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Boicottaggio di Israele e antisionismo si oppongono al confronto

Susanna Terracini ha votato contro la scelta dell’Università di Torino di non favorire la collaborazione con le università israeliane. A Riflessi spiega il clima che si respira nel mondo accademico

Professoressa Terracini, le manifestazioni contro Israele nelle università italiane si susseguono da settimane. Qual è la sua opinione al riguardo?

Susanna Terracini

Premetto di non essere sufficientemente informata su quel che accade in particolare in tutti gli atenei italiani. Ciò detto, la mia impressione è che da diverse settimane la situazione a Gaza susciti sentimenti forti in tutti noi. In campo universitario essi sono stati raccolti e rielaborati politicamente soprattutto dal collettivo studentesco “Cambiare rotta”. Quello che registro è che questo movimento, pur animato da un comprensibile sdegno per la morte dei civili a Gaza, si sia appropriato in realtà di diversi luoghi comuni ostili a Israele, che fanno parte degli strumenti di propaganda di Hamas, o che comunque provengono dalla propaganda antisraeliana legata al mondo arabo. A Torino c’è stato forse l’epicentro di questo movimento, che ora si sta diffondendo in tutta Italia e che ha come obiettivo l’arresto di ogni collaborazione con Israele.

il senato accademico dell’università di Torino ha di fatto ceduto alle pressioni di un movimento che si definisce antisionista, votando la mancata partecipazione ai bandi MAECI di collaborazione con le università israeliane

Che impressione ha di tale movimento studentesco?

La mia impressione è che gli studenti, ripeto, abbiano fatto propri slogan che provengono da un mondo fortemente ostile ad Israele. È un movimento emotivo, con cui al momento è molto difficile ragionare, perché qualsiasi cosa si provi a dire si riceve l’obiezione che Israele è uno Stato che pratica l’apartheid e ha come obiettivo il genocidio del popolo palestinese. Si è così creata una situazione  spiacevole, perché in questo tam tam comunicativo la distorsione della realtà è evidente. Naturalmente quel che avviene a Gaza può e viene duramente criticato; tuttavia se poi si definisce Israele come uno Stato “etnosuprematista” che pratica sistematicamente l’apartheid e il genocidio si ottiene una deformazione della realtà che rende impossibile ogni dialogo.

molto apertamente le manifestazioni contro Israele esprimono un forte pregiudizio

A suo avviso queste opinioni rischiano di essere influenzate da figure che provengono direttamente dal mondo arabo?

Ne dubito. Se guardo in particolare ai miei colleghi matematici, registro il fatto che essi sono tutt’altro che estremisti; semmai alcuni hanno origini o simpatie per il mondo arabo, e in qualche modo ne subiscono l’ascendente. C’è poi da dire che, in generale, nel dibattito attuale molto forte è la propaganda che proviene, se non da Hamas, comunque dal mondo arabo. I video di Gaza, e le notizie tragiche e quotidiane certamente fanno riferimento a una realtà drammatica. Tuttavia, vorrei ricordare che si tratta comunque di notizie che provengono dal web, e che come tali andrebbero sempre verificate. Al contrario ci sono molti miei colleghi, un po’ in tutto il mondo, che mossi da indignazione si preoccupano di diffondere tali immagini senza riflettere che quella in corso è anche una guerra mediatica.

Torniamo all’università di Torino. Ci può descrivere le ragioni che hanno portato al voto del Senato accademico?

a Torino la scorsa settimana presidio di solidarietà a Israele e in risposta al voto del senato accademico

Vorrei dire innanzitutto che non c’è stata alcuna coercizione né costrizione nei confronti dei colleghi che hanno adottato quella delibera, su cui io ho espresso il mio voto contrario. Quel che è accaduto è che un gruppo di studenti è entrato durante la sessione del Senato accademico, il che ha comportato l’immediata sospensione dei lavori. Il rettore ha raggiunto con gli studenti una mediazione: si sarebbe ascoltata la loro posizione durante la pausa dei lavori, in modo del tutto informale. Alla ripresa dei lavori il rettore ha fatto quella che probabilmente secondo le sue intenzioni era una mediazione. Alcuni colleghi hanno cioè elaborato una mozione molto più mite rispetto alle richieste degli studenti, probabilmente per mostrare una sensibilità alle loro richieste. Consideri che gli studenti chiedevano un’interruzione totale di ogni progetto con le università israeliane. Al contrario ne è uscita una frase ambigua, con cui si riteneva “inopportuno” che i ricercatori dell’università partecipassero al bando ministeriale. Strettamente parlando dunque non c’è un blocco delle collaborazioni, ma un invito a non partecipare al bando.

il movimento per il boicottaggio di Israele ha origini risalenti, come si vede in questa immagine di alcuni anni fa

Qual è stata la sua posizione durante l’interlocuzione con gli studenti?

Ho avuto la possibilità di esprimermi in modo del tutto libero, e ho detto che mi sembrava inopportuno il lessico utilizzato per manifestare la propria critica ad Israele, dal momento che se c’è un’organizzazione che predica il genocidio nei confronti di un popolo quella è Hamas verso gli ebrei.

Qual è stata la reazione degli studenti?

Mi hanno guardata malissimo, e credo che ormai gli slogan di cui dicevo prima abbiano fatto piena presa su di loro. In questo momento, purtroppo, mi sembra impossibile praticare il dialogo con loro.

E della mozione del Senato accademico cosa pensa?

manifestazione ProPal a La Sapienza

La formula di compromesso è del tutto ambigua, perché non è chiaro cosa significhi che è inopportuno partecipare ai bandi.

Lei si è espressa molto criticamente sulla proposta di boicottaggio.

Da sempre sono contraria a ogni forma di boicottaggio accademico e universitario. Anche se fosse vero che Israele fosse uno stato canaglia, come è dipinto dagli studenti, io comunque sarei contraria. Penso infatti che la scienza sia da sempre ciò che permette di costruire un confronto e un dialogo tra i popoli. Questo particolarmente nel campo della matematica, una scienza che si sviluppa ovunque e anche nelle condizioni più difficili. Questa collaborazione e questo confronto fra studiosi a mio avviso deve essere sempre preservato.

A suo avviso la mozione influenzerà la scelta dei ricercatori dell’università di Torino?

in queste settimane molte università italiane sono state oggetto di manifestazioni a sostegno della Palestina. Qui: Padova

Sinceramente credo di sì. Temo che nessuno dei ricercatori interessati a quei bandi ora deciderà di partecipare. Nel caso specifico c’erano almeno due ricercatori del dipartimento di agraria che avrebbero volentieri partecipato al bando su progetti relativi al suolo e all’acqua. Probabilmente anche dal dipartimento di fisica c’erano ricercatori interessati alle ricerche nel campo dell’ottica, quello maggiormente accusato del Dual use.

Questa sera anche lei sarà presente all’incontro organizzato a Torino per discutere delle conseguenze del voto del Senato accademico.

L’incontro è stato organizzato dall’associazione degli ex allievi della scuola ebraica di Torino, al quale Giulio Disegni, vicepresidente dell’Ucei, mi ha chiesto di partecipare Oltre a me parteciperà anche il direttore del dipartimento di studi storici, presidente della commissione di ricerca, ossia quella che più strettamente si occupa dei bandi di concorso. Il senso dell’incontro è di approfondire il tema dell’antisemitismo nelle università.

A suo avviso questa vicenda mostra la presenza di antisemitismo all’università di Torino?

la locandina dell’incontro di stasera

Certamente tra i miei colleghi del Senato accademico non alligna in alcun modo l’antisemitismo. Credo anche che siano finiti all’interno di una vicenda dal chiaro risvolto mediatico. Gli studenti si sono infatti presentati al Senato accademico accompagnati da giornalisti, la mia impressione è che il loro obiettivo fosse soprattutto di guadagnare spazio sulla stampa. Più in generale, il collettivo studentesco non parla di antisemitismo. Tuttavia, mi domando quanto non si rischi di sfiorare il tema. L’essere antisionista è infatti di per sé una formulazione molto vaga e ambigua. Ad esempio, chiunque sia contrario alla politica di Erdogan, non si definisce “anti turco”. Nel caso di Israele invece si usa la formula dell’antisionismo, che è estremamente pericolosa, perché nasconde il rischio di esprimersi in realtà contro l’esistenza stessa di Israele.

Qual è la sua impressione sulle proteste che si registrano in Italia da mesi contro Israele?

Sono molto contrariata rispetto a questa narrazione retorica fortemente antisionista, come ho detto spesso molto ambigua. Certi slogan sono così radicali e avversi a Israele che fanno nascere il sospetto che in fondo quanto avvenuto il 7 ottobre sia in qualche modo giustificato. In particolare mi sembra che gli studenti che protestano contro Israele abbiano completamente rimosso la tragedia del 7 ottobre, cosicché, ad esempio, oggi nessuno di loro fa più menzione degli ostaggi israeliani e della necessità di liberarli. Non voglio certo dire che quanto avvenuto il 7 ottobre giustifichi conseguentemente ogni reazione successiva da parte di Israele, ma registro che c’è stata una completa rimozione di quei fatti.

Umberto Terracini

Lei porta un cognome importante. Umberto Terracini, infatti, è stato presidente dell’Assemblea costituente, un ebreo alto dirigente del Partito comunista italiano. Vorrei chiederle un parere sulle reazioni della politica italiana a questa mobilitazione per il boicottaggio di Israele.

Umberto Terracini era un lontano parente del mio bisnonno. A suo tempo difese Israele anche all’interno del Partito comunista. Venendo ad oggi, come semplice osservatrice mi stupisco di come il Partito democratico sembri completamente assente dal dibattito sulla richiesta di boicottaggio. Mi sorprende in particolare che Elly Schlein, le cui origini ebraiche sono note, non abbia ancora detto nulla al riguardo. La scorsa settimana c’è stato un presidio di solidarietà a Israele di fronte il Senato accademico. Erano presenti molte associazioni ebraiche e non ebraiche, e anche molti partiti: Azione, +Europa, Forza Italia, Italia viva. Il Pd invece non c’era, come fosse completamente evaporato. Questa assenza mi fa pensare. Credo infatti che occorra saper rispondere alla retorica pericolosa utilizzata dai fautori del boicottaggio. Nelle ultime settimane abbiamo infatti registrato toni così forti che sinceramente mi preoccupano.

Elly Schlein

Lei insegna matematica, quindi è abituata a ragionare razionalmente. Dal suo punto di vista come si esce da una situazione emotiva e mediatica così accesa come quella che viviamo oggi?

Posso dire che forse sarebbe utile applicare il metodo ipotetico-deduttivo, molto utile in matematica. Mi spiego: occorre avere consapevolezza e rispetto delle parole che si usano. Le parole non sono infatti neutre. Se io dico che c’è un genocidio in corso, allora qualsiasi reazione al genocidio appare legittima. Al contrario, se io giudico quel che avviene a Gaza una reazione sproporzionata, ingiustificata ed eccessiva, posso condannarla, ma non escludere il confronto per una soluzione condivisa. In altre parole, l’uso di parole diverse porta a risultati diversi.

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