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David Gerbi, presidente ASTREL (nell'immagine: in vista a una ex sinagoga libica)
una sinagoga a Tripoli, oggi

A mio avviso il più importante è l’esempio di capacità di resilienza che ha avuto la comunità ebraica di Libia, che ha dimostrato di saper ricominciare da capo senza vergognarsi anche se era necessario fare lavori umili. Nessuno si è pianto addosso, si sono rimboccati le maniche ed hanno ricominciato a lavorare. Non voglio fare un discorso di parte, perché sono ebreo libico e sono profugo, ma è bene ribadire che noi non tramandiamo ai nostri figli l’essere profughi, come fanno i palestinesi, fino alla terza generazione. Noi tramandiamo la capacità di essere forti, di saper costruire, di studiare questa è una cosa stupenda e poi c’è stata la capacità di adattamento grazie all’accoglienza della comunità ebraica italiana. Quando siamo arrivati avevamo il vantaggio di sapere l’italiano, ma non avevamo altro ed oggi abbiamo accademici, avvocati, medici, politici, diplomatici, grandi imprenditori arrivati con solo 20 sterline e guarda dove sono arrivati. Non solo danno da mangiare ai propri figli ma danno lavoro ad altre famiglie, sono diventati una risorsa importante a livello nazionale ed internazionale. Questo deve essere messo in risalto; il mondo deve conoscere questi valori. Poi c’è l’aspetto religioso.

Che intendi?

Ebrei a Tripoli negli anni Cinquanta

Non voglio diminuire quanto trovato a Roma, ma quando siamo arrivati c’era una sola macelleria casher; ovviamente qua si era da poco usciti dalla guerra era una situazione difficilissima, sappiamo bene che la Comunità aveva passato momenti molto brutti durante la guerra. Ricordo perfettamente quando si andava a Piazza Vittorio a comprare le galline vive e poi si passava dallo shochet che aspettava vicino ad un albero e lui procedeva a fare la shechità e poi si tornava a casa con la gallina ancora calda avvolta in un foglio di giornale e la mamma la spennava e la puliva a casa. Non è come oggi che trovi tutto pronto. Non solo la casherut ha avuto un grande sviluppo ma anche il numero sinagoghe che sono state aperte, come i talmud torà o i mikwè che sono stati aperti. In questo c’è stato un importante apporto dalla comunità libica.

E quale contributo hanno ricevuto gli ebrei libici dall’ebraismo italiano?

L’accoglienza ricevuta è stata molto, molto, importante. Siamo stati accolti a scuola molto bene, avevo 12 anni e non lo dimenticherò mai. Vedi quel quadro appeso? È un compito che ho fatto in classe con la Morà Donatella Limentani Pavoncello. Devi sapere che io a 12 anni, lavoravo come cameriere in un bar di Via Arenula, di nascosto dalla scuola, per portare a casa qualche soldo. Un giorno la Morà ci ha dato un tema, dovevamo scrivere quale fosse il nostro più grande desiderio ed io scrissi che il mio era di tornare a Tripoli per dare acqua ad una pianta che mi aveva regalato mia mamma e che nella fuga improvvisa da Tripoli avevo dovuto abbandonare. Mia mamma nel regalarmela mi aveva detto che avrei dovuto innaffiarla ogni giorno e per me era un cruccio non poterlo fare. La Morà mi aveva visto lavorare ed io non lo sapevo. Normalmente lei chiamava i più bravi all’inizio ed i meno baravi alla fine per restituire i temi. Quel giorno fui chiamato per ultimo ed io mi aspettavo una strillata e di fare una bella “negra” figura ed invece lei si è inchinata sotto la cattedra, ha preso una pianta e me l’ha regalata dicendomi che da quel momento potevo innaffiare quella pianta qua a Roma. Mi presentò come studente lavoratore, fece leggere a tutta la scuola il mio tema ed io fui molto lusingato. La Morà fu una donna gigante, ripeto, una donna gigante. A Roma ho ricevuto insegnamenti importanti per esempio quello di Morè Nello Pavoncello. Era orgoglioso di essere ebreo. Lo eravamo anche noi ma a Tripoli un po’ dovevamo contenere il nostro orgoglio, dovevi stare attento a manifestarlo perché poteva scatenare sommosse. Abbiamo ricevuto tantissimo dalla Comunità di Roma. Poi ci sono stati molti matrimoni “misti”, avere gli stessi nonni, zii e cugini ha aiutato l’integrazione e l’unione. Ecco la nostra capacità di adattamento insieme all’accoglienza della Comunità ha permesso tanto sviluppo insieme di valori ebraici.

Nella Comunità ebraica di Milano le tre componenti principali, quella italiana, quella persiana e quella libanese non si sono ancora integrate bene. Pensi che anche a Roma si possa verificare un fenomeno di non completa integrazione fra ebrei romani ed ebrei di origine tripolina/bengasina?

un’altra immagine di una sinagoga libica, prima delle devastazioni subite per mano della popolazione libica

È una bella domanda! io credo che tale fenomeno debba essere letto in due modi. Il fatto che ci siano scuole e sinagoghe divise permette che le tradizioni ed il retaggio culturale di ogni gruppo vengano tramandate e preservate e non si diluiscano con gli altri. La separazione preserva la diversità e l’identità. Per fare un esempio estremo, gli ortodossi in Israele vivono separati per non essere “contaminati dal mondo esterno”. Il vantaggio di avere questa divisione è avere la possibilità di mantenere e preservare usi e costumi ed anche la lingua che non deve essere persa. Quando le tradizioni diventano predominanti e non i valori dell’ebraismo, nasce il pericolo. D’altra parte, il fatto di essere uniti dai valori comuni, può essere un pericolo perché può creare una frammentazione e non una collaborazione, con arricchimento di tutti, e bisogna, quindi, stare attenti. Come ASTREL offriamo corsi di cucina tripolina, pasticceria tradizionale, lingua araba tripolina, pellegrinaggi a Gerba, hazanut tripolina o bengasina, storia della shoah in Libia, storia dell’ebraismo libico, etc., affinché non vada persa la nostra cultura e la nostra tradizione. Noi siamo gli ultimi nati in Libia poi non è nato più nessuno. Una storia di 2500 anni sta finendo. Tra 50 anni nessuno potrà più trasmettere la nostra cultura. Saranno tutti nati fuori dalla Libia, saremo una civiltà scomparsa.

Quindi vedi un rischio effettivo?

(continua a pag. 3)

Una risposta

  1. Molto toccante
    Complimenti davvero al dottor David Gerbi per il suo impegno per il rispetto della memoria degli ebrei di Libia.
    Purtroppo la cancellazione della presenza ebraica anche nella memoria dei cimiteri non è stata rara in Europa… e persino nella spesso “tollerante” terra d’Italia…
    Trovo fantastica l’idea di un Beth ha Chaim virtuale …!
    Massimi complimenti !
    ?

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