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Le relazioni tra Italia e Israele, il Medio Oriente, l’ebraismo italiano: la parola all’Ambasciatore d’Israele, Dror Eydar

Gentile Ambasciatore Eydar, Lei rappresenta lo Stato d’Israele in Italia da poco meno di due anni. I nostri paesi, per motivi storici e culturali, sono ormai legati da una solida amicizia. Come si trova a rappresentare Israele in Italia?

I legami tra i nostri due paesi risalgono alla nascita dell’Italia moderna. I pensatori ebrei in Europa furono influenzati da Giuseppe Mazzini e più tardi dalla rinascita dell’Italia e dalla sua unificazione da parte del Conte Cavour e di Garibaldi, ai tempi del Re Vittorio Emanuele II. L’intellettuale ebreo tedesco Moshe Hess pubblicò nel 1861 il libro “Roma e Gerusalemme”, collegando strettamente la rinascita dell’Italia a quella della Giudea, o Israele. Scrisse: “Con la liberazione della Città Eterna sulle rive del fiume Tevere, inizierà la liberazione della Città eterna su monte Moriah”. L’Italia inoltre per me è legata a settori chiave della conoscenza, di cui mi sono occupato nel corso della mia vita: letteratura, arte, religioni, storia, nonché politica e diplomazia. È vero che il popolo italiano non è una continuazione dell’Impero Romano, ma in Italia si respira storia e archeologia. Soprattutto a Roma. Essere l’Ambasciatore di Israele in questo luogo fa risuonare in me le eco profonde della memoria nazionale. Penso ai prigionieri di Giudea che furono condotti qui nella processione trionfale dell’imperatore Vespasiano e di suo figlio Tito – processione che fu l’umiliazione del nostro popolo – della loro vittoria in Giudea e della distruzione di Gerusalemme e del Tempio. Sono convinto che se avessimo chiesto a uno dei detenuti di rivelarci il suo sogno, avrebbe risposto: tornare a casa e ricostruire le rovine di Israele. Credevano nel sogno di tornare a Sion con tutte le loro forze, proprio come gli ebrei ci hanno creduto per molti anni. Sapevano che se non fosse accaduto oggi, allora domani, o dopodomani, o anche dopo mille o duemila anni, ma sarebbe successo, perché c’è sempre speranza per il nostro futuro. Oggi sappiamo che avevano ragione e che la speranza di “essere un popolo libero nella nostra terra” – libero dalla schiavitù agli stranieri – si è finalmente avverata. A questo proposito, mi vedo anche come l’ambasciatore dei discendenti dei prigionieri di Giuda. E non solo: sono l’Ambasciatore dello Stato d’Israele, ma anche l’Ambasciatore della civiltà ebraica.

Questo biennio, monopolizzato quasi per intero dalla pandemia da Covid, vede ora Israele come un modello per la vaccinazione. Ci può dire com’è la situazione e se si può prevedere quando sarà possibile, per gli ebrei italiani, tornare a visitare il paese?

Più di un anno fa, le persone in Israele guardarono le immagini provenienti dall’Italia e rimasero inorridite, come il mondo intero. In Israele abbiamo subito tre grandi chiusure. A metà dicembre abbiamo avviato una vasta campagna di vaccinazioni e oggi più della metà della popolazione ha ricevuto la seconda dose. La rete delle ‘Kuppot Cholim’, che è sparsa in tutto Israele, in ogni quartiere, ha contribuito a distribuire il vaccino in modo efficiente, insieme alla digitalizzazione del sistema sanitario che aiuta a monitorare i vaccinati e li convoca per sottoporsi ad entrambe le dosi. Il fatto che una quantità così relativamente grande sia vaccinata, influenza tutti gli indicatori dell’epidemia. Il coefficiente di infezione (RT) è stato a lungo ben al di sotto di 1, il numero di nuove infezioni è prossimo allo zero e il numero di pazienti in terapia intensiva è in calo, grazie a  Dio. Il risultato è che l’economia israeliana si sta aprendo sempre di più, così come le scuole, i ristoranti, i luoghi di intrattenimento e altro ancora. Abbiamo incontrato il ministro della Salute italiano, Roberto Speranza, e abbiamo proposto una partnership nella fase finale dello sviluppo del vaccino israeliano e nello sviluppo di una cura per il virus, basata su particolari anticorpi. Israele è lieta di condividere con l’Italia i frutti della ricerca più aggiornata sui vaccini. Abbiamo anche discusso della possibilità di aumentare gli scambi tra i due paesi, utilizzando un ‘passaporto verde’ per coloro che sono stati vaccinati. Credo che presto riprenderemo il movimento tra i paesi secondo questo schema, e allora anche gli ebrei italiani potranno tornare in Israele.

Oltre alla pandemia, non dobbiamo dimenticare gli altri fatti politicamente più importanti. Penso alle elezioni americane, con la presidenza Biden, e ancora prima agli accordi di Abramo, voluti dal presidente Trump e dal premier Netanyahu. Nel giorno di Yom HaAt zamaut, e alla luce di queste novità, come vede il prossimo quadriennio per Israele?

Gli “Accordi di Abramo” segnano uno storico cambio di paradigma in Medio Oriente. Fino a un anno fa, la pace sembrava condizionata solo dal progresso delle relazioni con i palestinesi. Il loro rifiuto costante, tuttavia, ha portato sempre più Stati arabi a rendersi conto che non possono rendere schiavo il loro futuro a causa del rifiuto palestinese. Pertanto, si è aperto un canale indipendente nelle loro relazioni con Israele. È un bene per la loro economia, la loro sicurezza e le loro relazioni estere. È un bene per l’intera area. Quanto ai legami di Israele con gli Stati Uniti, essi non dipendono da una persona in particolare, ma si fondano su valori comuni e interessi significativi per i due paesi. Israele è il sostegno più stabile degli Stati Uniti in Medio Oriente. Ci congratuliamo con il presidente Biden e la sua amministrazione e continuiamo a lavorare a stretto contatto con gli Stati Uniti in molti settori.

In questo numero, “Riflessi” si occupa dei giovani ebrei italiani. Attualmente molti sono i nostri ragazzi che vivono in Israele. Quali opportunità offre il paese per chi progetta un periodo di studio, o un definitivo trasferimento?

L’opportunità più importante che Israele ha da offrire ai giovani ebrei è vivere in uno Stato ebraico. La settimana inizia la domenica e termina il sabato. Qui apprendono l’ebraico, la lingua della Bibbia che è diventata la lingua della vita quotidiana. Vivono la variegata cultura israeliana. Respirano l’ambiente creativo, le innovazioni e le invenzioni in quasi tutti i campi. Osservano il paesaggio e l’archeologia che ci collegano al passato del paese. Qui c’è la possibilità di realizzare in pieno il nostro ebraismo, anche a livello nazionale. Quando il popolo ebraico torna a casa, è come un albero che ritorna alla terra che meglio gli si addice; il risultato sono frutti più numerosi e migliori. Per quanto riguarda i diversi programmi di studio e le possibilità di occupazione, così come per proposte turistiche di breve durata, è possibile trovare molto materiale online o scrivere alla nostra Ambasciata; diamo sempre un aiuto a chi si rivolge a noi.

Un elemento che rende simili l’Italia e Israele è una certa turbolenza politica. Israele, in particolare, è andata al voto 4 volte negli ultimi due anni. Èdifficile fare l’Ambasciatore in questa situazione?

È più complesso. Siamo un popolo che ama discutere, dagli albori della nostra esistenza. Il nostro primo padre Abramo aveva già discusso con Dio sul destino di Sodoma. Le pagine del Talmud sono piene di dibattiti infiniti. Questo è ancora peggio in Israele, soprattutto alla luce del fatto che siamo tornati a casa da 70 diaspore con opinioni diverse e influenze culturali distinte. La società israeliana non smette mai di discutere questioni legate all’identità e ai fini da raggiungere: chi siamo? Chi è questo popolo resuscitato dopo un lungo coma nazionale di molti secoli? Le campagne elettorali e il vivace dibattito politico in Israele, riflettono queste dinamiche sociali e le diverse opinioni che riguardano non solo la natura dell’economia o dei luoghi di lavoro, ma questioni profonde legate al nostro futuro come nazione, e alla nostra identità. Ammetto che da lontano alcuni degli argomenti mi sembrano inutili. Ma ciò fa parte del nostro DNA. In ogni caso, tutto ciò che è accaduto in Israele, non solo negli ultimi due anni ma sin dal suo inizio, dovrebbe essere visto come parte di un lungo processo storico in cui il nostro popolo sta cristallizzando e rinnovando i propri giorni. Il significato di questa visione della nostra storia è che dobbiamo essere pazienti.

Israele oggi è una delle economie più dinamiche dell’occidente (nell’immmagine: Tel Aviv) 7 55 Conosceva l’Italia prima del suo incarico? Che idea si è fatta dell’ebraismo italiano, e della comunità romana, che, arricchita ormai da tre generazioni dagli ebrei della Libia, è tra le più antiche della diaspora?

Conoscevo l’Italia, ma ovviamente non così a fondo e profondamente come ho imparato a conoscerla da quando sono entrato in carica. Imparo a conoscere la particolare storia dell’ebraismo italiano, le diverse espressioni di esso in ogni comunità. Ho anche imparato a ricalibrare la mia sensibilità alle affermazioni antisemite, una questione che come ‘sabra’, nato in Israele, non mi era affatto chiara. L’Ambasciata lavora costantemente contro azioni ed espressioni antisemite. Ai nostri giorni, un nuovo antisemitismo è stato aggiunto a quello vecchio e ben noto, che si maschera dietro l’odio per Israele e il sionismo. Stiamo affrontando anche questo. Il Governo italiano è molto attento nella lotta contro questo problema.. Una delle cose che gli israeliani non sanno, ad esempio, è che non c’è connessione tra il popolo italiano e l’Impero Romano. C’è un intervallo di circa 800 anni tra il crollo dell’impero nel V secolo e l’inizio della crescita della coscienza nazionale italiana nel XIV secolo, e altri 500 anni fino alla fondazione dell’Italia moderna. Ma abbiamo testimoni dei giorni dell’impero: ebrei italiani che giunsero qui già nel II secolo a.C. in una missione diplomatica inviata da Giuda Maccabeo per stringere un’alleanza di mutua difesa con Roma. Gli ebrei vennero anche come prigionieri dopo la distruzione del Tempio. Questa comunità ha circa 2.200 anni. Ha tracce in mille posti in tutta Italia. Quello italiano è un magnifico ebraismo. Penso a questo passato quando sento le melodie speciali della tefillà romana. Questa è anche la ragione dello status speciale della comunità ebraica nei confronti dello Stato italiano. Anche l’ebraismo libico è antichissimo, e le circostanze del suo arrivo in Italia sono legate al cambiamento fondamentale avvenuto nella storia del nostro popolo: l’istituzione dello Stato di Israele. In questo caso ci riferiamo alla la guerra dei sei giorni e alla rapida fuga degli ebrei dalla Libia, obbligati dal rischio di perdere le loro vite. L’Italia ha illuminato i loro volti e la comunità ebraica li ha assorbiti. La maggior parte di loro è arrivata indigente e il loro successo ne mostra il grande talento. All’Ambasciata siamo in costante contatto con tutte le comunità ebraiche. Personalmente cerco di visitare tutte le sinagoghe il sabato e nei giorni festivi. Spero di avere l’opportunità di raggiungere altre comunità fiori Roma, non appena la situazione lo consentirà. In conclusione, siamo al termine di una settimana che è iniziata con Yom HaShoà e finisce nel nostro Giorno dell’Indipendenza, questi sono i “Dieci giorni del Ringraziamento”, dalla diaspora alla sovranità. Dalla distruzione alla resurrezione. Dal lutto alla festa. Dalla Valle della Morte di Auschwitz alla Valle di Jezreel e alla Pianura della Giudea e alla Valle del Giordano e alla pianura costiera e al Monte del Tempio a Gerusalemme. Mi lasci concludere raccontando una storia. C’era un ballerino che danzava meravigliosamente fino a sembrare fluttuare senza peso nell’aria. Era difficile credere che una danza così vertiginosa fosse possibile. Non c’era limite all’ammirazione degli spettatori. Poi, alla fine della danza, si sono accorti con stupore che per tutto questo tempo le gambe del ballerino erano incatenate e riuscivano comunque a librarsi e raggiungere grandi risultati. Capite l’entità del miracolo chiamato Stato di Israele. La verità è che questo ballerino così straordinario nel ballare, non era solo incatenato. È riuscito infatti a sfondare i muri della tomba dove cercarono di seppellirlo meno di ottant’anni fa qui sul suolo europeo. Il poeta Natan Alterman ha immaginato questo processo “come la meraviglia della nascita di una farfalla da un verme”. Lo stadio in cui il baco da seta si trasforma in bozzolo, è uno stadio di morte e vuoto. Se proviamo ad aprire il bozzolo, non vedremo nulla. È necessaria una fede profonda nelle forze nascoste in questo bozzolo che sembra morto. E chi sa aspettare pazientemente, vince e vede la sua salvezza, arriva a far parte di questa meraviglia. Abbiamo vinto! Felice giorno dell’indipendenza, Chag HaAtzmaut sameach.*

*per la traduzione, si ringrazia C. Roger Hannuna

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