Difenderemo sempre la nostra comunità e Israele
Giovanni Fettina racconta il suo impegno nel Gruppo Ebraico Volontari e gli anni più caldi della sua lunga esperienza
Quella che proponiamo oggi ai nostri lettori è l’intervista a Giovanni Fettina, uno dei “ragazzi” che per tanti anni hanno animato la comunità di Roma, tra solidarietà e piena difesa di Israele. “Fettina” ricostruisce con molta onestà e chiarezza quel periodo, compresi dolorosi episodi interni.
Riflessi così dà spazio a tutte le voci della nostra comunità, anche se non sempre concordanti, convinti che tutte ne fanno parte e ne costituiscono la storia.
Giovanni, sei stato Responsabile del Gruppo Ebraico Volontari per molti anni, quelli a cavallo tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta. Erano anni molto difficili in Italia perché i giovani per la loro passione politica si affrontavano nelle strade e si combattevano spesso anche con le armi. Furono anni molto intensi anche per il mondo ebraico, ricordiamo l’equiparazione di sionismo e razzismo nel 1975, Entebbe ed il caso Kappler nel 1976, le attività in favore della libertà per gli ebrei in U.R.S.S., durate molti anni, la Guerra del Libano nel 1982 sino all’attentato al Tempio Maggiore con l’uccisione del piccolo Gaj Taché ed il dirottamento della nave Achille Lauro del 1985 e l’omicidio di Leon Klinghoffer, ebreo disabile seduto in una sedia a rotelle, sempre per mano del terrorismo palestinese. Che cosa ricordi di quegli anni ?
Il mio impegno è iniziato da soldato semplice, senza alcun incarico particolare. Il senso di appartenenza nasce con la partecipazione alle prime attività di strada poi nel tempo è diventata di livello culturalmente più elevato. Si partecipava alle sorveglianze ed alla sicurezza e nel contempo si programmava come fare informazione e contro informazione. Ricordo tra i primi atti la partecipazione ad un convegno di un circolo comunista con divisione dei compiti tra i partecipanti al dibattito e gli addetti alla sicurezza. Idem, in un’altra occasione, in un circolo universitario. I compiti venivano suddivisi a seconda delle capacità di ciascuno. Era importante quindi la fusione tra le diverse anime della CER perché ognuno poteva dare quello che sapeva fare. Ricordo che i partecipanti al gruppo erano trasversali ai vari ceti comunitari. Studenti, commercianti, laureati, urtisti, tutti potevano dare il proprio apporto.
Quale era lo spirito dei ragazzi che componevano il Gruppo ?
Lo spirito era l’affermazione di una identità ebraica contrapposta ad un antisemitismo che cominciava a riaffiorare e di forte sostegno ad Israele di cui si condividevano le scelte sia politiche che militari strategiche.
Quali sono state le iniziative che ricordi con maggior orgoglio durante quel periodo e perchè?
La prima iniziativa che ricordo fu la trasferta a Livorno per rispondere a una profanazione del cimitero della Comunità. Ricordo la cosa divertente che la trasferta non era molto ben accetta dalle istituzioni ebraiche per il timore che la nostra presenza potesse causare reazioni contro gli ebrei che risiedevano lì. Al rabbino che si presentò al cimitero rispondemmo che avevamo portato il nostro rabbino, il giovane Sandro Di Castro. Il nostro intervento fu poco ripreso dai media ma fu per noi molto significativo perché per la prima volta ci spostammo da Roma e prendemmo coscienza che potevamo anche spostarci in aiuto delle Comunità minori. Ricordo anche la trasferta allo stadio di Rieti dove giocava l’Emerson Varese, per rispondere ad una vergognosa provocazione che fecero i loro tifosi alla squadra del Maccabi che era andata una settimana prima a giocare a Varese. Era stata accolta con una manifestazione di antisemitismo raccapricciante che ebbe molta eco sui media. Anche la nostra risposta fu riportata da tutti i giornali. Ricordo, ovviamente, la nostra reazione al caso Kappler quando fu ricoverato al Celio e si capiva che da li sarebbe potuto scappare. Ricordo che quell’agosto andai in vacanza in Sardegna e portai con me una radiolina per ascoltare quando avrebbero annunciato la fuga di Kappler. In quell’occasione dovevamo stare attenti a non essere strumentalizzati dalla sinistra che voleva creare più incidenti perché eravamo lì anche contro il governo. Ricordo che demmo l’assalto all’ospedale che era zona militare alcuni entrarono dopo aver aver sfondato l’ingresso carrabile e ci calmammo solo quando ad alcuni di noi fu permesso di verificare che Kappler era ancora ricoverato. Quando poi lui scappò il nostro senso di rabbia aumentò moltissimo. Sono convinto che la fuga di Kappler fu permessa per motivi politici. Successivamente allo stesso livello di partecipazione e di successo, inserirei il caso Priebke dove ottenemmo il blocco dell’esecuzione della sentenza di un Tribunale e Priebke non potè lasciare l’Italia da cittadino libero anche a seguito del provvedimento del Ministro della Giustizia. Infine, come non ricordare l’episodio di Via Domodossola con l’assalto alla sede del Movimento Politico di Boccacci. Quella reazione fu istintiva e popolare in risposta all’episodio di qualche giorno prima in viale Libia dove sui negozi degli ebrei furono affisse svastiche.
Quella nostra reazione fu molto importante perché diede lo spunto ai politici di emettere la famosa Legge Mancino.
Si può dire che il Gruppo, oltre ai meriti che hai elencato, abbia anche il grande merito di costituire una sorta di identità ebraica per chi religioso ed osservante non è?
Direi di no. Queste attività sono la manifestazione del sentirsi profondamente ebrei. Non siamo ebrei perché difendiamo la Comunità ma difendiamo la Comunità ed Israele perché siamo ebrei. Personalmente sono e mi sento ebreo indipendentemente dal Gruppo e ciò mi porta a partecipare alle sue attività e non mi sento ebreo perché partecipo alle attività.
Secondo te il Gruppo Volontari, nelle proprie attività è riuscito ad amalgamare le diverse anime di cui è composta la nostra CER e mi riferisco alle categorie osservanti/non osservanti, romani/tripolini, intellettuali/urtisti ?
Sicuramente sì il gruppo ha avuto anche questa funzione. Ha permesso un’amalgama tra i vari livelli della Cer. I religiosi all’epoca erano una minoranza anche perché il livello di religiosità generale era minore. Loro erano limitati nella possibilità di partecipare. I tripolini, invece, all’epoca erano molto marginali avendo ben altri problemi pratici. Mi risulta, però, che tale carenza sia stata superata ampiamente ed ora loro sono parte integrante del Gruppo e molto ben rappresentati. Infine, per quanto riguarda l’ultimo gruppo penso che il problema non sia mai esistito. Ricordo che elementi fondamentali per la nascita e lo sviluppo del nostro Gruppo furono persone sempre presenti sin dall’inizio delle attività come Renzo Gattegna, Enrico Modigliani, Alberto Baumann, Luciano Tas, Pacifico Di Consiglio (Moretto), Alberto Astrologo (Arte), Roberto Spizzichino (Righello) e spero di non dimenticare nessuno. Oggi, purtroppo, il problema non è più quello dell’integrazione fra le varie anime della Comunità ma quello della disponibilità della gente, che è diminuita.
C’è una regola non scritta, che viene però rispettata e tramandata dai fondatori alle nuove generazioni, ed è quella che il volontariato nasce per un’esigenza di sicurezza e difesa da pericoli esterni e non deve occuparsi di politica interna della CER e non deve mai svolgere attività di polizia interna. E’ mai successo che tale regola sia stata infranta ?
Lo scopo del Gruppo è ovviamente la difesa della Comunità da attacchi esterni da chiunque provengano e l’appoggio alle scelte di Israele indipendentemente dal governo che lo rappresenta, perché non ci arroghiamo il diritto di criticare chi vive certe realtà. Questa nostra presa di posizione è stata a volte criticata da chi ha posizioni più ideologizzate. Ma io ritengo che sia l’unica possibile. Direi di no, non abbiamo mai svolto attività di polizia interna. In alcune occasioni il Gruppo ha espresso il proprio parere in particolare quando si è parlato di sicurezza interna e rapporti con Israele perché sono due punti fermi. Altre posizioni vengono espresse a titolo personale e non a nome del Gruppo.
Più volte si sono svolte manifestazioni filopalestinesi davanti ad una sinagoga. Ricordi, sicuramente, l’episodio della bara portata dai sindacati davanti al Tempio nel 1982 e, molto più recentemente, nel 2020 è successo anche a Torino. Ritieni che sia legittimo manifestare il proprio dissenso dalla politica israeliana davanti ad una sinagoga?
No, una cosa del genere la considero profondamente antisemita. Perchè presuppone una identificazione di tutti gli ebrei come nemici da combattere senza esclusione di colpi e magari con atti terroristici. Sappiamo, invece, che all’interno dell’ebraismo esistono differenti correnti di pensiero. Dalla mia, che si identifica con una totale condivisione della politica israeliana a cui riconosco un diritto di autodifesa e una moralità superiore a tutti i confinanti, a quella che pretende da Israele comportamenti che andrebbero, a mio giudizio, a scapito della sua sicurezza e che non vengono richiesti né ai confinanti né ai palestinesi. A Israele viene richiesto sempre qualcosa di più.
All’interno della CER, il Gruppo non riceve consensi unanimi. C’è qualcosa che vorresti dire a chi non ne capisce la funzione o ne critica talune attività ?
Cominciamo con il dire che a volte alcuni atteggiamenti ed espressioni pubbliche di critica ad Israele permettono ai nostri critici di strumentalizzare le dichiarazioni e coinvolgere nella critica l’intero mondo ebraico. Per esempio, mi spiego meglio: in occasione dell’episodio del Kadimah, di quasi 50 anni fa, fu necessario mandare un segnale pubblico per evitare che si potesse dire che anche nei centri comunitari si sostenesse la lotta dei palestinesi. Nessuna smentita avrebbe mai avuto lo stesso risalto che ebbe quell’intervento. In un periodo in cui una parte dell’ebraismo romano e italiano, più avvezzi alla immagine politica e presenzialista, cercava di apparire più “realista del re”, si è sentito il bisogno di far capire che non tutto l’ebraismo era rappresentato da quelle persone.
Perché quell’episodio è rimasto così vivo nella storia della Comunità ed ancora oggi è motivo di polemiche?
Perché fu il primo e l’ultimo e, successivamente, non si è più verificata una manifestazione critica nei confronti di Israele che parlava a nome di tutti gli ebrei italiani.
Grazie, Giovanni, lasciami dire che la difesa della Comunità e il sostegno alle ragioni di Israele dovrebbe essere un impegno di tutti gli ebrei della Diaspora.