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Cala il sipario sul Consiglio: solo applausi?

Dopo 4 anni è venuto il momento di fare un bilancio: ecco quello che ho imparato

Con la riunione del 7 giugno si è di fatto conclusa la consiliatura della CER 2019-2023; dunque mi pare giusto provare a rendere il conto della mia esperienza in Consiglio.

Per me che ero alla prima volta, questi anni mi hanno dato modo di comprendere dinamiche e meccanismi di funzionamento delle istituzioni comunitarie che da fuori difficilmente possono essere compresi nei particolari.

Che sia stata una esperienza formativa non vuol dire però che sia stata facile; in certi momenti, anzi, non lo è stata affatto.

Il successo netto di una delle liste, con conseguente premio di maggioranza, ha inebriato i vincitori fin dal primo giorno, convincendoli che i numeri (14 eletti, più altri 4 arrivati dalla terza lista, per un totale di 18 voti su 27) non solo li avessero resi matematicamente autosufficienti, ma li legittimassero a ignorare completamente punti di vista diversi dai loro; cosa che è stata fatta sistematicamente.

L’obiettivo dei vincitori è stato infatti non solo di apparire adeguati ai propri compiti, ma di apparire anche gli unici davvero capace di assolverli.

Non sottovaluto le doti politiche della presidente, magnificate di continuo dai social del nostro (piccolo) mondo comunitario e dal giornale ufficiale della comunità – voce per la verità da un po’ monocorde e sbiadita –; temo però che questa allure sia stata a volte sovrastimata.

Candidarsi alla guida di una comunità è sempre una grande responsabilità, che comporta, immagino, un numero di oneri superiori agli onori. Si diventa il riferimento sia all’interno che all’esterno; ci si trova a che fare con mille problemi quotidiani, più o meno complicati; la composizione dei bilanci è spesso un esercizio che richiede capacità funamboliche, pur di far quadrare i conti.

Tutto questo è stato fatto, in questi 4 anni; ma in che modo?

Non credo che il sistematico intento di negare la parola e il confronto in Consiglio siano il metodo migliore per rappresentare la comunità; eppure, proprio questo è successo.

Nessuna delle commissioni di lavoro degli anni passati è stata mai istituita. Alle nostre richieste, si è ribattuto che sarebbe stata una perdita di tempo. Il Consiglio è stato tenuto per lo più all’oscuro della gestione della comunità, e raramente si è potuto interessare a temi generali; quando pure è stato convocato per esaminarli (penso alla questione dei portatori di disabilità, o a quella del bullismo venato di omofobia dentro e fuori la scuola, un fenomeno specialmente grave dentro una comunità che per secoli ha sofferto varie forme di persecuzione), poi non si è saputo o voluto produrre alcun risultato utile.

La premier Giorgia Meloni in visita alla Comunità ebraica di Roma, lo scorso 19 dicembre 2022.

In generale, il Consiglio si è mostrato non un luogo di confronto, quanto del suo contrario: mentre all’esterno è tutto un fiorire di sorrisi, baci e abbracci (questi ultimi, a volte del tutto inopportuni) alcune riunioni hanno reso impossibile anche solo esprimere le proprie opinioni; il richiamo al rispetto dei regolamenti è stato mal tollerato; alcune operazioni, dimostratesi come sostenevamo non utili per l’interesse generale, sono state fermate solo a costo di subire, in casi estremi, offese o intimidazioni. Tale atteggiamento è tracimato anche fuori dal Consiglio, toccando il punto più basso di questi 4 anni. Lo scorso 9 marzo qualcuno si è arrogato il diritto di urlare e minacciare contro chi esprimeva le proprie legittime opinioni su quel che sta avvenendo in Israele, negandogli il diritto che ogni ebreo non può mai negare a un altro ebreo: quello di sentirsi a casa in un Bet Ha Knesset e in una comunità ebraica, ovunque sia.

la visita di Netanyahu a Roma, lo scorso 9 marzo

Naturalmente, sto parlando del comportamento di pochi, in grado però di condizionare i lavori di tutti; troppe volte in Consiglio c’è stato qualcuno che ha parlato troppo, mentre qualche altro rimaneva in silenzio, quando sarebbe stato opportuno avvenisse l’esatto contrario.

Troppe volte si è lavorato per escludere anziché per includere. La vicenda della nomina del nuovo presidente dell’Ospedale israelitico è stata esemplare: si è tenuto fuori chi si era proposto di dare una mano, e si è assegnata la carica a chi già ne aveva una in Consiglio (a costo di rischiare l’incompatibilità).

Insomma, quello che sto dicendo è che in questi 4 anni ho visto spesso esercitare il ruolo di leader, ma raramente ho visto l’esercizio di una leadership.

È mancata la capacità, e la volontà, di fare squadra. Questa in fondo è la leadership: saper costruire un gruppo, saper ascoltare, saper apprendere anche da chi, in generale, non la pensa come te; non escludere mai nessuno a priori, e anzi sforzarsi di comprendere le cause di opposizione per provare a rimuoverle, o perlomeno a smussarle. Ottenere il meglio da ciascuno, per migliorare il benessere dell’intera comunità.

“Una poltrona per due” al Pitigliani

Invece si è sempre scelta la strada opposta: dividere, indebolire, zittire, irridere, minacciare. Una delle cose che più mi ha colpito è che si sia interpretata la critica ad alcune scelte – legittime entrambe: la critica e le scelte – come un’offesa personale, causa di risentimento e ostilità; chissà, forse quando non è più molto chiara la distinzione tra il ruolo che si esercita e chi esercita il ruolo, può capitare.

Nonostante questo, ho sempre cercato di pensare e agire per il bene collettivo. Naturalmente, non sono stato solo in questo. Ho imparato da molti altri consiglieri, di liste diverse, perché una cosa è chiara: in Consiglio non ci sono buoni e cattivi, ma tutti, con voci e idee diverse, vogliono il bene della comunità.

E così, nonostante tutto, vorrei provare a elencare alcune cose che, insieme ad altri, siamo riusciti a fare.

  1. Grazie all’assessora alla cultura e alla (ex) responsabile del Centro di cultura ebraica, Miriam Haiun, nell’ottobre del 2019 ci siamo inventati “Una poltrona per due”, una serata al Pitigliani a parlare di Nobel, letteratura e Israele, che ha registrato il sold out;
  2. Sempre grazie all’assessora e Miriam, con l’arrivo del Covid abbiamo ideato “La letteratura non si ferma”: oltre 30 video autoprodotti con cui scrittori, storici, giornalisti ci hanno regalato un’idea per un libro da leggere, e ci hanno spiegato il perché, mentre eravamo chiusi in casa;
  3. Con l’assessore ai giovani avevamo cominciato un percorso, poi interrotto dal Covid, che avrebbe portato gradi firme del giornalismo e figure della comunicazione e dell’editoria a incontrarsi con i nostri giovani;
  4. Grazie anche ai voti di Binah e Menorah, a inizio Consiliatura è stato confermato alla guida della Deputazione ebraica Piero Bonfiglioli, che altrimenti non sarebbe stato eletto a causa delle divisioni nella lista dei vincitori;
  5. Sempre grazie a Binah e Menorah, Mario Venezia è stato confermato presidente della Fondazione Museo della Shoah, in una delle riunioni più surreali di questo quadriennio, con l’astensione pressoché totale della prima lista in Consiglio, per motivi che ancora oggi non ho ben capito.
“La letteratura non si ferma”

Infine, è il momento dei ringraziamenti.

Vorrei ringraziare innanzitutto il personale della Cer, a cominciare dal segretario, prof. Emanuele Di Porto. La comunità si poggia sui molti volontari e su un’organizzazione, entrambi che lavorano quotidianamente al servizio di tutti; sono grato a tutto il personale per averci aiutato in questi 4 anni.

Ringrazio poi tutti i miei colleghi consiglieri, nessuno escluso: seppure per motivi diversi, da ciascuno di loro ho imparato qualcosa che, spero, mi sarà utile per il futuro.

In particolare, vorrei ringraziare coloro con cui più e meglio ho lavorato: David Barda, a cui va in questi giorni un particolare pensiero, attento e correttissimo coordinatore del Consiglio; Emanuele Pace, decano e conoscitore di prassi e regolamenti; Livia Ottolenghi, una guida sempre generosa di consigli e aiuti; Piero Piperno, che le è subentrato, la cui competenza professionale si è subito rivelata molto utile. Un caro ringraziamento anche a Daniel Coen, Claudia Fellus (finché è rimasta in Consiglio), Daniela Pavoncello e Cinthia Spizzichino, con cui giorno dopo giorno si è costruito un rapporto che ci ha aiutato, alla fine, a capire che le divisioni che si erano create tra le due liste non avevano più senso.

Ha Bait (lista n. 2) per il voto del 18 giugno

Infine, un ringraziamento va a tutti coloro che, in questi 4 anni, hanno avuto la pazienza di seguirmi, leggermi, incoraggiarmi, e anche correggermi, quando necessario. Ho provato sempre a fare del mio meglio, spero di essermi avvicinato al risultato.

E ora, attendiamo il voto del 18 giugno e il prossimo Consiglio.

Molti saranno i nomi nuovi. Quelli della lista n. 2 (Ha Bait), con il suo capolista, Daniele Regard (Billy) li sostengo convintamente. Spero che saremo in molti a farlo, perché oggi c’è davvero bisogno di una comunità in cui tutti si sentano a casa propria.

Auguro ai nuovi consiglieri di lavorare con maggiore armonia e comprensione reciproca: servirà a loro, ma soprattutto servirà alla nostra comunità.

4 risposte

  1. Un quadro quanto mai realistico e inquietante, abbiamo bisogno di ripristinare la democrazia e regole in questa comunità. Cio che appare all’esteno non è reale.
    Per questo mi sono candidato con Ha Bait

  2. Secondo me perfetto come sempre! Bravissimo. Peccato che la tua delusione, legittima, ti abbia impedito di ripresentarti!

  3. Ottenere la maggioranza per governare una Comunità é sicuramente un ottimo e gratificante risultato. Questo non dà però il diritto di escludere o peggio osteggiate e denigrare, chi di voti ne ha invece avuti meno. Questa invece è stata l’aria respirata dai Consiglieri dell’opposizione per quattro anni. Respinti,umiliati ed emarginati dalla spocchia e dalla maleducazione di pochi lasciati liberi di esternarle.

  4. Il quadro illustrato dal Signor Boni è realistico e nel leggerlo ho provato una grande tristezza e delusione anche se, la mia oltre trentennale presenza comunitaria mi permette di incoraggiare i nuovi candidati.
    Fate vostro il detto che l’Avv. Carlo Alberto Viterbo mi ripeteva sempre: RICORDI RINA, L’EBRAISMO NONOSTANTE GLI EBREI!
    Quello che spesso si dimentica è che ciò che ognuno di noi dà alla Comunità lo dà alla sua “famiglia”. Oggi io potrei avere bisogno di un sostegno (morale o materiale) non importa; domani potresti essere tu ad avere lo stesso bisogno e in quel momento auguro a tutti di trovare accoglienza e solidarietà.

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