Quanto è ancora attuale l’ideologia del male oggi?

Un libro di recente pubblicato analizza la vita del fondatore del nazismo

“Hitler aveva una capacità quasi medianica di comprendere le più profonde aspirazioni del popolo tedesco”.

David Jabes

A quasi ottant’anni dalla sua morte nel bunker della Cancelleria a Berlino ha ancora senso interrogarci sulla sua eredità e sulla modernità della sua leadership? La risposta è attuale ora più che mai. Basta leggere IL LEADER. ADOLF HITLER: LA MANIPOLAZIONE, IL CONSENSO, IL POTERE (Solferino, 251 pagine 18 euro) scritto dallo storico Davide Jabes.

Un libro scorrevole, divulgativo, con alla base la volontà di non volere essere tanto una nuova ricerca sull’attività del dittatore tedesco quanto una riflessione sulla sua ‘presenza’. Sulla insondabile ma ricorrente seduzione esercitata dal despota sulle masse che lo acclamano. Una necessaria lettura da fare superando “il naturale disgusto” verso la persona e la ricerca del nemico da annientare, a partire dagli ebrei, suggerisce l’autore, per iniziare “seriamente a preoccuparci di come avrebbe impostato l’esistenza dei suoi ‘amici’, ovvero di quel mondo che lo idolatrava o quanto meno gli ubbidiva”.

adunata del partito nazista

Del resto come negare che la globalizzazione ha aumentato negli ultimi venti anni la percezione delle diseguaglianze. Tv, internet, le comunicazioni in generale hanno dato la possibilità di comprenderle per cui è cresciuto il senso di frustrazione di immense masse di popolazione nel mondo. Le stesse che paradossalmente hanno visto nello stesso arco di tempo migliorare alcuni degli obiettivi fissati da Fondo monetario e Banca Mondiale per alleviare la fame nel mondo e ridurre la povertà ma hanno scoperto che possono avere di più.

La crisi finanziaria del 2008, quella dei debiti sovrani nel 2011 a cui sono seguite la pandemia Covid e ora la guerra in Ucraina e l’allarme clima hanno precipitato in un senso di ineluttabile avvicinarsi al baratro le economie più sviluppate che finora si ritenevano protette. E nella confusione generale, nel timore di perdere il benessere o di non poterlo più raggiungere come era stato promesso tornano prepotenti gli spettri di sempre: nazionalismo, protezionismo, populismo, semplificazione generalizzata dei nodi da sciogliere per ridurre il tutto all’individuazione di un nemico a cui attribuire le colpe.

Vladimir Putin

Stranieri, Oriente, Occidente, Islam radicale o meno, e nell’Europa orientale anche l’intramontabile antisemitismo. Perché allora non potrebbe tornare l’eterna tentazione di lasciarsi sedurre dalla ‘Propaganda’ rassicurate, dalla delega in bianco ad un Capo carismatico che lotta per noi, che si pone non accanto a noi come vogliono fare i politici democratici, ma sopra di noi, in una dimensione nebulosa dove ci si vuole illudere di trovare la soluzione ? Insomma perché non interrogarci sulla disponibilità delle masse ad essere manipolate ? Putin non è già un esempio compiuto di questo scenario ? E allora è arrivato il momento di tornare a studiare colui che ha incarnato più di tutti la risposta a tutte queste imperfezioni del malcontento, della disperazione sociale, del risentimento, del livore di classe acutizzato dal bisogno economico: Hitler appunto. “In Italia, non molti anni fa, durante un quiz televisivo nessuno dei concorrenti seppe rispondere a una semplice domanda: quando era andato al potere Adolf Hitler” ricorda Jabes nella prefazione al libro.

Il Fuhrer “diede risposta a masse di diseredati, di persone schiacciate da un presente terribile promettendo loro un futuro radioso, il tutto risultando credibile e onesto (questa forse la sua performance ‘artistica’ migliore). Perché non considerare la sua pericolosa eredità non degna della massima attenzione, quando oggi una moltitudine assai maggiore aspetta di essere sollevata dallo stato di costante miseria economica e sociale in cui versa?”.

Sono ancora molti i nostalgici dell’ideologia nazista e fascista

Il volume analizza la giovinezza di Hitler, il condizionamento disturbante avuto dalla sua famiglia di origine nonché la giovinezza trascorsa a Vienna, dove sviluppa quel rifiuto della società multiculturale, multilinguistica per abbracciare a Monaco sintesi più semplificatrici e rispondenti al suo bisogno di cercare il nemico a tutti i costi. Le trova nella destra bavarese e nell’antisemitismo che l’alimenta, nella sua disordinata e caotica costruzione di un modello illustrato con enfasi in un crescendo retorico ma quasi musicale.

Per questo Jabes sottolinea l’importanza della passione di Hitler per Wagner e le sue frequentazioni dei teatri. Sono descrizioni e ricostruzioni molto suggestive di un impero asburgico in dissoluzione, incapace di reagire. Pagine capaci di trasportarci nel vissuto di un uomo di cui vorremmo non parlare più mentre l’autore con professionale distacco ci mostra uno per uno quali sono i possibili agganci con l’attualità. Sta a noi scegliere di interrogarci sul tema o chiudere il libro e ancora una volta far finta di niente, sperando che tutto si risolva da sé.

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