, l’allegria e il clima sereno. È stata una grande esperienza.

Dove sarà esposto il quadro?

Adesso è esposto alla Queen’s Gallery, fino al 13 febbraio. Poi i quadri andranno a Edimburgo, in un altro palazzo reale, il Holyroodhouse, fino a giugno; infine entreranno a far parte della Royal Collection.

Prossimi progetti?

Sto lavorando per molte commissioni private, ora in effetti tantissime richieste; e poi ho altri progetti; a me piace rappresentare la figura umana, ma anche raccontare la nostra società. Vedremo.

 

Credits: Arek Hersh by Massimiliano Pironti © Massimiliano Pironti. Photograph Royal Collection Trust © Her Majesty Queen Elizabeth II 2022 – Photographer Matthew Hollow

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