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Orgoglio, impegno, ottimismo e tradizione: ecco il mio modo di essere ebrea italiana

Livia Ottolenghi, assessora all’educazione in Ucei, da tempo è impegnata nelle istituzioni ebraiche e nel mondo universitario. A Riflessi ci parla di sé, della sua famiglia, del futuro dell’ebraismo italiano

Livia, qual è esattamente il tuo ruolo all’Università di Roma?

Livia Ottolenghi è professoressa ordinaria di odontoiatria a La Sapeienza

Sono professoressa ordinaria di odontoiatria all’università La Sapienza. Inoltre sono presidente del corso di Laurea in odontoiatria in inglese e presidente della conferenza nazionale dei corsi di laurea in odontoiatria italiani. Attualmente sono anche vicepreside vicaria della facoltà di medicina e odontoiatria dell’università; dal 2022 sono poi Chief dental officer, su nomina del ministro della salute.

Scusa la curiosità, ma di che cosa si occupa un Chief dental officer?

Il nostro scopo, in breve, è quello di creare un raccordo nel mondo dell’odontoiatria internazionale al fine di stabilire dei piani di azione ed elaborare proposte per i decisori politici.

l’università La Sapienza

Hai dunque un ruolo apicale nell’università e non solo. La prima domanda è scontata: hai avuto difficoltà nel costruire la tua carriera in quanto donna?

Considero l’università La Sapienza un luogo privilegiato, da questo punto di vista. Basta pensare che fino a poco tempo fa nel nostro dipartimento c’erano tre donne nei posti apicali, e che anche adesso una donna è rettrice. Inoltre in Sapienza abbiamo da tempo un bilancio di genere, e come sai ormai il numero delle matricole donne in ambito sanitario ogni anno è tendenzialmente superiore a quello degli uomini. Certo, rimane ancora un imbuto nella parte apicale dell’organizzazione, ma credo che sia soprattutto un fatto generazionale. Ritengo che occorra dunque continuare a lavorare con la nostra sensibilità per cercare di rafforzare ancora di più la presenza femminile nelle università.

Sei impegnata da tempo anche nel mondo ebraico, da ultimo in Ucei. A che punto è la parità di genere del mondo ebraico italiano?

Livia Ottolrnghi è assessora all’educazione in  UCEI

Dobbiamo ovviamente distinguere i piani a cui ci riferiamo. Se parliamo dei ruoli istituzionali e politici, certo non da oggi la presenza femminile è presente e di peso. Penso innanzitutto a Tullia Zevi, a lungo vicepresidente e presidente dell’Ucei, oggi seguita da Noemi Di Segni. Inoltre va ricordato anche che per 8 anni la comunità di Roma è stata presieduta da Ruth Dureghello. Insomma, l’ebraismo italiano da tempo riconosce un ruolo importante alle donne, e ne apprezza l’impegno svolto all’interno delle varie istituzioni ebraiche. Inoltre, al di là delle posizioni occupate, la presenza femminile nelle varie attività che si svolgono in tutte le comunità è una costante da sempre. Negli ultimi anni credo che sia aumentata la consapevolezza di tale ruolo e conseguentemente la partecipazione femminile, e questo sicuramente è un bene. Diverso infine è l’aspetto cultuale, dove sappiamo che, per tradizione, il ruolo della donna non può essere apicale. Questo però, mi pare evidente, non ha mai fermato la partecipazione, l’impegno e il riconoscimento della presenza ebraica femminile nelle nostre comunità.

Tu come hai iniziato questo tuo impegno?

Piazza Roma
La “Piazza”, da sempre ombelico della comuntà romana.

È difficile da dire. Credo che il mio primo ruolo sia stato quello di rappresentante degli studenti a scuola. Poi, da adulta, ho fatto parte del consiglio degli asili infantili israelitici, fino a quando sono entrata nel consiglio della comunità ebraica di Roma e infine all’Unione, dove attualmente sono assessora all’educazione.

Quanto ha influito la tua famiglia nella decisione di impegnarti in questi ruoli pubblici?

In casa abbiamo sempre respirato, per così dire, l’impegno in comunità. Figure importanti sono state mia madre e mio padre. Mia madre, Claudia di Castro Ottolenghi, è stata una delle tre donne, insieme a Mara Fiorentino Di Castro e Claudia De Benedetti Orvieto a rilanciare l’asilo della comunità di Roma; è stata una figura importante anche all’interno dell’Adei, sempre a sostegno di Israele. A sua volta, credo che anche lei abbia appreso l’importanza dell’impegno dalla sua tradizione familiare, visto che suo padre, mio nonno, durante la guerra fece parte, come abbiamo scoperto più tardi, del gruppo di ebrei che riuscì a mantenere sempre aperto il tempio dell’isola Tiberina. Quanto a mio padre, Enzo, è stato più volte consigliere nella comunità di Roma, e anche lui impegnato molti anni negli asili ebraici. Vorrei ricordare anche mio marito, Massimo Gai, consigliere nella comunità di Roma è impegnato in molte attività comunitarie, nonostante tanti anni passati all’estero per lavoro; così come suo padre, Piero.

a piazza Bologna e nel quartiere Africano-Trieste vive oggi una buona parte della comunità ebraica romana

Come è cambiata la comunità in questi anni?

Direi che la comunità di Roma, la più antica d’Europa, ha sempre mantenuto i suoi caratteri originali, quelli cioè di un luogo da sempre accogliente. La comunità ebraica di Roma è una realtà presente all’interno della città, con le sue particolarità e il suo carattere, che però ha saputo integrarsi anche nel corso del tempo, come ad esempio quando si è aperta all’arrivo degli ebrei della Libia, nel 1967, che hanno così contribuito alla sua crescita ulteriore. Certo, il carattere degli ebrei romani li porta spesso a discutere, qualche volta litigare, ma, come in tutte le famiglie, alla fine prevale sempre un sentimento di unità e solidarietà.

Invece, se guardi all’ebraismo italiano, qual è la tua impressione?

una riunione del consiglio UCEI

Il mio punto di vista in questo momento è quello dell’educazione. Direi che gli ebrei italiani, sparsi in buona parte della penisola, sono costantemente chiamati ad affrontare sfide importanti, innanzitutto quella del calo demografico, che riguarda l’Italia e dunque anche noi ebrei italiani. Mi sembra inoltre che ogni singola comunità ha una propria storia e una propria tradizione, anche se tutte, è la mia impressione, si sforzano costantemente di realizzare iniziative che le animino e rafforzino i legami al loro interno. Certo, far parte di una comunità richiede un impegno costante. Le difficoltà, che esistono, non possono farci dimenticare che la storia degli ebrei italiani è lunga 22 secoli, e che in questo arco di tempo molto lungo siamo sempre riusciti a vivere e a esprimere le nostre potenzialità. Quindi, nonostante i problemi del nostro tempo, legati a questioni più generali, io resto fiduciosa che saremo sempre in grado di rappresentare al meglio la nostra tradizione, senza contare il grande interesse che l’ebraismo italiano suscita in larghe parti del paese, come per esempio il meridione, una terra che ha conosciuto a lungo una importante presenza ebraica, di cui molti hanno mantenuto il ricordo.

Le difficoltà a cui tu facevi cenno richiedono un impegno e collettivo, ma anche e in particolare di chi ha ruoli di responsabilità. Da questo punto di vista, costante è il confronto fra le comunità e il rabbinato, con cui talvolta non sono mancate frizioni. Qual è la tua idea a riguardo?

Io credo che in generale l’ebraismo italiano abbia sempre espresso, anche oggi, dei rabbanim di altissimo livello e di grande sensibilità. Certo, ci sono difficoltà innegabili, come tu accennavi, che riguardano noi ebrei italiani e le sfide di sopravvivenza che il tempo attuale ci sottopone. Tuttavia credo che tali sfide debbano essere affrontate da ognuno di noi, in base alle proprie responsabilità e al proprio ruolo. In altre parole, non credo che tutto debba poggiare sulle spalle dei nostri rabbanim, dei quali in questi anni ho avuto modo di imparare moltissimo. Resto convinta che lavorando insieme sia sempre possibile trovare una linea comune. Certo, se posso, formulerei un auspicio.

Quale?

Che i nostri rabbini riescano ad essere sempre ottimisti.

Un tema che non si può più evitare di esaminare riguarda quello dell’ebraismo riformato. A che punto siamo?

una delegazione della Fiep in visita all’ambasciatore israeliano

Attualmente sono coinvolta in un tavolo di confronto aperto da Ucei e che vede la partecipazione, oltre a rappresentanti dell’ebraismo progressivo, anche del consiglio UCEI e del rabbinato. È un tavolo di grande interesse, che mi ha consentito di prendere consapevolezza delle tante sfaccettature che esistono all’interno di tale realtà, di cui sapevo abbastanza poco. Detto questo, penso che l’ebraismo italiano si fondi su una tradizione più che millenaria che vada mantenuta. Quello dell’ebraismo riformato è una realtà relativamente recente in Italia, con la quale penso sia opportuno provare a trovare punti di raccordo per un percorso che, su alcuni aspetti, ci può trovare dalla stessa parte. Penso alla sicurezza che va garantita a tutti, o alla tutela della memoria, o alla lotta all’antisemitismo, al sostegno ad Israele. Certo, non nascondo che il percorso sia difficile, ma comunque è avviato. Non dimentichiamo, infine, che all’interno delle comunità riformate operano persone che sono iscritte anche alle nostre comunità, un motivo in più per tentare un confronto.

Soprattutto in un momento come questo, in cui la guerra d’Israele ad Hamas suscita non solo polemiche ma anche numerosi gesti di ostilità contro gli ebrei, qual è la tua percezione di come il resto del paese guardi a noi oggi?

si susseguono in Israele le manifestazioni per la liberazione degli oltre 130 ostaggi prigionieri di Hamas

Con una battuta ti direi che io in Italia non solo mi sento bene, ma mi sento a casa, perché sono qui da 22 secoli. Personalmente mi confronto quotidianamente con il resto della società, con i miei colleghi e con i ragazzi che studiano in Sapienza, e anche se a volte possono esserci momenti di difficoltà, io credo che non bisogna mai rinunciare a dialogare e a comprendere le posizioni di ciascuno. In altre parole il confronto con il resto della società va sempre accettato. Quanto a me, non mi sono mai sentita in difficoltà, e non ho mai né voluto né dovuto rinunciare al maghen David e alla menorah che porto al collo.

Come vivi la situazione attuale, con un conflitto in corso?

Come ogni ebreo vivo questa guerra come un momento molto doloroso e drammatico. Ci troviamo di fronte ancora una volta a grandi interrogativi, in cui l’esistenza di Israele è messa a rischio, un rischio che coinvolge anche noi ebrei italiani. Tuttavia, la mia esperienza è che oggi la situazione sia meno grave di quella che vivemmo per i fatti del 1982.

Roma 9 ottobre 1982. Attentato alla Sinagoga di Roma

Perché?

Innanzitutto perché oggi una parte della società civile ha espresso solidarietà verso Israele e verso gli ebrei. Nel 1982 il clima invece era nettamente più ostile. Certo, anche oggi ci sono manifestazioni contro Israele, e temo che ci saranno sempre. Ma questo non mi spaventa. Occorre invece continuare a lavorare nel lungo periodo e non soltanto per far fronte a situazioni di emergenza. Non dobbiamo mai rinunciare a elaborare progetti per favorire la comprensione reciproca e la difesa di Israele.

Sei ancora molto attiva nel mondo ebraico, ma già si vede all’orizzonte la prossima generazione che avanza. Tuo figlio Alessandro, infatti, attualmente è consigliere alla Comunità ebraica di Roma e assessore allo sport. Dunque la tradizione politica della famiglia Gai-Ottolenghi si rinnova?

Alessandro Gai

In effetti Alessandro ha sulle spalle una lunga tradizione. In generale, poiché l’Italia è un paese che invecchia e questo invecchiamento riguarda anche le nostre comunità, sono fortemente convinta della necessità di investire nelle nuove generazioni. A 25, 30 anni, un uomo e una donna hanno pienamente le capacità di impegnarsi e di essere propositivi per il bene collettivo. Questa è una mia convinzione che mi spinge a pensare che possiamo sperare dal futuro il meglio. Dobbiamo mantenere il nostro impegno a disposizione della comunità. Ricordo che i nostri ruoli sono tutti su base volontaria e che con questo spirito dovremo essere capaci di fare spazio ai nostri giovani, che rispetto a noi hanno una maggiore percezione e sensibilità del mondo di domani.

Leggi le altre interviste alle donne del mondo ebraico italiano

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Una risposta

  1. Ho molto apprezzato la storia della biografia lavorativa e familiare di Livia, che conosco personalmente da tempo. La sua presenza nel tessuto delle istituzioni comunitarie Ebraiche italiane e romane è garanzia di equilibrio e capacità lavorative che raramente sono state eguagliate negli ultimi decenni. Livia è persona capace, altamente professionale e dotata di rare capacità empatiche, risorsa che le permette di ascoltare e comprendere le più varie opinioni. Ciò la rende una risorsa indispensabile in un momento storico dove le forti conflittualità portano spesso i leader a creare più divisioni che unità all’interno delle istituzioni. Grazie Livia.

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